Economia

Bar e ristoranti chiusi alle 23, Confesercenti non ci sta

La notizia ha già portato un calo del lavoro del 20% e raddoppierà con l'entrata in vigore del coprifuoco.

Bar e ristoranti chiusi alle 23, Confesercenti non ci sta
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Il coprifuoco in Lombardia rischia di danneggiare bar e ristorante che dovranno chiudere alle 23. Confesercenti non ci sta: "La somministrazione non può farsi carico da sola della crisi: predisporre da subito interventi economici".

Bar e ristoranti chiusi alle 23

"Pericoloso colpire indistintamente un settore già duramente provato. Da subito occorre mettere in campo interventi economici di sostegno". Così Gianni Rebecchi, Presidente di Confesercenti Lombardia, commenta l’annuncio di un ulteriore inasprimento delle misure restrittive contro bar, ristoranti ed altre attività della somministrazione lombarde, con l’anticipo di un’ora del “coprifuoco anti-movida” già disposto dalle ore 24 per le attività economiche del settore.

Rebecchi descrive il disappunto di una categoria che nei mesi scorsi ha investito molto per elevare i livelli di sicurezza dentro e fuori i propri locali, nella consapevolezza di dover fare la propria parte nella lotta contro la pandemia.

"Ci aspettavamo dall'autorità degli interventi più puntuali e circoscritti alle situazioni dove le regole non vengono rispettate, anziché un intervento a tappeto che colpisce tutti indistintamente - continua Rebecchi - Bar, pub e ristoranti, alberghi e strutture ricettive hanno investito molto per garantire la sicurezza dei cittadini, dei consumatori e dei lavoratori".

Solo con l’annuncio di una nuova stretta nei giorni scorsi è stato perso il 20% del fatturato, che tradotto significa circa un miliardo di euro sfumato in un solo mese. Percentuale che nei prossimi 30 giorni, secondo Confesercenti, salirà fino a toccare il 40%.

"Dietro a queste attività ci sono famiglie"

Per il portavoce FIEPET-Confesercenti Lombardia, Vincenzo Butticé, "si tratta di un ulteriore colpo per un settore estremamente provato dalla crisi economica, dal lockdown e dallo smart working".

"Occorre ricordare che dietro a queste attività ci sono famiglie di imprenditori e lavoratori che vivono grazie alle loro aziende. Il tessuto socio-economico di ogni città è gravemente in pericolo. Chiudere in anticipo e in maniera indiscriminata le attività potrebbe portare poi più danni che benefici, con operatori sempre più in difficoltà".

"Chiediamo di rendere disponibili da oggi nuovi aiuti economici - dichiara il portavoce FIEPET-Confesercenti Lombardia - Interventi di sostegno certi, rapidi e adeguati, destinati alle imprese che entrerebbero in crisi per effetto delle restrizioni. Un ritardo è inammissibile: significherebbe la morte delle attività e un sistema economico che rischia di collassare. Occorre agire sui costi fissi, come affitti, Tari e Cosap, con interventi decisi ma troppo spesso lasciati alla libera iniziativa di amministratori locali e quindi disomogenei sul territorio e del tutto insufficienti".

"Conseguenze negative per il settore"

“La nostra organizzazione ha lanciato nei giorni scorsi un appello richiamando la necessità di uno sforzo comune per contenere la diffusione del Covid-19 per evitare nuove restrizioni che avrebbero messo ancora più in crisi le imprese, un appello generalizzato rivolto a clienti e istituzioni - ha aggiunto Filippo Caselli, Direttore di Confesercenti Bergamo - In pochissimi giorni è cambiato nuovamente il contesto e l'appello ad aiutare le imprese a rimanere aperte è già superato da nuovi provvedimenti, che da quello che si legge, imporrebbero ai cittadini il coprifuoco alle 23 e la chiusura di attività commerciali il sabato e la domenica. Questa iniziativa porta con sé conseguenze molto negative per le imprese della ristorazione e del commercio in generale che sono già state, inutile dirlo, fortemente colpite dai provvedimenti restrittivi dei mesi scorsi. Gli operatori sono fortemente preoccupati, nei mesi scorsi hanno investito in sicurezza per presentarsi come luoghi sicuri ai clienti e al mondo del lavoro. Sia chiaro che per noi la tutela della salute dei cittadini viene prima di tutto, ma non possiamo consentire che le nostre attività passino come la causa dell'impennata dei contagi, si consideri che in ballo ci sono migliaia di posti di lavoro tra personale dipendente e piccoli imprenditori che non possono essere lasciati in balia di provvedimenti d'urgenza. Continuiamo a credere che si possa intervenire sulle situazioni di singole imprese o singoli territori che non rispettano le regole. Se invece spegniamo definitivamente i motori dell'Industria commerciale turistica faremo molta più fatica a ripartire quando le condizioni sanitarie lo permetteranno.”

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