Un presidio contro la violenza di genere nel nome di Joy: la piazza risponde
Dopo l'assassinio della 49enne nigeriana ieri sera, lunedì 8 aprile, «Rete bergamasca contro la violenza di genere» ha organizzato una manifestazione per dire basta ai femminicidi
Una folla di donne, ma anche qualche uomo, ieri sera, lunedì 8 aprile, ha partecipato al presidio organizzato da «Rete bergamasca contro la violenza di genere» a Cologno al Serio. Una manifestazione sentita, arrivata dopo l'assassinio di Joy Omoregbon per mano del compagno lo scorso 28 marzo.
Un presidio per dire basta alla violenza di genere
Striscioni, volantini, sagome di donne collocate accanto alla fontana di via Rocca con i nomi di tutte le vittime di violenza che anche quest'anno hanno segnato il nostro Paese. La Rete ogni 8 del mese organizza un presidio in piazza Pontida a Bergamo e questa volta ha scelto Cologno, dove è ancora fresca la ferita per l'assassinio della donna nigeriana di 49 anni perita sotto le coltellate del compagno Osarumwense Aimiose, di quattro anni più giovane.
"Siamo in piazza ogni mese con una sorta di presidio permanente perché vorremmo che fosse sempre piena su questo tema, per dire basta e mai più - ha esordito Sara Agostinelli - non è possibile che in Italia ogni due giorni una donna venga uccisa: secondo i dati dei centri ativiolenza di Bergamo e provincia solo tra il primo e il 30 marzo scorsi sono arrivate 113 nuove chiamate di richiesta di aiuto da parte di persone che subiscono violenza domestica o stalking. Più di 350 quelle arrivate dall'inizio dell'anno... Joy è stata la 12esima vittima di femminicidio del 2024 in Italia, ma ce ne sono state già altre. C'è poi il fenomeno delle sparizioni di cui si parla poco. Dopo quello che è successo, abbiamo sentito forte l'esigenza di non stare a Bergamo dove ci diamo appuntamento tutti i mesi ma di trasferirci qui, per far sentire la nostra vicinanza alla popolazione e alle istituzioni che stanno facendo un lavoro pubblico sulla violenza di genere, oltre che agli amici e ai familiari di Joy. Vorremmo tanto che queste morti si potessero evitare ma la novità, rispetto al passato, è che adesso ci sono diversi uomini che si impegnano su questo fronte".
"Pretediamo che si faccia qualcosa"
"L'Italia ha ratificato la convenzione di Istanbul ma non viene applicata - ha spiegato - infatti quando una persona subisce violenza e la denuncia o chiede supporto, gli operatori dei servizi pubblici devono saper riconoscere il rischio, ma per farlo devono ricevere non solo i soldi, che servono per prendersi cura della persona maltrattata, ma anche un'adeguata formazione. Se si potesse aiutare queste donne ad andarsene, se lo chiedono, potremmo evitare tante morti. Pretendiamo che si faccia qualcosa, non si può più andare avanti così. A partire dalla Forze dell'ordine fino ai servizi pubblici sono necessarie risorse e formazione. Serve anche prevenzione, facendo formazione a scuola ma anche agli adulti, per arrivare a relazioni fatte di rispetto, apertura e solidarietà. Preme poi sottolineare che non ci sono vittime di serie B: fa notizia quando la ragazza è italiana e giovane. Ma la tragedia è la stessa quando si tratta di straniere che invece sono 'razializzate', e subiscono così una doppia violenza. La stessa anche se è e meno giovane o se ha un'identità di genere o un orientamento sessuale diverso da quello standard. Il messaggio per ogni donna è questo: non sei sola".
Omicidio semplice o femminicidio?
Alla manifestazione hanno presenziato le Forze dell'ordine e alcuni amministratori della zona: oltre alla prima cittadina colognese Chiara Drago, anche i colleghi di Ghisalba, Romano, Bariano, Calcio, Pumenengo, Ciserano, Treviglio e la sottosegretaria regionale con delega Sport e Giovani Lara Magoni.
"Non è semplice oggi affrontare di nuovo l'esperienza di un femminicidio dopo quello di Zina - ha ammesso Drago - abbiamo voluto raccogliere l'invito della Rete perché è un momento molto forte per tutta la comunità e vogliamo provare a reagire dopo lo sgomento e la rabbia che ci hanno colto dopo la notizia. Questa è un'azione collettiva, condivisa e utile a sensibilizzare: riuscire a trovarci insieme significa uscire da quella solitudine che va a rafforzare le dinamiche di violenza e potere all'interno di una relazione. Significa sapere di non essere sole e di poter contare su una comunità, su una rete e su persone che che possono tendere la mano in un momento di difficoltà. Significa anche riprenderci gli spazi e proprio qui intorno a questa fontana quattro anni e mezzo fa ci siamo trovati dopo la morte di Zina... Tutti dobbiamo fare uno sforzo per leggere la violenza che si consuma anche nelle nostre comunità".
Poi la prima cittadina ha espresso la sua posizione circa la natura dell'assassinio della 49enne, accoltellata dal compagno: Drago non ha dubbi che si tratti di un femminicidio, in cui la vittima è sopraffatta in quanto donna, e non di un semplice omicidio. Dubbi che invece hanno sollevato anche gli psichiatri, dal momento che l'uomo soffriva di conclamati problemi psichici e che viveva con la donna una relazione difficile peggiorata dalla complicata situazione finanziaria.
"Un uomo mi ha detto che lui non l'avrebbe uccisa perché era una donna - ha affermato - eppure nella maggior parte dei casi quando una persona è in una situazione di fragilità ha accanto a sé una donna che molto spesso assorbe i colpi, che svolge un lavoro di cura gratuito, opprimente, su cui la persona in difficoltà si sfoga, a volte anche per anni e che subisce le conseguenze di questo disagio. Oggi quindi come sindaca ringrazio di essere tutti qui perché significa fare un passo tutti insieme, significa non voler chiudere gli occhi di fronte a un grave problema della società che nasce da uno squilibrio di potere, di opportunità e di libertà che ancora oggi esiste tra gli uomini e le donne. Significa riconoscere un legame tra tutte le storie che oggi portiamo in piazza: il legame è l'esercizio di un potere maschile che va a sminuire, annullare, zittire, schiacciare e uccidere le donne. E' un sistema di tipo patriarcale, non è un individuo malato, che non sta bene. Stereotipi ancora pervadono il linguaggio, l'educazione, la pubblicità, i mass media, i nostri stessi corpi. Smantelliamolo un pezzo per volta tutti insieme".
Drago ha chiuso il suo intervento con una poesia, poi la parola è passata a chiunque volesse intervenire e tra gli altri lo hanno fatto alcune amministratrici e attiviste. E sono stati letti uno ad uno i nomi delle donne uccise dall'inizio dell'anno. Dalla piazza tanti applausi e una consapevolezza che lascia una speranza affinché la cultura e la sensibilità sulla violenza di genere crescano anche a Cologno.
Prandina: "Dieci anni di progetti finanziati dalla Regione"
"Io rappresento Treviglio, ente capofila della rete interistituzionale Treviglio-Romano 'Non sei sola' - ha spiegato Pinuccia Prandina, vicesindaca trevigliese - sono ben dieci anni che ci occupiamo del problema e della prevenzione. Il centro antiviolenza di Treviglio accompagna a livello psicologico e legale le donne maltrattate, oltre a fare formazione a scuola, assistenti sociali e Forze dell'ordine. Mettiamo a terra progetti e Regione Lombardia ci finanzia: in dieci anni oltre un milione di euro di contributi ottenuti che sono serviti per pagare le case rifugio, l'ospitalità delle donne, la formazione e la prevenzione. Sono orgogliosa di questa scelta. Ho anche la delega alle Pari opportunità e chiedo a voi di essere sul pezzo, donne non siamo sole!"
Pesenti: "Non vogliamo protezione ma diritti"
"Noi non vogliamo protezione - ha tuonato l'attivista Rosangela Pesenti - il termine protettore non è una bella parola nel mondo delle donne... vogliamo i diritti, non essere messe nelle case rifugio ma stare nelle nostre: a spostarsi deve essere la persona che opera violenza. Le istituzioni hanno il compito della valutazione del rischio ma sono impreparate perché per troppi anni la credibilità delle donne è stata poco considerata: se ci fosse stata questa valutazione due terzi delle vittime avrebbero potuto essere salavate. La democrazia in questo Paese l'hanno fatta le donne, conquistando le leggi per tutte e tutti, sono state il fulcro della conquista dei diritti che oggi ci permettono di essere qui in questa piazza".
Mancadori: "Joy e Zina hanno perso la vita, alle altre diamo una possibilità"
"Come centro antiviolenza di Treviglio non ci aspettavamo di ritrovarci a Cologno per questo altro caso - ha osservato la presidente Cinzia Mancadori - come ha detto Drago questo è un femminicidio. Voglio rimarcare l'importanza della collaborazione: uno dei migliori progetti che si può dire riuscito è partito grazie a una donna di Cologno che ha chiamato il Centro per aiutare la persona alla quale faceva da domestica. Joy e Zina hanno perso la loro vita, alle altre diamo una possibilità tutte insieme".
Gipponi: "Non basta ridurli, eliminiamo i femminicidi"
"Quando il rischio è alto alla donna è proposta la casa rifugio - ha aggiunto l'avvocata del centro antiviolenza di Treviglio Cecilia Gipponi - ma l'ideale sarebbe non doverla mandare in protezione, così come l'ideale non è abbassare i femminicidi ma non averne. Il fenomeno è dilagante ed emerge sempre di più, per questo c'è ancora bisogno di protezione. La convenzione di Istanbul afferma che i diritti delle donne sono diritti umani, la Costituzione parla di parità di genere: non dobbiamo accontentarci di ridurre il fenomeno, dobbiamo eliminarlo".
Vitali: "Tutti abbiamo il dovere di essere sentinelle"
"Ha senso essere qui? A cosa serve? - ha domandato la sindaca di Ciserano Caterina Vitali - sì, per me serve a salvare vite ma anche a salvare donne continuamente vessate e sottomesse, anche se non arrivano alla sorte più funesta. Ognuno dei nostri Comuni non è indenne da questo fenomeno, abbiamo tutti il dovere di essere sentinelle, le segnalazioni possono fare la differenza".
Magoni: "Impariamo a non essere sordi ma a diventare comunità"
"Oggi sono qui per affiancare Drago in un momento di incontro, condivisione e di presa di posizione verso una situazione ormai ingestibile - ha detto Lara Magoni - mi colpisce la presenza di tante donne, ci sono però anche uomini anche se avrei voluto vederne di più. Io mi occupo di giovani, quelli che si perdono per strada e la mia responsabilità è cercare di riprenderli per mano. Figli che cresciamo dicendo loro sempre sì e che non sono abituati ai no: così anche una donna diventa un oggetto, un giocattolo in loro possesso e pur di non perderla l'ammazzano. Io mi occupo anche di sport e vorrei che diventi uno strumento dove incanalare l'energia, la rabbia, la cattiveria, lo scarso senso di appartenenza alla società che poi finisce in violenza, di ogni tipo. Ascoltiamo invece di essere omertosi, invece del pettegolezzo al bar segnaliamo quello che sappiamo, altrimenti siamo responsabili di quello che accade. Impariamo a non essere sordi ma a diventare comunità nel vero senso della parola".
Cilluffo: "Combattiamo la violenza di genere in ogni luogo ogni giorno"
"Oggi è un giorno di dolore fortissimo ma dovremo prima o poi trasformarlo in rabbia e questa in impegno quotidiano in tutti i luoghi che frequentiamo per combattere la violenza di genere - ha insistito un'insegnante, Selene Cilluffo - contrastando i commenti sessisti che fanno amici e colleghi, chiedendo a scuola percorsi strutturati contro la violenza di genere. A lottare siamo tantissime, portiamo questo grido in tutti i luoghi che attraversiamo per educare adulti, adolescenti e bambini, solo così lo si sradica. Non c'è una città che può vantarsi di non avere una vittima, ma in tutte ci sono anche gruppi, reti, associazioni, insegnanti, lavoratrici che combattono. Dobbiamo allearci, la battaglia deve andare avanti ogni giorno".
Rossoni: "La violenza si contrasta chiedendo la parità, quella vera"
"La violenza di genere è la violazione dei diritti umani più diffusa al mondo, è un problema culturale profondo - ha spiegato la consigliera comunale trevigliese Laura Rossoni - e ha un nome: disparità di potere che ancora c'è tra uomini e donne. Si lotta nelle scuole, nei Tribunali, nei cinema con serate dedicate, mostrando ai giovani storie drammatiche di violenza e sopraffazione ma anche la capacità delle donne di uscire da queste situazioni, di guardare al futuro e di essere un punto di riferimento per i figli. Ma si combatte anche chiedendo la parità salariale, lo spazio per arrivare ai vertici, la liberazione dai ruoli in cui siamo costrette, come quello di cura, che impone di rinunciare alla carriera se qualcuno ha bisogno di assistenza in casa. La violenza si combatte chiedendo la parità vera, quella per cui uomo e donna si danno una mano e camminano insieme. Credo che puntare sulla forza delle donne, sul loro coraggio e il loro diritto alla parità sia fondamentale".
Modora: "Ogni volta che una donna perde nelle aule di Gustizia perdiamo tutte"
"Anche nelle aule di Giustizia le donne subiscono violenza perché continuano a non essere riconosciute - ha detto Sara Modora, coordinatrice del centro antiviolenza 'Aiuto Donna' di Bergamo - se andiamo a denunciare il furto di un'auto le Forze dell'ordine non si pongono la domanda se è nostra ma se denunciamo una violenza qualche perplessità sul fatto che magari ce la siamo cercata ce l'hanno. E allora diciamolo che le donne cercano libertà, opportunità, non vogliono dipendere ancora da qualcuno né vogliono schiacciare gli uomini. Non dobbiamo cadere nella tentazione di voltarci dall'altra parte, tutti abbiamo la responsabilità di aprire le porte e dare opportunità alle donne di oggi e a quelle di domani: che non debbano più chiedersi se avere un figlio gli costerà il lavoro. Scendiamo in piazza al di là dei femminicidi. E' ora di fare un cambiamento, sono millenni che siamo in questa condizione, i femminicidi sono solo l'atto più estremo di quello che si vive e ogni volta che una donna perde nelle aule di Giustizia perdiamo tutte".
Clara Vezzoli, vicesindaco di Pumenengo, ha invece fatto una riflessione su come la violenza sia ovunque, e ha letto una poesia in memoria di Joy. A chiudere un'esponente del centro sociale di "Pacì Paciana", che lanciato un appello: "Mai smettere di lottare".
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