Decisione definitiva, la ditta di Ghisalba “Casadio” chiude i battenti e si trasferisce a Cappella Cantone, nel Cremonese. Lo ha comunicato oggi, mercoledì 3 settembre, ai sindacati.
“Casadio” si sposta a Cappella Cantone
“Casadio” lascia Ghisalba, dal gruppo ammortizzatori e agevolazioni.
Non certo un fulmine a ciel sereno, ma la notizia della prossima chiusura dello stabilimento ha comunque generato grande sconforto tra i 46 lavoratori che stavano scioperando sotto la sede della ditta, punto di produzione del
“Gruppo Cimbali” specializzata in macchine per caffè espresso professionali e macinadosatori. L’incontro tra i sindacati e la direzione dell’azienda ha infatti ufficializzato la conclusione delle attività per il prossimo mese di dicembre.
“Una chiusura attuata senza alcuna ora di cassa integrazione – dice Alessio Pastore, della FIM CISL di
Bergamo – ma da parte dell’azienda abbiamo registrato oggi comunque una disponibilità a usare ogni strumento utile a lenire il più possibile i disagi dei lavoratori coinvolti”.
Favoriti i trasferimenti volontari
Da parte di “Casadio”, infatti, è stato messo sul tavolo la possibilità a favorire i trasferimenti di chi volontariamente vorrà andare a Cappella Cantone, dove si sposterà la produzione, oppure a Binasco, nel Milanese, sede centrale del “Gruppo Cimbali” o, infine, fare anche altre esperienze in altre unità produttive, fino a candidarsi per altre posizioni libere all’interno del Gruppo, per cui l’azienda fornirà tutta la formazione necessaria. Per chi non sarà in grado di trasferirsi, inoltre, è stata avanzata la proposta di corposi incentivi all’esodo.
“Abbiamo avuto la massima disponibilità a agevolare, pur in una condizione di grande disagio sociale e personale come una chiusura di una azienda può causare, una popolazione aziendale per la maggioranza femminile e relativamente giovane – conclude Pastore – È stata comunque ribadita la necessità di costruire un piano sociale, per la FIM CISL fondamentale che ogni decisione dell’azienda, sia sul piano occupazionale, ma con ricadute sul territorio non possa essere fatto a costo zero, ma che debba essere la stessa azienda a sostenere il carico del danno che i lavoratori subiranno”.