Lombardia

Scuola, marcia indietro sui figli di medici e infermieri: a casa anche loro

Il Ministero dell'Istruzione ha cambiato idea nel giro di tre giorni. La Cgil: "Il problema dei genitori in difficoltà non può risolverlo la scuola".

Scuola, marcia indietro sui figli di medici e infermieri: a casa anche loro
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Anche i figli di medici e infermieri in Lombardia dovranno frequentare la scuola da casa: niente deroga sulla chiusura. Cambiando idea nel giro di soltanto tre giorni, il Ministero dell'Istruzione ha chiarito in queste ore che tra le possibili deroghe alla Didattica a distanza per le zone rosse (e per le zone come la Lombardia in arancione rafforzato) non ci sono i figli dei lavoratori "indispensabili" ai fini del contrasto alla pandemia.  Resta dunque soltanto in vigore la deroga, già prevista, per corsi e scuole che prevedano l'utilizzo di laboratori, per gli alunni con disabilità e per gli alunni "bes", con bisogni educativi speciali.

La nuova circolare del Ministero dell'Istruzione

Dopo un weekend di caos per migliaia di genitori in tutta la Regione, il nuovo documento smentisce sostanzialmente quanto sia l'Ufficio scolastico regionale che il Ministero stesso avevano spiegato venerdì, in una circolare che ha fatto il giro delle chat dei genitori di tutta la Regione mettendo in allerta centinaia di insegnanti e di dirigenti scolastici.

Il tema è quello delle deroghe sull'obbligo di frequenza in DAD delle scuole di ogni ordine e grado nelle regioni rosse (o in quelle arancioni scuro, come la Lombardia). Fino a venerdì, Ministero e Ufficio scolastico Regionale sostenevano che la frequenza in classe potesse essere garantita anche agli "studenti figli di personale sanitario o di altre categorie di lavoratori, le cui prestazioni siano ritenute indispensabili per la garanzia dei bisogni essenziali della popolazione", facendo riferimento al decreto ministeriale 39 del 2020:  il "Piano scuola 2020-2021"  redatto in occasione del secondo lockdown, a ottobre.

Nella nuova circolare, invece, si chiarisce che nelle zone rosse e nelle zone, come la Lombardia, in cui sono in vigore "ulteriori misure restrittive in base al potere di ordinanza delle Regioni e delle Autorità locali", il riferimento al Decreto ministeriale dello scorso ottobre in realtà non è valido.

Deroga solo per disabilità, laboratori e bisogni educativi speciali

Potranno frequentare in presenza, dunque, solo gli studenti di scuole per le quali  "sia necessario l'uso di laboratori" o quelli per i quali sia debba "mantenere una relazione educativa che realizzi l'effettiva inclusione scolastica degli alunni con disabilità e con bisogni educativi speciali", secondo quanto previsto dal decreto del Ministro dell'istruzione n. 89 del 7 agosto 2020, e dall'ordinanza del Ministro dell'istruzione n. 134 del 9 ottobre 2020.

Tutti gli altri, in DAD. Ed è un problema: medici e infermieri, ma anche operatori socio sanitari e altri professionisti che per forza di cose non potranno assentarsi dal lavoro, dovranno organizzarsi per assistere i figli  durante la Didattica a distanza.

La protesta della Cgil sui congedi parentali

Sulla vicenda è intervenuta anche la Cgil di Bergamo.

“La Regione ha preso un provvedimento sulla chiusura delle scuole senza verificare la possibilità di offrire sostegno alle famiglie e senza tenere conto delle conseguenze” commenta Gianni Peracchi, segretario generale della CGIL di Bergamo. “Il ministero dell’Istruzione, da parte sua, ha diramato note contradditorie che si smentiscono l’una con l’altra, alimentando il caos. Rileviamo una completa mancanza di coordinamento tra Stato e Regione, e sottolineiamo anche come la Regione Lombardia, pur avendo sempre criticato i provvedimenti presi da un giorno all’altro dal precedente Governo, ora abbia fatto esattamente lo stesso. E ancora non si è colmata una lacuna grave: quella dei rinnovi dei congedi parentali in caso di figli in quarantena o in DAD. La Regione che ha scelto di chiudere le scuole avrebbe potuto integrare direttamente, con misure regionali”.

Al riguardo nei giorni scorsi la CGIL e la FLC-CGIL nazionali hanno scritto al Governo per sollecitare l’approvazione delle misure di sostegno ai lavoratori con figli in DAD o in quarantena.

Bernardini: "Il problema dei genitori in difficoltà non può risolverlo la scuola"

“La nota ministeriale di ieri sera, quella in cui si rettifica la comunicazione precedente sui lavoratori essenziali, riporta il focus del ministero dell’Istruzione al suo ambito di competenza: il problema dei genitori in difficoltà a conciliare lavoro e famiglia è un tema del welfare, un problema che la scuola non può risolvere. È necessario ricondurlo sul giusto binario, quello del sostegno ai lavoratori e alle lavoratrici” ha concluso la segretaria generale di Cgil  Scuola Bergamo Elena Bernardini. “Soprattutto occorre farlo di fronte al cortocircuito tra limitazioni per la pandemia, necessità di lavorare e necessità di gestire i figli, un circolo vizioso che nel lockdown totale della scorsa primavera era meno marcato ed evidente, dal momento che molte attività produttive erano ferme, come la didattica in presenza. La scuola non può occuparsi del sostegno ai genitori. Resta il fatto che mai come in questa pandemia ci si è resi conto di come tutto sia interconnesso e che prima di chiudere gli istituti scolastici è sempre meglio pensarci due volte”.

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