Giù la serranda di due attività storiche a Caravaggio
«L’antica Macelleria Mezzanotte» e «La Risuolatrice moderna» hanno chiuso bottega dal primo dell'anno
Dopo «Ferri Elettromarket» anche «L’ Antica Macelleria Mezzanotte» e «La Risuolatrice Moderna» hanno chiuso definitivamente i battenti dall'inizio dell'anno a Caravaggio. Tre attività storiche.
L’«Antica Macelleria Mezzanotte» serviva la città dal 1830
L’«Antica Macelleria Mezzanotte» serve i caravaggini dal 1830, probabilmente anche da prima. Anzi no, serviva, perché dall’inizio dell’anno ha chiuso i battenti, nell’incredulità generale. Dietro al bancone, con le mani nella carne e una passione incrollabile, si sono susseguite più generazioni della famiglia, eppure anche quest’avventura è arrivata ai titoli di coda, purtroppo. E il primo a dispiacersene, fino a commuoversi, è il titolare, Guerrino Mezzanotte, 64 anni: lui nel negozio di via Moriggia ci è cresciuto e ci ha lavorato per 50 anni, 30 dei quali con la moglie Patrizia Gamba.
"La macelleria ha una storia che risale al 1830, sempre qui in via Moriggia 6, testimoniata da una documentazione conservata in Comune, circa 20 anni fa l’aveva recuperata Vanni Pozzoli - ha raccontato - tuttavia è plausibile che fosse presente in città ancora prima. Mio nonno, che si chiamava Guerrino come me, mi raccontava che suo padre Giuseppe Mezzanotte, il mio bisnonno, aveva una trattoria-osteria qui dietro e la macelleria davanti: i clienti entravano col carretto dal cortile e uscivano in vicolo Fruscotto, ci sono ancora gli attacchi per i cavalli. Morì per un incidente sul lavoro a 40 anni, rimase la bisnonna Teresa Mombrini con mio nonno. Smessa l’attività di ristorazione, ha messo in piedi un piccolo macello dove oggi ho una rimessa e ha continuato con la macelleria, con la nonna Maria Sigognini. Mio padre, che si chiamava anche lui Giuseppe, ha raccolto le redini dell’attività nel 1955, ma se lavorava già da qualche anno. Poi è arrivata mia mamma, Antonietta Variato. Nel 1980 però il papà ha subito un intervento e ha dovuto smettere, così ho continuato io: erano già sei anni che lo aiutavo. Nel 1985 abbiamo allestito il negozio che c’è oggi e la cella nuova. Io prima mi occupavo della disossatura, non ero mai stato al banco e di punto in bianco ho dovuto farlo, al mio posto ho preso un ragazzo e mia madre stava alla cassa. Poi nel 1994 mi sono sposato e mi ha affiancato mia moglie".
Nel corso degli anni alla vendita di carne si è affiancata quella di salumi, formaggi, vini e altri generi alimentari.
"Macellavamo la carne qui a Caravaggio, poi a Fornovo e a Brignano - ha ricordato - Infine, dismessi i macelli, ho cominciato a servirmi a Piacenza".
Ora però è tempo di andare in pensione e stavolta non c’è nessuno a raccogliere il testimone.
"Mio figlio ha studiato e scelto un’altra strada, è giusto così, e non ci sono nipoti - ha commentato - non volevo chiudere alla fine dell’anno ma il commercialista ci ha consigliato così, per quello sono riuscito ad avvisare solo pochi clienti. Se ci fosse stato qualche giovane a darmi una mano avrei continuato, è dura lasciare, ma non c’è nessuno che è interessato a fare questo mestiere, è faticoso. Vorrei cedere a qualcuno che abbia voglia di fare e possa continuare la tradizione di qualità che ci ha sempre contraddistinto, con i nostri clienti si è instaurato un rapporto di fiducia e affettivo, che va avanti da generazioni. Speriamo che si faccia avanti qualcuno".
«La Risuolatrice Moderna» saluta dopo 60 anni
Dopo 60 anni tra ago e filo a «vestire» i piedi dei caravaggini, e non solo, Antonio Ghilardi e la moglie Teresa Legramanti chiudono bottega, «La Risuolatrice Moderna» cessa l’attività. Una vita fianco a fianco, a casa e al lavoro, e ora non sembra vero neanche a loro la mattina non mettersi più in macchina per raggiungere il negozio dalla propria abitazione di Misano. Nessuno raccoglierà il testimone e un’altra attività storica si spegne. La serranda è inesorabilmente abbassata dal primo gennaio e la coppia non tornerà più a sollevarla.
"Il negozio è in via Mangone dal 1985, ma lavoravamo a Caravaggio dal 1965 - ha raccontato Teresa - mio marito ha cominciato a 11 anni, non aveva ancora in mano la pagella della quinta elementare che già si era messo a imparare a fare il calzolaio. Oggi ne ha 83, io due di meno".
Poi, una volta imparato il mestiere, ha spiccato il volo.
"Quando è tornato da militare si è messo in proprio ma c’era poco lavoro, il paese era piccolo e aveva bisogno di allargare il giro della clientela - ha proseguito - così ha trovato un locale a Caravaggio e si è trasferito lì, era il 1963. Ci siamo sposati e con la bimba piccola ho iniziato ad affiancarlo in negozio. Una vita insieme, ben 65 anni anni di matrimonio: ci basta uno sguardo per capirci".
La coppia ha avuto anche un secondo figlio, ma nessuno dei due ha voluto proseguire l’attività.
"Mio marito si appassionato subito a questo lavoro, nonostante il padre facesse tutt’altro, era un muratore - ha spiegato ancora Teresa - oltre a riparare le scarpe le faceva su misura e per le spose le realizzava anche con il tessuto dell’abito... Abbiamo avuto tante soddisfazioni, i clienti alla notizia si sono dispiaciuti moltissimo ma era arrivato il momento di smettere. Tuttavia, quando abbiamo deciso di chiudere alla fine dell’anno, Antonio ha pianto. D’altronde il commercialista ci ha spiegato che avremmo dovuto dotarci di bancomat, ricevuta fiscale e tutto il resto, ma io non sono in grado di gestire queste cose. Anche i nostri figli insistevano perché lasciassimo, per via del viaggio in auto: ad Antonio hanno dato la patente ancora per due anni e non ha mai avuto incidenti ma loro erano preoccupati. Ancora adesso però lui non si convince: si alza al mattino e mi chiede cosa indossare per andare a lavorare... ".
Un vuoto, è difficile lasciare quello che si ama.
"Il lavoro c’è - ha aggiunto Teresa - il negozio è nostro e ci piacerebbe cederlo a qualcuno che abbia voglia di fare questo mestiere, ma in tanti anni non c’è mai stato un ragazzo che sia entrato a chiedere a mio marito di imparare a fare il calzolaio".
Una passione che vorrebbero trasmettere, ma nonostante la fame di lavoro che c’è per ora non si è fatto vivo nessuno.