Verso le elezioni

Sanità, casa, agroalimentare: il dottor Sgroi corre per le Europee

Il sindaco di Rivolta d'Adda, medico, e già Primario della Chirurgia di Treviglio, è candidato alle Europee del prossimo 8 e 9 giugno

Sanità, casa, agroalimentare: il dottor Sgroi corre per le Europee
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Proteggere e potenziare la Sanità pubblica, salvare l'Italia dagli effetti peggiori della direttiva Case Green e mettere un freno all'italian sounding in agricoltura. Sono tre le priorità del sindaco di Rivolta Giovanni Sgroi, candidato alle Europee del prossimo 8 e 9 giugno, vorrebbe portare a Bruxelles. Ma la prima, per lui, storico Primario della Chirurgia di Treviglio, non poteva che riguardare lo stato di salute del Sistema sanitario nazionale. Del resto, nonostante sia in pensione, il 69enne primo cittadino rivoltano dal 2021 ha conservato della professione un approccio "medico" alla vita e ai problemi quotidiani,  anche quando sul tavolo non c'è un paziente, ma un intero paese.

A tradirlo, mentre prende appunti prima dell'intervista che ci ha concesso nel suo studio, c'è la grafia incomprensibile e un lessico duro a morire: "giorno" diventa "die". Ogni progetto amministrativo, per quanto complesso, ha il sapore di una terapia. Alle Europee è in lista per "Libertà", movimento estremamente ma programmaticamente composito fondato dall'amico Cateno De Luca, già sindaco di Messina.

Come nasce la sua candidatura con Libertà?

Principalmente dall’amicizia che mi lega da tempo con Cateno De Luca. Oltre ad essere originari della stessa area del Messinese, l’ho frequentato assiduamente quando si candidò a Monza lo scorso anno. Così ci siamo sentiti anche nei mesi scorsi, quando ha avuto questa straordinaria idea strategica di unire sotto un unico schieramento movimenti diversi, che per ovvi motivi legati alla legge elettorale non avrebbero avuto le forze per presentarsi separatamente.

E in effetti va detto: c'è un po' di tutto, in Libertà. Dai movimenti regionalisti («Grande Nord», «Sud chiama Nord», «Sicilia vera», «Popolo Veneto») ai gruppi pro-life come «Il popolo della famiglia», passando «per Italexit»... Un bel miscuglio. Come farete ad andare d'accordo?

Per quanto mi riguarda, sono candidato in quanto membro da tempo di Civici in movimento, un gruppo di sindaci fondato dall'ex sindaco di Amatrice Sergio Pirozzi che da tempo sentiva il bisogno di una rappresentanza in Europa diversa da quella che possono garantire i partiti centralisti. Ecco perché ho abbracciato questo progetto e quando si è trattato di decidere ho subito detto sì. Nella mia vita, del resto, mi sono sempre lanciato quando si tratta di progetti dinamici e innovativi. Quanto alle incongruenze possibili, il vorrei ribaltare la prospettiva. Lo dico da sindaco con una certa esperienza politica: se sei l'ultimo iscritto ad un partito, magari in un piccolo Comune, è ragionevole pensare che la tua voce in quel partito non conti quasi nulla. Noi vogliamo invece dare voci a tutti, ribaltare la piramide rovesciata cui oggi, simbolicamente, assomigliano i grandi partiti nazionali. Diamo voce a tutti, nel nome della libertà, anche se le nostre voci possono sembrare discordanti.

Alcune liste hanno posizioni no-vax, come la vede da medico?

Da medico e da vaccinato, leggo e vedo che quello dell'obbligo vaccinale durante il Covid è oggi un tema da discutere, non era tutto così scontato e lapalissiano come ci poteva sembrare allora.

Quali saranno le tre sue priorità come parlamentare europeo, se fosse eletto?

Intanto quello della Sanità. Oggi in Italia questo settore è pesantemente sottofinanziato, e il Patto di stabilità appena approvato di fatto ci impedisce, in Italia, di intervenire. Invece servono soldi, prima di tutto, perché oggi anche per un banale esame di base non si riesce ad accedere al Sistema sanitario. Eppure il nostro sistema universalistico è tra i migliori al mondo, e non possiamo proprio metterlo in discussione.

Per molti il problema è un deliberato e pianificato attacco da parte del settore privato.

Non credo. Semplicemente, il privato si sta prendendo quegli spazi che il pubblico non riesce a garantire, anche per mancanza di investimenti e di finanziamenti. Giuste le regole sulla spesa e i vincoli di bilancio, ma attenzione...

Uno dei temi più caldi della campagna elettorale è la direttiva Case Green, che punta ad avere entro il 2050 un parco immobiliare a emissioni zero. Le abitazioni interessate dai lavori di efficientamento energetico chiesti da Bruxelles sono 3,2 milioni, ma chi paga?

E soprattutto: chi non riuscirà a farlo? Le case in classi energetiche scarse non varranno più nulla. Senza contare che si torna a parlare di tassazione sulla prima abitazione, cosa che in Italia implicherebbe nuove tasse sulle famiglie. Da noi infatti i proprietari di casa sono la maggior parte, il mattone è quasi un bene rifugio. Per noi la direttiva Case Green, così come è, rischia di generare una vera e propria emergenza sociale in un Paese come l'Italia.

Eppure gli effetti del riscaldamento globale sono sotto gli occhi di tutti...

E assolutamente occorre intervenire, è indiscutibile. Ma se si trattasse di un nuovo Piano nazionale di ripresa e resilienza, con fondi a disposizione...

Sempre a tema medico, vorrebbe occuparsi di alimentazione e agroalimentare.

L'omogeneizzazione europea del sistema alimentare tende a non rispettare le condizioni, direi uniche, che caratterizzano i singoli Stati. E non va bene, tanto più in Italia dove le eccellenze in campo agroalimentare sono tantissime. Occorre lottare contro chi mima i nostri prodotti, dai vari "Parmesan" in giù, ma anche fermare quei tentativi di escludere dai finanziamenti europei settori come quello vitivinicolo e la filiera delle carni rosse. E tutto ciò per ragioni tutt'altro che scientifiche, ma decisamente semplicistiche.

Un'argomentazione che molti estendono anche alle politiche industriali

E invece l'attenzione rigorosa ai temi dell'economia circolare, che pure va bene, rischia di portare i nostri prodotti industriali ad essere poco competitivi rispetto a quelli prodotti in filiere senza regole e senza tutele. Non arrivo a dire, come nel documento di Anversa (un testo firmato a febbraio da 73 capi d’impresa europei provenienti da 20 settori industriali, e sottoposto alla presidente Ursula Von Der Leyen, ndr) che occorrerebbe finanziare di nuovo le grandi industrie. Ma PMI e artigiani assolutamente sì.

È candidato alle Europee. Si definirebbe un europeista?

Assolutamente sì, un europeista convinto. Ma non con questa Unione europea. L'UE, per come l'avevano progettata i padri fondatori, dovrebbe essere inclusiva. Non assorbire, ma valorizzare le differenze peculiari dei singoli Stati. Perché Rivolta non è Strasburgo, né Amsterdam, né Messina... Altrimenti l'UE resta soltanto una lobby burocratica.

Una domanda personale. Sindaco, medico, quarant'anni di servizio in sala operatoria... Ma qualcuno le ha chiesto «chi glielo fa fare»?

(ride). Be, nella mia vita ho sempre voluto affrontare nuove sfide, se richiedono scientificità e innovazione. Da chirurgo ho frequentato corsi e imparato nuove tecniche fino al giorno prima della pensione, e del resto mi sono candidato sindaco proprio con questa stessa logica. Del resto la medicina e la politica hanno in comune una cosa: la volontà di servizio. Senza quella, non si può fare né la prima, né la seconda.

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