Treviglio

La peste "manzoniana" e il parallelismo con il Covid

L'ultima camminata della Pro loco di Treviglio ha fatto tappa nei luoghi raccontati dallo scrittore milanese. E non mancano le analogie con la pandemia da Coronavirus.

La peste "manzoniana" e il parallelismo con il Covid
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L’incubo della peste 390 anni prima del Covid. Ci sono molte analogie tra quanto è stato raccontato da Alessandro Manzoni e la pandemia che ha sconvolto il mondo nel 2020.

Peste "manzoniana"

A raccontarlo è stato il vicepresidente della Pro loco di Treviglio Stefano Cerea, nel corso della quinta camminata della kermesse organizzata dall’associazione. Una passeggiata dalla città al santuario della Madonna dei Campi di Brignano, alla scoperta dei luoghi manzoniani. La peste, come riferiscono gli storici, e come ha raccontato Cerea al pubblico di circa 40 persone, arrivò a Treviglio nell’ottobre del 1629, portata dai lanzichenecchi, soldati mercenari dell’epoca. La prima vittima fu Cecilia Lodi, madre di Emanuele, colui che scrisse la prima storia di Treviglio.

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Morì un terzo dei trevigliesi

Da Milano (del cui ducato faceva parte allora la città) giunsero quindi alcuni emissari per capire la situazione. Interpellato sulla vicenda, il medico di allora mentì e disse che non c’era alcun contagio, per timore che venissero imposte quarantene e restrizioni. "In effetti, sino a marzo la situazione restò tranquilla - ha spiegato Cerea - Poi ci fu un primo boom di vittime, proprio nello stesso periodo della prima ondata di Covid e proprio 200 vittime, come i trevigliesi morti a causa del Coronavirus. Purtroppo, la peste fu più terribile e alla fine si calcola che circa un terzo dei trevigliesi, che all’epoca erano circa 9.500, morì. Lo stesso avvenne nella Gera d’Adda dove vivevano circa 25 mila persone".

Furono costruiti altri due cimiteri

I morti furono talmente tanti a Treviglio che il cimitero allora tra piazza Manara e piazza Garibaldi non bastò. Ne vennero quindi realizzati due: uno dove oggi sorge la chiesa di San Zeno e un secondo nell’attuale cortile dei Salesiani. Proprio di fronte è stato infatti eretto il cippo che ricorda la peste (tornato al suo posto proprio nei giorni scorsi dopo il restauro). "Anche all’epoca c’erano i complottisti - ha poi aggiunto Cerea - Secondo alcuni la peste era una punizione divina. Per altri la colpa era di presunti untori. E infine c’erano coloro che sostenevano fosse un complotto per destabilizzare il potere dei signori di Milano. Si scoprì secoli dopo che la colpa era di una minuscola pulce". Eppure la storia non ha insegnato nulla e i complottisti continuano a inventare le loro teorie strampalate.

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