Curarsi ormai costa più di mille euro all'anno in Bergamasca. La CGIL: "Una tassa occulta"
La spesa sanitaria famigliare in provincia di Bergamo è in costante aumento, complici le liste d'attesa infinite nel settore pubblico
Un ticket oggi. Una spesa in farmacia domani, con i prezzi gonfiati dall'inflazione. E poi, soprattutto, quella visita specialistica urgente, che per forza di cose abbiamo dovuto prenotare in un ospedale privato, dato cheil primo appuntamento utile in una struttura pubblica sarebbe arrivato tra mesi e mesi. Sono in pochi a non essersene accorti: curarsi costa sempre di più, soprattutto in questi anni in cui il Sistema sanitario nazionale mostra falle sempre più estese e preoccupanti. Falle che sono poi ampie fette del "mercato" della salute, riempite dal settore privato.
Per avere una fotografia in numeri del fenomeno, la CGIL di Bergamo ha elaborato i dati di 39mila e 554 dichiarazioni dei redditi presentate tramite il Centro di assistenza fiscale del sindacato. L'obiettivo era calcolare quanto incidono i costi di visite ed esami sanitari su stipendi e risparmi delle famiglie della provincia di Bergamo. E quanto questo valore è cambiato negli ultimi anni. Il risultato? Inquietante, per quanto prevedibile. La CGIL non esita a parlare di una vera e propria "tassa occulta" e a denunciare come "quello alla salute è un diritto costituzionale non più garantito in modo universale".
Lo studio della CGIL sulla spesa sanitaria dei bergamaschi
"Sono 39.554 (sui 59.130 totali) i contribuenti che, nel presentare la dichiarazione dei redditi 2023 per la campagna 2024 attraverso i nostri sportelli, hanno portato in detrazione spese per prestazioni specialistiche e pagamento di ticket sanitari (escluse le spese legate all’acquisto di farmaci o dispositivi medici)".
In media si tratta di 1.068 euro a dichiarazione, un dato in crescita costante dal 2020. Sia per i pensionati (che per ovvie ragioni anagrafiche tendono a spendere un po' di più) che per i contribuenti in età lavorativa.
La CGIL: "Un quadro preoccupante"
“Le dichiarazioni 2024 (per i redditi 2023) ci restituiscono un quadro preoccupante. Il 67% delle dichiarazioni presentate vede al suo interno spese sanitarie (fatture per visite o esami in privato e ticket) e la media per dichiarazione è di 1.068 euro, in aumento rispetto allo scorso anno quando era di 973 euro e quello precedente di 965 - spiega Marco Toscano, segretario generale della CGIL di Bergamo - Nell’ultima legge di bilancio il finanziamento alla sanità pubblica è al 6% del PIL e la previsione è che nei prossimi anni scenderà fino al 5,7. Non investire sul comparto determina esattamente questo: le persone per curarsi devono pagare sempre di più di tasca loro. Ovviamente questo vale per chi ha la possibilità di farlo”.
I pensionati in particolare si sono trovati, nell'ultimo anno fiscale (il 2023) a spendere in media 73 euro in più rispetto all'anno precedente. Il totale per loro fa 1118 euro per dichiarazione media.
"Circa il 70% dei pensionati che fa la dichiarazione dei redditi ha spese sanitarie in detrazione (una parte non le detrae perché incapiente Irpef). Questi semplici numeri, meglio di grandi discorsi, ci dicono che quello alla salute è un diritto costituzionale non più garantito in modo universale” aggiunge Giacomo Pessina, segretario generale dello SPI-CGIL provinciale.
Sette dichiaranti su dieci dichiarano meno di 30mila euro
“Un dato infine che va sottolineato è che, considerando sia i lavoratori che i pensionati, circa il 70% delle dichiarazioni prese in considerazioni (e che rispecchia la maggioranza delle persone che si rivolgono a noi) è nella fascia di reddito 0-30.000 euro. Non serve spiegare quanto una spesa sanitaria di più di mille euro costituisca una "tassa occulta" che grava con particolare peso su questi redditi”, concludono i due sindacalisti.