Un focolaio confermato di Influenza aviaria ad alta patogenicità è stato riscontrato in un allevamento avicolo di Casale Cremasco, nei giorni scorsi. Per questo, ieri l’Ats di Bergamo ha emesso un’ordinanza che istituisce una zona di protezione e una zona di sorveglianza che coinvolge anche buona parte della Bassa bergamasca.
La diagnosi in un allevamento avicolo
La conferma dell’infezione su alcuni capi di un allevamento di Casale Cremasco da parte della variante H5N1 del virus (che, ricordiamo, si diffonde normalmente tra gli uccelli, anche se in passato si sono verificati casi di infezione anche tra persone) ha fatto scattare – come già accaduto in passato, anche in Lombardia – le misure di prevenzione previste a livello internazionale per evitare il diffondersi del contagio.
Non si tratta di una novità: focolai di Aviaria si erano verificati già in passato anche nella nostra zona. Il virus circola del resto nella popolazione selvatica di varie specie di uccelli da decenni, e periodicamente colpisce anche allevamenti. Da qui, in caso di infezione, la necessità di abbattere spesso decine di migliaia di capi. Proprio in questi giorni diversi casi di H5N1 sono stati diagnosticati nella popolazione selvatica di gru in Germania.
La zona di protezione e la zona di sorveglianza
I provvedimenti adottati da Ats Bergamo sono due: è stata istituita una Zona di Protezione con un raggio di 3 chilometri intorno al focolaio, che comprende i Comuni di Barbata e Isso, e una Zona di Sorveglianza con un raggio di 10 chilometri, che coinvolge quindi anche i Comuni di Antegnate, Barbata, Bariano, Calcio, Calvenzano, Caravaggio, Covo, Fara Olivana con Sola, Fontanella, Fornovo San Giovanni, Isso, Misano di Gera d’Adda, Morengo, Mozzanica, Pagazzano, Pumenengo, Romano di Lombardia e Torre Pallavicina.
Fiere con volatili vietate, limitazioni agli spostamenti di animali
Per un mese, in queste zone gli allevatori sono tenuti a rispettare scrupolose misure di biosicurezza e sono imposte limitazioni alla movimentazione di pollame, di volatili in generale, di pulcini, uova e anche di materiali considerati a rischio, come previsto dal Regolamento UE 2020/687. “Sono inoltre vietate fiere, mercati, esposizioni e rilascio di selvaggina da penna”.
Il rischio per l’uomo
L’influenza aviaria è stata identificata per la prima volta in Italia più di un secolo fa. Colpisce soprattutto gli uccelli, ma sono documentati in passato anche “salti di specie”, che vanno assolutamente evitati. “Nelle epidemie recenti, a partire dal 2003, è stata documentata la capacità di questo virus di contagiare direttamente anche gli esseri umani – si legge sul sito dell’Istituto superiore di sanità – Il rischio principale, che fa temere l’avvento di una nuova pandemia dopo le tre che si sono verificate nel corso del XX secolo (1918, 1957, 1968), è che la compresenza del virus aviario con quello dell’influenza umana, in una persona infettata da entrambi, faciliti la ricombinazione di H5N1 e lo renda capace di trasmettersi nella popolazione umana”. Da qui la necessità delle misure di contenimento e di protezione degli allevamenti di pollame in cui si verificano casi.