Un anno fa la tragica sfilata dei carri militari con le bare dei bergamaschi: cosa è cambiato oggi?
Oggi ricorre la Giornata in memoria delle vittime del Covid: cosa è successo negli ultimi dodici mesi?
E' passato un anno. Dodici mesi, 365 giorni, eppure, se non siamo al punto di partenza poco ci manca. Un anno dopo la Lombardia, come gran parte d'Italia, è ancora in zona rossa. Scuole chiuse, molte attività chiuse, ma soprattutto molta incertezza su ciò che accadrà domani. Un domani che, alla luce di una campagna vaccinale zoppicante, non lascia ben sperare.
Bergamo: un anno dopo
Un anno dopo da quella sera che ai bergamaschi (ma non solo) aveva fatto venire la pelle d'oca e le lacrime agli occhi non è cambiato molto. Ogni giorno si piangono nuove vittime, siamo a 103.000 decessi dall'inizio della pandemia, numeri sconfortanti come è sconfortante il fatto che stia diventando sempre più "normale". Un dato di fatto, statistica. Ma dietro a ogni numero c'è una persona, una famiglia in lutto, un'altra tragedia. E non possiamo abituarci al fatto che un numero così alto di morti ogni giorno (ieri sono stati 431, ndr) sia accettabile.
Un anno fa i carri militari in città
Un anno fa, a Bergamo, i carri militari sfilavano in una città deserta, buia e silenziosa. Trasportavano 60 bare, 60 bergamaschi che dal Cimitero Monumentale erano partiti per il loro "ultimo viaggio" verso altre città verso altri forni crematori perché quello di Bergamo non poteva soddisfare una richiesta così alta.
A Bergamo, infatti, non c'era più posto. Il forno crematorio del capoluogo, in funzione 24 ore su 24 non poteva smaltire più di 25 salme al giorno. E in quei giorni, purtroppo, il numero di decessi era molto più alto. Così è successo che, oltre a non poter vedere il proprio caro per un ultima volta, oltre a non potergli dire addio né in vita e nemmeno nella morte, a Bergamo non si potesse nemmeno attendere la cremazione del proprio caro.
Oggi, Draghi a Bergamo per la Giornata in memoria delle vittime del Covid
Oggi, 18 marzo 2021, il premier Mario Draghi verso le 11 renderà omaggio alle oltre 6 mila vittime bergamasche della prima ondata (se si va oltre i dati certificati) al cimitero di Bergamo. La cerimonia sarà aperta alla presenza al massimo di una decina di persone tra cui il sindaco Giorgio Gori, il vescovo Francesco Beschi, il presidente della Provincia Gianfranco Gafforelli e il prefetto Enrico Ricci.
Quindi Mario Draghi si recherà alla Trucca, dove sarà piantato in quello che diverrà il Bosco della Memoria un tiglio adulto donato dal “comune virtuoso” di Biccari. La cerimonia simbolica sarà aperta e chiusa dal suono della tromba del musicista Paolo Fresu a sottolineare idealmente la necessità di rompere il silenzio con qualcosa che rimanga e cresca, come la musica o le piante. L’iniziativa è sostenuta anche dalla campagna di crowdfunding attiva sulla piattaforma Produzioni dal Basso, che ha già raccolto circa 89 mila euro.
Cosa è cambiato?
Ma cosa è cambiato? Un anno fa, a Treviglio come a Bergamo e in tutta la Bassa, per le strade circolavano le auto delle Forze dell'ordine e della Protezione civile a ricordare di restare in casa e di uscire solo se strettamente necessario. Messaggi freddi, ripetuti ogni giorno, più volte al giorno. Era tra i pochi suoni, insieme a quello delle sirene delle ambulanze, che si sentiva per le strade. Poi silenzio, tanto silenzio in una primavera che esplodeva e che ci vedeva chiusi in casa. "Un sacrificio necessario", abbiamo pensato mentre attorno a noi persone care, conoscenti, ci lasciavano.
Poi arrivò l'estate e la speranza che tutto fosse passato. Quando si iniziò a parlare di "seconda ondata", già prima di ottobre, era chiaro che non saremmo scampati. I vaccini non erano pronti, ma noi (e il Governo) avremmo avuto un'arma in più: questa volta conoscevamo il nemico. Ed è stato un disastro. Un disastro annunciato perché era chiaro che poco si era fatto per mettere in sicurezza, ad esempio, la ripresa scolastica e il trasporto pubblico.
La seconda ondata
La temuta seconda ondata poi è arrivata. Tra ottobre e dicembre i contagi e i morti sono tornati a salire. Il tracciamento ha fallito miseramente (per non parlare dell'App Immuni, mai realmente utilizzata, ndr) ed è arrivato Natale senza che ce ne accorgessimo. Senza shopping e cene tra amici e parenti, senza l'atmosfera di gioia, senza la voglia di festeggiare. Restava la speranza del 2021: perché proprio in quei giorni, sul finire di un 2020 a dir poco funesto (la mortalità nella Bergamasca ha registrato un +60,6%), si iniziava a parlare di vaccini pronti e finalmente in arrivo.
"Ce l'abbiamo fatta", abbiamo pensato. Con i vaccini disponibili, pur con tutti i dubbi (leciti) e le paure (altrettanto lecite), si poteva vedere la luce in fondo al tunnel. Poi il caos. Prima Pfizer, poi Moderna e la paura di un vaccino che agisce sul mRNA, la vaccinazione del personale medico che parte a rilento, quella degli over 80 con disservizi e disguidi all'ordine del giorno e soprattutto la cronica mancanza di dosi.
Lo stop ad AstraZeneca
L'arrivo del vaccino di AstraZeneca aveva fatto ben sperare, ma anche qui, poche settimane dopo è arrivato lo stop da parte dell'Aifa per sottoporlo ad alcune verifiche dopo la segnalazione di morti sospette registrate in diversi Paesi Europei tra cui anche l'Italia. La decisione di riammettere il vaccino AstraZeneca è attesa nelle prossime ore, tra oggi e domani.
La terza ondata
Tirando le somme, un anno dopo, su 60milioni di abitanti sono state vaccinate 2.225.652 di persone (con prima e seconda dose - il dato di oggi, 18 marzo 2021, ndr), poche, troppo poche per sperare in una ripresa economica e sociale in tempi brevi. E ci ritroviamo un anno dopo, di nuovo fermi, in una zona rossa che mette in ginocchio famiglie e attività, alle prese con una "terza ondata" che, se proprio non potevamo evitare, di certo potevamo tentare di governare meglio.
Finirà mai?
Ce lo chiediamo un po' tutti. Quando torneremo alla normalità? Quando potremo dire ai bambini e ai ragazzi che possono andare a scuola senza paura, quando potremo tornare a cenare con gli amici, a passeggiare al mare, a sciare in montagna, a viaggiare. Quando potremo sederci al cinema o a teatro, assistere a un concerto o a una partita di calcio? E' una domanda ancora in cerca di risposta e tanto, forse tutto, dipenderà dalla capacità del Governo italiano e dell'Unione Europea di trovare e distribuire più vaccini possibili. Da qualche giorno l'Aifa ha approvato anche il vaccino monodose Johnson&Johnson, le prime dosi sono attese per metà aprile.
Resta quindi il cruccio dei vaccini, restano i morti, ogni giorno. Oggi, come un anno fa, troppe bare in città ancora silenziose.