Avis Lombardia

Siamo campioni di sangue, ma adesso la corsa è sul plasma per raggiungere l’autosufficienza

Il lancio della campagna "Il plasma non è un'altra donazione" è stato lo scorso 12 dicembre, da Palazzo Lombardia

Siamo campioni di sangue, ma adesso la corsa è sul plasma per raggiungere l’autosufficienza

Da mesi parliamo di autosufficienza pensando all’energia, o alle terre rare, o alle catene di approvvigionamento alimentari. Ma c’è un settore meno intuitivo, in cui l’autosufficienza nazionale sarebbe un traguardo importante da raggiungere, e per la quale ciascuno di noi può fare qualcosa di concreto e immediato.
Parliamo di donazioni di plasma, la parte liquida del sangue, che è da alcuni anni alla base della produzione di molti farmaci sempre più importanti e diffusi, i cosiddetti emoderivati.

Il punto con Avis Lombardia

Il modello lombardo per la donazione di sangue intero è vincente, come ben sanno i circa 273mila soci di Avis Lombardia, che ogni anno effettuano oltre 460mila donazioni, coprendo e anzi superando il fabbisogno degli ospedali che lo utilizzano per trasfusioni e per operazioni chirurgiche. Per quanto riguarda invece la cosiddetta plasmaferesi – complice anche la mancanza di macchinari e di personale – l’autosufficienza è ancora abbastanza lontana. E il risultato è che per produrre farmaci emoderivati tocca comprarli all’estero, a prezzi decisamente poco competitivi. Il principale fornitore? Gli Stati Uniti.
Per questo Avis Lombardia, insieme alla direzione generale del Welfare della Regione e ad Areu, ha lanciato una campagna di sensibilizzazione per aumentare le donazioni di plasma, con l’obiettivo di colmare il gap – fortunatamente non enorme, ma molto costoso – che ci separa dall’autosufficienza. Il lancio della campagna “Il plasma non è un’altra donazione” è stato lo scorso 12 dicembre, da Palazzo Lombardia. Al tavolo il direttore generale Welfare Mario Melazzini, il direttore sanitario di Areu Gabriele Perotti, il responsabile della Struttura Regionale di Coordinamento (SRC) per le attività trasfusionali in Lombardia, Daniele Prati, il presidente nazionale dell’Avis Oscar Bianchi, il presidente di Avis Lombardia Pierangelo Colavito, e da remoto, il presidente Simti (Società Italiana di Medicina Trasfusionale e Immunoematologia) Francesco Fiorin.

A che punto siamo?

In numeri, intanto. Se sul fronte del sangue intero la Lombardia non solo è autosufficiente (complessivamente sono state 400mila e 309 le unità trasfuse nel 2025), ma aiuta con circa 18mila sacche di sangue le Regione più deboli. Anche la raccolta di plasma in realtà continua a crescere, ma non tanto quanto la domanda: il paradosso è che il 2025 si chiuderà probabilmente con circa 163mila e 240 chilogrammi trasfusi, e cioè con il valore più alto di sempre. Ma contemporaneamente, sempre quest’anno è diminuita dal 62% al 59% la nostra indipendenza dal mercato estero, in termini economici, per quanto riguarda il plasma. Eppure, l’obiettivo è abbastanza vicino: dovremmo arrivare dagli attuali 16 chilogrammi di plasma prodotto per mille abitanti, a 18 chilogrammi, per invertire la rotta e raggiungere la completa autonomia nazionale.

Perché l’autosufficienza è importante

Perché sia importante raggiungere l’indipendenza è presto detto: i farmaci emoderivati sono sempre più utilizzati e occorre produrne sempre di più, ed averne a disposizione. Ci sono poi nuove esigenze tecniche: Regione Lombardia ha implementato un servizio per cui tutti gli elicotteri dell’elisoccorso lombardo saranno dotati di sacche di sangue, da utilizzare in caso – ad esempio – di incidenti stradali o di pazienti colpiti da forti shock emorragici. Non solo: anche a livello nazionale, la richiesta di plasma (spesso liofilizzato) sta lentamente diventando importante anche per ragioni legate all’organizzazione delle forze armate, come ha spiegato venerdì scorso il presidente nazionale dell’Avis Bianchi. Ci sono poi ragioni strategiche ed economiche, entrambe centrali. La penuria di plasma – pur in un paese che ha uno dei più efficienti e popolosi sistemi di donazione pubblica, libera e gratuita – rende il Paese dipendente dagli Usa, e a caro prezzo. Basti pensare, ha precisato Bianchi, che il denaro acquistato per compare il 17%/18% del totale del plasma che ci serve, e che attualmente dobbiamo importare, equivale alla spesa per la produzione interna nazionale del restante 82%/83%.

Un modello sotto attacco

Non solo l’autosufficienza porterebbe risparmi per le casse pubbliche, ma anche garanzie strategiche importanti: la donazione «libera» degli avisini, non retribuita ma basata sul puro volontariato, è infatti un asset tutto italiano, che frena di molto la penetrazione nel nostro Paese di chi invece, da Oltreoceano, il plasma e il sangue, punterebbe a vendercelo eccome, e a caro prezzo. Il modello no-profit, insomma, è sotto attacco, e l’autosufficienza spunterebbe completamente le armi a chi invece vorrebbe vederlo smantellato.

Come cambiare le cose?

Intanto, consolidando la rete dell’Avis, che pure già rappresenta l’85% dei donatori di sangue. In Italia i donatori Avis erano nel 2024 1,312 milioni, il numero più alto da sette anni a questa parte. E anche la propensione a donare non è calata. Qual è quindi il problema da superare? Intanto, il fatto che solo il 16% delle donazioni generali è una plasmaferesi, il resto è sangue intero. Serve quindi aumentare le plasmaferesi e il numero generale di donatori e donazioni, potenziando però allo stesso tempo la natura del sistema avisino: la donazione volontaria, anonima, gratuita e organizzata. Il che significa da un lato convincere i donatori a concedere qualche minuto in più ogni tre mesi per la donazione (a differenza del semplice prelievo di 500 ml di sangue, che dura una decina di minuti, una seduta di plasmaferesi dura circa 45 minuti). E dall’altro potenziare la rete con nuove macchine e personale nel centri trasfusionali.

“Il successo si fonda sullo spirito condiviso e sulla fiducia tra istituzioni e volontariato: con il gioco di squadra possiamo raggiungere l’obiettivo comune. Proprio per questo, come Regione Lombardia, investiamo 1,8 milioni di euro per progetti di promozione e consolidamento sulla donazione in collaborazione con le associazioni” ha spiegato Mario Giovanni Melazzini, direttore Generale Welfare Regione Lombardia.

“Oggi il plasma non può più essere considerato un prodotto di seconda categoria, bensì una risorsa strategica, non solo per il suo uso clinico diretto, ma soprattutto per la produzione di farmaci plasmaderivati – ha aggiunto Francesco Fiorin del Simti – Nel sistema trasfusionale gli attori principali sono le istituzioni, ma non possiamo dimenticare le persone che di questi prodotti hanno bisogno ogni giorno: i pazienti. A loro dobbiamo una vera alleanza strategica. E per farlo è fondamentale continuare a difendere con determinazione il modello italiano della donazione volontaria, anonima, responsabile e non retribuita, un modello che rappresenta un valore etico e un patrimonio da tutelare”.

Infine Oscar Bianchi, bergamasco di Romano di Lombardia e oggi – dopo una lunga carriera nell’associazione – presidente dell’Avis nazionale.

“Sono molto felice che regioni come la Lombardia abbiano accolto con entusiasmo l’invito che Avis Nazionale rivolge da tempo, ovvero perseguire l’autosufficienza nei prodotti plasmaderivati. La Lombardia sta investendo concretamente e cercando di invertire la rotta, incrementando la raccolta di plasma in modo strutturale. Accelerare su questo fronte significa garantire continuità terapeutica ai pazienti, ridurre la dipendenza dall’estero e rafforzare l’autosufficienza del Paese. Questa campagna parla alle persone con un linguaggio semplice e autentico, perché il plasma è un gesto che assomiglia ai donatori: generoso, responsabile, fondamentale”.