Morì travolto da una lastra di cemento, riaperto il caso di Marino Cucchi
Il geometra di Romano è deceduto nel luglio del 2018 mentre sovrintendeva un maxi cantiere a Lonato del Garda.
Il geometra di Romano è deceduto nel luglio del 2018 mentre sovrintendeva un maxi cantiere a Lonato del Garda.
Il tragico incidente e l'archiviazione del caso
Sembrava che l’ infortunio mortale costato la vita al romanese Marino Cucchi dovesse essere archiviato, ma invece un processo ci sarà, e forse renderà giustizia all'ennesima vittima del lavoro. E tutto ciò grazie alla determinazione dei familiari della vittima, che non si sono arresi alla richiesta di archiviazione avanzata all'epoca dei fatti dalla Procura di Brescia. Era infatti il luglio del 2018 quando i 59enne Marino Cucchi, geometra di Romano, perse le vita mentre lavorava nel cantiere della Ifin srl di via Mantova, a Lonato. Capocantiere, Cucchi stava lavorando alla realizzazione di una nuova struttura nell'ambito del maxi-cantiere della "Garda Doors", un nuovo insediamento commerciale. La ricostruzione di quanto accaduto era stata piuttosto complessa, ormai sei anni e mezzo fa. Gli inquirenti faticarono a capire come e perchè la lastra di cemento lunga più di 10 metri e pesante circa 4 tonnellate abbia potuto staccarsi e colpire l'uomo, che morì poche ore più tardi al Civile di Brescia. Il pubblico ministero Ambrogio Cassiani, titolare nel 2018 dell’inchiesta, decise a soli sette giorni dal dramma che l'indagine andasse chiusa per “morte del reo", presentando così la richiesta di archiviazione.
La volontà della convivente di far emergere la verità
La responsabilità fu attribuita infatti al solo Cucchi stesso, per errori commessi nel cantiere che lui stesso supervisionava. L’ indagine infatti escluse difetti strutturali delle lastre, che pure mostravano delle crepe. Una verità cui la convivente non ha voluto arrendersi. La donna rappresentata dall’avvocato Silvana Dibenedetto del Foro di Milano, si sono opposte alla richiesta di archiviazione dell’inchiesta. E una nuova perizia voluta dall’avvocato è stata presentata al procuratore della Repubblica che ha così riaperto il caso. A occuparsene stavolta è stata la pm Corinna Carrara, che ha ipotizzato a vario titolo responsabilità per omicidio colposo a carico dei legali rappresentanti delle ditte bergamasche che gestivano il cantiere di Lonato. Tra queste anche la Serio Prefabbricati srl, storica azienda romanese la cui sede si trova al confine con Bariano, proprio accanto al ponte sul fiume.
La perizia e la riapertura del caso con il processo
La consulenza di parte ha ribaltato le conclusioni iniziali e di fatto escluso da ogni responsabilità dell’incidente la vittima Marino Cucchi.
"Con il sistema di sollevamento (delle lastre, ndr) adottato da Serio Prefabbricati, le sollecitazioni risultano superiori alla capacità resistente a taglio del solaio - scrive l’ingegner Augusto Allegrini nella perizia- e tale comportamento potrebbe innescare fenomeni di fessurazione ancor prima della posa dell’elemento".
E ancora:
"Le modalità di movimentazione delle lastre è avvenuta in modo difforme da quanto indicato dal produttore, mentre la posa e il montaggio sono avvenuti conformemente alle istruzioni di montaggio redatte dalla Serio Prefabbricati. Dal punto di vista della sicurezza invece si evince che non sono state indicate e attuate le indicazioni/prescrizioni di montaggio espresse dal produttore riassumibili in banchinaggio e divieto di presenza di persone sotto il solaio in fase di montaggio. Indicazioni non sono rinvenibili né nel piano di sicurezza, né nelle istruzioni di montaggio".
Sono undici gli imputati a giudizio, a vario titolo coinvolti: Giovanni Bordanzi, Antonio Galdini, Giovanni Giuseppe Emma, Fabio Marco Piavani, Diego Piavani, Giovanni Piavani, Giulio Oldoni, Carlo Oldoni e Denis Vincenzo Oldoni, di Serio Prefabbricati srl e Olmi srl. Il processo ora è alla battute finali, dopo aver finito la fase istruttoria si attende la prossima udienza, fissata per il 20 dicembre.
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