"I bambini dovranno imparare a usare il colore giallo, per disegnare l'erba dei prati"
Il punto di vista di Stefano Cerea, direttore del Verde pubblico di Treviglio, ex presidente di Legambiente, e già presidente nazionale dell'Associazione dei direttori dei pubblici giardini.
Aprite la mano e osservate la vostra spanna. In un catino da un metro quadrato, tutta la pioggia caduta a Treviglio da gennaio ad agosto non arriverebbe probabilmente all'altezza misurata dal vostro pollice e dal vostro mignolo.
Sono piovuti infatti 175 millimetri di pioggia, da gennaio fino a settimana scorsa, quando finalmente si è visto qualche temporale. Si tratta di un calo del 72% - secondo i calcoli di MeteoTreviglio.it - della media degli ultimi dieci anni. Pochissimi. E che non sia una parentesi lo dimostrano in modo inequivocabile centinaia di studi, così come non lo sono i temporali - violentissimi e improvvisi, mai visti così - che in questi anni hanno periodicamente sferzato la Bassa.
Il conto del global warming
Sono gli effetti dell'emergenza climatica, con i quali dovremo fare i conti probabilmente per molti anni a venire. Abituandoci all'idea che dovremo cambiare molto delle nostre vite, non solo per scongiurare che la situazione peggiori, ma anche soltanto per fare i conti con un dato di fatto: il modo in cui abbiamo costruito le nostre case e i nostri capannoni, in cui abbiamo coltivato i campi, curato i giardini pubblici, e organizzato le nostre vite, sarà sempre meno adatto alla condizioni di un meteo sempre più estremo. E quindi dovremo cambiarli, piano piano, volenti o nolenti.
Come se ne esce? C'è un approccio scientifico e concreto, all'emergenza siccità, che ci consenta di guardare al futuro con l'intenzione di mettere in campo un progetto per salvarci, e non soltanto per lamentarci di quanto fa caldo e di quanto - tanto o poco, o nulla - avremmo potuto fare per evitare di finire in questo inferno giallastro? Ne abbiamo parlato con Stefano Cerea, direttore del Verde pubblico di Treviglio, ex presidente di Legambiente, e già presidente nazionale dell'Associazione dei direttori dei pubblici giardini.
Cerea, ha mai visto una siccità come quella di quest'anno?
«Mai. Bastava fare un giro per Treviglio, per rendersi conto della situazione. Sono in sofferenza soprattutto le piante a filare, ma anche quelle che vivono in comunità nei boschi urbani, come il Bosco del Castagno al Cerreto. Sono molto preoccupato per quella zona: nonostante le piante in bosco si proteggano vicendevolmente dai raggi solari, molte sono in sofferenza e la pianta per ridurre la traspirazione chiude gli stomi e lascia cadere in anticipo parte delle foglie. Lo stress idrico è fortissimo, certo, ma dev'essere chiaro che non è solo questione di acqua. L'acqua è vitale, ma non è sufficiente per risolvere il problema, perché il problema è anche il sole e il caldo, troppo intenso. Gli acquazzoni di questi giorni sono stati un palliativo. La realtà è che ci vorranno mesi perché gli ecosistemi tornino in equilibrio.
Cosa la preoccupa maggiormente?
Il sottobosco nel Bosco del Castagno l'avete visto? Dovrebbe essere l'ultimo a soffrire, così protetto dal sole. Invece, quel bellissimo tappeto di pervinche (a proposito, andrebbe protetto un po' meglio) è in sofferenza, non sappiamo se reggerà l'urto. E poi, l’agricoltura, ovviamente... Ho visto agricoltori piangere, non l’avrei mai immaginato.
Treviglio si è divisa. Da una parte le proteste perché il Comune ha scelto di continuare ad irrigare alcune aree verdi pubbliche, dall'altra quelle di chi obietta che non è stato fatto abbastanza...
E in mezzo c'è la verità: per mantenere verde un prato, in condizioni normali, servono circa 4 litri di acqua al metro quadrato, ogni giorno. Ed è tanto. Il primo risparmio idrico si fa lì, credo. Dovendo risparmiare, meglio lasciarla per l'agricoltura e per gli ecosistemi fragili, piuttosto che per un prato. Ricordiamoci poi una cosa: l'irrigazione artificiale non è la stessa cosa della pioggia naturale. Certo, ci sono piante che abbiamo messo a dimora l'anno scorso che stanno soffrendo e alcune moriranno. Ma la realtà è che potranno morire anche piante che hanno trenta o quarant'anni...
Quindi, stringendo: non c'è nulla da fare?
La speranza è che contribuisca qualche acquazzone agostano... Ma poi, cos'altro possiamo aspettarci? Ci sarà una selezione naturale, come del resto succede con gli animali, e con gli uomini. I soggetti più fragili potranno anche morire. Vi ricordate quando dieci o quindici anni fa gli scienziati sostenevano, non ascoltati, che la desertificazione stava arrivando anche in Italia? Ecco, ci siamo...
I bambini dovranno cominciare a disegnare i prati anche di colore giallo. Dovremo spiegarglielo...
Spieghi...
Beh, è semplice. Se il clima in futuro sarà più simile a quello attuale che a quello che ricordiamo della nostra infanzia, allora è normale che dovremo risparmiare sempre più acqua, anche nella gestione dei prati urbani. E quindi d'estate i prati e i giardini delle nostre città, Treviglio compresa, saranno gialli, come sarebbero in natura. E non verdi, perché irrigati artificialmente con migliaia e migliaia di litri di acqua ogni giorno. E credo che i bambini dovranno saperlo, ed abituarsi a un’idea meno artificiale dell’erba verde. La disegneranno gialla, quando è gialla, e sapranno che una nuova esigenza, una nuova necessità, della loro era, sarà quella di risparmiare un bene prezioso come l’acqua.
E agli agricoltori cosa dovrebbero fare?
Purtroppo credo che in futuro bisognerà immaginare un cambio delle colture. Il mais, che è la specie di gran lunga più coltivata oggi nella nostra pianura, richiede moltissima acqua, e oltretutto nella Bassa si pratica da secoli l'irrigazione a scorrimento, tramite la rete delle rogge. Una rete che ha disegnato, letteralmente, il nostro paesaggio.
Chissà, forse torneremo all'agricoltura pre-trecentesca, prima dello scavo delle rogge Moschetta e Vignola... O all'agricoltura pre-colombiana, quando il mais nemmeno era conosciuto in Europa, e si coltivava il lino, il grano, la segale.
Poi, certo. Si tratterà molto di quanto il sistema Paese saprà venire incontro agli agricoltori. Un settore che in Italia non ha mai goduto di grande attenzione, purtroppo. Tant'è che, ormai, sopravvivono anche nella nostra zona soltanto le aziende agricole maggiori...
L'irrigazione a scorrimento, è vero, utilizza una grande quantità di acqua, mentre ci sono tecnologie molto più sviluppate - come l'irrigazione di precisione, a pioggia, tramite pivot, ad esempio - che sono decisamente più efficienti. Eppure ci sono anche controindicazioni importantissime: l'intera rete dei fontanili, uno dei simboli della Bassa, è alimentato proprio dall'acqua «dispersa» da fiumi e rogge, che percola nella ghiaia della Geradadda e poi riaffiora a sud, quando incontra il terreno più argilloso della Bassa profonda. Niente acqua dispersa, niente fontanili...
Eh sì, la complessità della situazione sta anche in questo. L'irrigazione a pioggia andrà potenziata, senza dubbio. E quella a scorrimento piano piano superata, anche se questo aprirà nuovi problemi importantissimi. Pensiamo anche alle «rive» (i filari di alberi e arbusti che crescono sulle sponde delle rogge, in campagna, in forme di filari spontanei, ndr). Senza le rogge piene di acqua per l’irrigazione a scorrimento morirebbero, e sono invece degli esempi unici, degli ecosistemi incredibili. Alberi come robinie e platani a ceppaia, ed arbusti come sambuco e biancospino, che vivono insieme e costituiscono un patrimonio biologico unico. Di più: pensiamo all'importanza che hanno avuto i fontanili nel corso dei secoli per la Bassa. Alla creazione delle marcite, che ha consentito a generazioni e generazioni di agricoltori di dare da mangiare foraggio fresco agli animali anche d'inverno.
Ma è realmente in atto un cambiamento climatico o siamo di fronte a un’annata eccezionale?
Che esista un cambiamento climatico è indubbio. Si tratterà di capire se quest'anno è stato un evento davvero eccezionale, forse... Ma in ogni caso, la tendenza è questa e la realtà è che dovremo imparare a convivere con questo clima. L’acqua, è indubbio, è elemento fondamentale per la vita delle piante. Gli stessi «Dry garden» letteralmente «giardini secchi» o «giardini senza acqua» di fatto non esistono. Per vivere anche loro necessitano di acqua. Senza di essa ci sarebbe il deserto.