Elezioni regionali, l'intervista al candidato Attilio Fontana: "Siamo e saremo sempre la locomotiva di questo Paese"
"L’autostrada Treviglio-Bergamo? Offerta in fase di valutazione"
Prosegue con il presidente regionale uscente Attilio Fontana la serie di interviste del nostro gruppo editoriale ai candidati governatori di Regione Lombardia in vista delle elezioni regionali di domenica 12 e lunedì 13 febbraio. Infrastrutture, medici di base: Fontana parla a ruota, e non risparmia di togliersi parecchi sassolini da togliersi dalle scarpe dopo la rottura con la sua ex assessora al Welfare Letizia Moratti.
Elezioni regionali intervista ad Attilio Fontana
Intervista di Sergio Nicastro
La vista dal 35esimo piano di Palazzo Lombardia è di quelle che tolgono il fiato. Di certo il ruolo di presidente della Regione è carico di responsabilità, preoccupazioni e pensieri, ma, tra gli aspetti positivi, c’è sicuramente questo spettacolo che da Milano ti «porta» verso le Alpi. Il governatore Attilio Fontana ci accoglie nel suo ufficio con la massima cordialità e dopo averci lasciato qualche istante per godere del panorama si prepara all’intervista. Dal suo sguardo traspare quell’inevitabile stanchezza che non c’entra nulla con i suoi 70 anni, ma che ogni campagna elettorale porta con sé: quando inizia a parlare, però, non tentenna mai.
Presidente, partiamo proprio dall’inizio: come sta andando questa campagna elettorale?
«La sensazione che ho è di estrema positività, al di là delle elezioni, come approccio che i cittadini lombardi hanno guardando il futuro, positività nella consapevolezza che riusciremo a superare i problemi legati ai costi energetici, coscienza che il futuro potrà dare risposte positive e che la Regione sarà sempre la locomotiva di questo Paese e una delle due-tre locomotive d’Europa».
Tralasciando il periodo della pandemia, cosa vuol dire essere presidente di una Regione importante come la Lombardia?
«E’ una cosa estremamente bella. Da un lato riempie d’orgoglio perché ci si rende conto di avere la possibilità di prendere decisioni per una comunità unica, unita da valori quali dedizione al lavoro, capacità, creatività, solidarietà assoluta, coraggio inimmaginabile. E’ una comunità di persone che non si lascia abbattere da nessuna difficoltà o problema e che fa della solidarietà e del cercare di aiutare chi si trova in difficoltà una una caratteristica tipica. Nello stesso tempo è anche difficile perché la Regione Lombardia è uno Stato e il peso non è indifferente. Ma direi che l’orgoglio e la gioia prevalgono su qualsiasi altro sentimento».
Al di là delle scelte prese sulle quali si può dire tutto e il contrario di tutto, umanamente cosa ha voluto dire per lei gestire l’emergenza Covid?
«Dal punto di vista umano è stato estremamente difficile, pesante perché noi abbiamo respirato qui tutto quello che succedeva sul territorio, abbiamo vissuto un senso di impotenza soprattutto all’inizio quando ancora non c’erano le idee chiare su come si dovesse intervenire. E dall’altro lato l’angoscia per una parte politica che cercava di speculare sulla sofferenza della gente. Queste le sensazioni più forti che mi sono portato dietro».
Completi questa frase: la Lombardia è...
«Una comunità coesa che guarda al futuro pensando di riuscire a continuare in un percorso di sviluppo, introducendo i principi della sostenibilità, di una maggiore connettività e di una grande solidarietà».
Un sindaco brianzolo del Centrosinistra mi ha detto che l’aveva conosciuta come presidente dell’Anci, apprezzandone un piglio e una risolutezza che, però, non ha più visto in lei da presidente della Regione.
«Credo che non sia cambiato il mio atteggiamento, io ho sempre avuto il coraggio di combattere quando c’erano da fare delle battaglie anche piuttosto pesanti, anche contro il Governo del Centrodestra, quindi non mi tiro indietro. Ma ci sono anche dei momenti in cui questi atteggiamenti non servono a niente. Durante l’epidemia eravamo tutti concentrati per cercare di individuare quale fosse la soluzione più giusta da adottare perché non sapevamo niente, da Roma non arrivavano indicazioni, la scienza era divisa tra chi diceva che era meno di un’influenza e chi diceva che sarebbe finita l’umanità. Era anche un periodo in cui la risolutezza era difficile da poter realizzare».
Lei crede nei sondaggi?
«Io credo che sia meglio essere davanti che dietro, ma non ritengo che i sondaggi siano così determinanti».
Di questi cinque anni c’è un progetto, una idea, un’opera di cui va particolarmente orgoglioso?
«Sicuramente il Piano Lombardia che ha contribuito a far uscire la Regione dalla crisi scaturita dopo la prima ondata del Covid. Sono stati identificati 8mila cantieri, 5.600 già aperti e 2mila già conclusi. In questo modo abbiamo dato aiuto a certi comparti e profuso ottimismo al mondo produttivo che non si è sentito abbandonato e ha così pensato che ce la poteva fare perché le Istituzioni erano dalla sua parte. Questa operazione ha contribuito a produrre un aumento dello 0,8% di Pil e generare 30mila posti di lavoro. E poi la campagna vaccinale che il dottor Bertolaso ha saputo svolgere con grande capacità: oggi c’è ancora il Covid, ma grazie alla campagna vaccinale non è più quel dramma che era nel 2020».
Lei ritiene che si debba rimettere testa e cuore al discorso sanitario, con l’emergenza più impellente legata ai medici di base?
«Assolutamente perché sono state fatte programmazioni sbagliate da parte dei Governi che si sono succediti e ora in Lombardia e in tutta Italia siamo in una situazione di deficit. Bisogna cercare di fare qualcosa che vada a tappare questa falla e bisogna farlo subito. Poi bisogna fare in modo che si dia più autonomia perché se lo fossimo saremmo anche più attrattivi, potremmo dare più soldi ai medici di medicina generale che si debbano occupare di zone più disagiate, si potrebbe dare un’organizzazione più efficiente. Con l’autonomia parzialmente, perché senza i medici i miracoli non li fa nessuno, potremmo riuscire a risolvere alcune delle problematiche attuali più gravi».
Nel caso in cui venisse confermato governatore, è «preoccupato» per il possibile nuovo Consiglio regionale con un possibile strapotere di Fdi?
«Credo che la cosa non comporterà alcuna problematica perché così è stato con un altro partito che aveva la preponderanza di voti in questi primi cinque anni e noi abbiamo sempre condiviso tutto. Ci siamo sempre incontrati e confrontati, le scelte le abbiamo prese in modo collegiale. Non c’è mai stata una idea che per il fatto che provenisse da un partito diventava quella giusta. Abbiamo ascoltato chi aveva la rappresentanza di un consigliere e chi ne aveva 29. E poi abbiamo fatto la sintesi. Penso che lo stesso sistema continuerà proprio perché l’ho introdotto io e continuerò a portarlo avanti».
Proiettiamoci al 2028, lei ha concluso il suo secondo mandato, che Lombardia lascia?
«Una Lombardia più connessa, sostenibile, più solidale, una Lombardia che continua a mantenere e incrementare le eccellenze in tante graduatorie. Sarà una Lombardia in cui sarà notevolmente aumentato il turismo e che attraverso la sostenibilità avrà migliorato tante produzioni».
E’ a dir poco inusuale che si presentino agli elettori il presidente uscente e quella che fino a pochi mesi prima è stata la sua vice. Lei è stato più arrabbiato o deluso della scelta di Letizia Moratti?
«Sostanzialmente deluso. Ho sempre riconosciuto il ruolo di rappresentanza dei partiti e quando lei ha detto che voleva candidarsi io non ho deciso di troncare. Era una cosa anomala, ma mi andava bene perché aveva anche legittimamente avanzato la candidatura e i partiti avrebbero deciso. Se avessero scelto lei, ne avrei preso atto e non avrei fatto l’offeso perché sarebbe stata una scelta politica. La cosa che mi ha deluso è che quando i partiti hanno deciso di confermare la mia candidatura abbia iniziato a rinnegare tutto il lavoro che aveva fatto qui, i valori del Centrodestra nei quali lei si era sempre identificata. Mi ricordo una intervista in Tv in cui qualcuno le ha chiesto “ma se il Centrodestra le avesse chiesto di candidarsi lei cosa avrebbe detto?” e lei ha risposto “avrei detto di no perché non mi riconosco nei valori del Centrodestra”. Questo mi ha lasciato perplesso: fino all’altro giorno volevi essere candidata e ora non credi nei valori del Centrodestra?».
E su Majorino che valutazione dà?
«Mi sembra molto estremista. La cosa che mi lascia perplesso è che in campagna elettorale racconta notizie assolutamente false. Ha detto che noi non sappiamo spendere i fondi europei, ma pensi che siamo stati premiati dalla Commissione come una delle Regioni più virtuose e ci hanno dato un incremento dei trasferimenti grazie alla virtuosità con cui abbiamo speso i fondi europei. Ogni fine settennato chiediamo al Governo se ci trasmette i fondi delle Regioni che non li hanno spesi... Quindi è anche difficile contrastarlo perché molte critiche non hanno un minimo fondo di verità. Dice che non spendiamo i fondi del Pnrr senza sapere che l’80% viene gestito da Ministeri e Comuni e che gli unici soldi che gestiamo sono per le Case di Comunità (che stiamo inaugurando, ma poi ci critica perché inauguriamo le Case di Comunità...) e per l’housing sociale che stiamo portando avanti. E’ inaccettabile questo modo di contestare, di cercare di buttarla sempre in caciara. Inoltre è imbarazzante quando cerca di nascondere i suoi alleati. Gli rinfaccio che lui non vorrà o potrà più fare opere pubbliche. Perché quando io cercavo di fare Pedemontana i suoi alleati cercavano di “uccidermi”, ma ora la faremo. Ora vorrò fare la Cremona - Mantova, ma loro hanno già detto assolutamente “no” e vanno sul territorio a dire che non si può fare. Lo stesso dicasi per i termovalorizzatori perché è stato il capo del suo partito alleato (Giuseppe Conte, ndr) a dire che in Lombardia saranno chiusi i termovalorizzatori. Majorino dovrebbe rinunciare alle Olimpiadi dal momento che i Cinque Stelle sono stati da sempre contrari alle grandi manifestazioni e hanno cercato di far saltare anche in Lombardia la possibilità di organizzare i Giochi olimpici. Ricordiamoci che il Governo, per la prima volta nella storia delle Olimpiadi, all’inizio non si è schierato con chi chiedeva i Giochi, li abbiamo chiesti noi come Regione. Lui su queste cose fa finta di non capire e glissa. Vive da un lato una aggressività che non gli fa onore e dall’altro una situazione in cui deve cercare di nascondere una parte di chi rappresenta».
Sull’Autostrada Treviglio-Bergamo la Regione ha stanziato 130 milioni e al momento è aperta la gara d'appalto. Che prospettive?
«Abbiamo la possibilità di aggiudicarla a chi ha formulato l'offerta che, in questo momento, è in fase di valutazione in base alle procedure di legge sugli appalti. A breve l'aggiudicazione, poi il progetto definitivo, le approvazioni ambientali, la dichiarazione di pubblica utilità e il progetto esecutivo: dopodiché ci sarà l’avvio dei cantieri. L'obiettivo è l'apertura al traffico nel corso della prossima legislatura regionale».
QUI la versione integrale dell'intervista su PrimaMonza.it
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