Il Polittico di San Martino a Treviglio: le immagini spettacolari del capolavoro di Zenale e Butinone
Un capolavoro trevigliese quasi completamente dimenticato. E' il Polittico di San Martino, realizzato tra il 1485 ed il 1505, e conservato in Basilica.
Un capolavoro trevigliese quasi completamente dimenticato. Realizzato tra il 1485 ed il 1505, il Polittico di San Martino fu commissionato dal parroco Simone da San Pellegrino il 26 maggio 1485, impegnando la città a pagare mille lire imperiali. Una bella somma: la città impiegò molto tempo a finanziare l’opera, che sarebbe stata realizzata - altra particolarità tutta trevigliese - dai due autori contemporaneamente. Si tratta infatti di un’opera "cooperativa", che oltre ai due artisti trevigliesi coinvolse anche Ambrogio de’ Donati, scultore milanese, che si occupò della cornice.
Il Polittico di San Martino a Treviglio
San Martino e il povero
la Vergine in trono col Bambino tra angeli musicanti e due cherubini che la incoronano
San Zeno, San Maurizio e San Pietro
Santa Lucia, Santa Caterina d’Alessandria e Santa Maria Maddalena
San Sebastiano, Sant’Antonio da Padova e San Paolo
l’Adorazione del Bambino
La Crocifissione
La Resurrezione
Il Polittico di San Martino a Treviglio: cos'è
Ciascun registro è diviso in tre pannelli, per un totale di sei, ognuno rappresentante una scena diversa: nel registro inferiore a sinistra sono raffigurati San Zeno, San Maurizio e San Pietro, a destra San Sebastiano, Sant’Antonio da Padova e San Paolo.
San Martino e il mantello: centro del Polittico
Al centro è raffigurato San Martino che dona il mantello. Una scena che i trevigliesi conoscono bene: il santo francese (vero e dimenticato patrono della città, la quale invece di lì a una trentina di anni avrebbe abbracciato più volentieri la Madonna delle Lacrime che salvò la città dalla distruzione) è lo stesso raffigurato nella grande e splendida scultura gotica conservata in Biblioteca, con una copia sotto il portico del Municipio. Anche la scena è la stessa: il santo taglia il proprio mantello in due parti, donandone un lembo a un povero nudo e infreddolito.
Gli altri soggetti
Il registro superiore, invece, mostra al centro la Vergine in trono col Bambino tra angeli musicanti e due cherubini che la incoronano; ai lati si trovano da sinistra: Santa Lucia, Santa Caterina d’Alessandria e Santa Maria Maddalena, San Giovanni Battista, Santo Stefano e San Giovanni Evangelista.
La predella si compone di tre scene principali dedicate alla vita di Cristo: l’Adorazione del Bambino, la Crocifissione e la Resurrezione. Queste sono intervallate da quattro santi a mezzo busto: San Girolamo, San Gregorio, Sant'Ambrogio e Sant'Agostino.
Sgarbi: "In tutto il Nord Italia non c'è un'opera mobile più grandiosa e importante"
Sul Polittico trevigliese si sono scritte molte pagine di storia e di critica dell’arte, e lo stesso Vittorio Sgarbi ne scrisse più volte. Recentemente, in un intervento su diversi quotidiani nazionali.
"L’obiettivo di Butinone, con l’amico Zenale, è competere con Mantegna (...) tenere insieme pittura, scultura e architettura, in uno spettacolo mai visto prima - ha commentato il critico - San Martino è un vero cavaliere e le sante sono dame di corte, e il povero è magro, privo di tutto, nudo. Butinone e Zenale sono indifferenti al richiamo edificante, alla forza dell’esempio evocato dal gesto del santo. Vogliono stupire. II loro smisurato polittico non emana solo luce, manda suoni, è stereofonico, come un organo che diffonde musica nella chiesa. Tutti gli altri sensi sono presi, oltre ogni umano limite. In tutto il Nord Italia non c’è un’opera mobile più grandiosa e importante. Essa è oltre la realtà. E non è un sogno".
Le immagini di questa pagina sono fotografie ad altissima risoluzione sono state scattate in questi anni da Tino Belloli, fotografo trevigliese che - da volontario - sta tra l’altro catalogando in milioni di immagini l’immane quantità di materiale archivistico della città. Recentemente ha anche fotografato in altissima definizione tutte le principali chiese trevigliesi con tutte le opere d’arte in esse conservate, creando un archivio iconografico di fondamentale importanza per la conoscenza e la conservazione di questo patrimonio civico