Urgnano

"3B Meccanica" chiude, finita la favola della ditta salvata da un ex operaio

Infranto il sogno di Ferruccio Bonacina di Ghisalba che rilevò l’azienda dopo un fallimento sette anni fa: 20 famiglie sul lastrico

"3B Meccanica" chiude, finita la favola della ditta salvata da un ex operaio
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Un triste epilogo per la bella favola della "3B Meccanica" di Urgnano, salvata dall’abisso dal coraggio di un ex dipendente nel 2019, che ora chiude definitivamente i battenti. E 20 famiglie sono già sul lastrico.

"3B Meccanica" chiude

Sarà un Natale lacrime e sangue per la coppia di titolari Ferruccio Bonacina e Claudia Zini e i 19 operai che lavoravano fino a pochi giorni fa nell’azienda di via San Rocco. Sotto l’albero niente regali per chi si trova già senza stipendio.

La storia

Nel 2017 l’allora «B&B» dopo decenni di attività ha dichiarato fallimento. Ci sono 15 operai che non riescono a trovare un nuovo impiego, tra loro Bonacina, 42 anni, da 25 dipendente dell’azienda. È lui - che un paio d’anni prima aveva già sostituito l’ex coordinatore e responsabile di produzione andato in pre-pensionamento - che h portato avanti la ditta con il curatore fallimentare fino al giugno 2018, ma nessun acquirente si è fatto vivo. Poi la svolta: il primo luglio, convinto dalla moglie 41enne, ha deciso di ritirare la ditta, poi liquidata, creando una nuova società dalle sue ceneri, la «3B meccanica». I 14 colleghi sono stati di nuovo assunti e in seguito se ne sono aggiunti altri cinque. Anche la moglie è entrata a far parte dello staff e, grazie a un finanziamento dalla «Bcc dell’Oglio e del Serio», è cominciata l’avventura che aveva il sapore di un salto nel buio ma il bilancio del 2018 si dimostra positivo. Fondamentale la fiducia di due grandi clienti storici come «Same» e «Schneider».

Bonacina Cavaliere della Repubblica

La notizia è finita sui mass media e la notizia ha fatto il giro dell’Italia, tanto che il novello imprenditore ha ricevuto una lettera dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella, il quale gli ha conferito la prestigiosa onorificenza di Cavaliere della Repubblica. In azienda è poi passato Enzo Muscia, anche lui diventato imprenditore per salvare la ditta in cui lavorava.
Primo stop nel marzo 2020
Con l’avvento della pandemia Bonacina ha deciso di sospendere la produzione in modo da tutelare gli operai e ha chiesto la cassa integrazione volontaria. Da fine gennaio si era già sentito il primo calo nel lavoro, abbastanza comune per il settore meccanico in tutta Italia e il Coronavirus ha impedito la ripresa ma l’azienda è rimasta in piedi.

La cancellazione delle commesse Same

A novembre di quest’anno è arrivata una doccia fredda, meglio, gelata, l’anticamera della fine.

"Il 70% del nostro fatturato dipende dalla Same di Treviglio - ha chiarito - A ottobre non sono arrivati i pezzi da lavorare e ci è stato detto che dipendeva dalle fonderie ma a novembre ci hanno comunicato la notizia che ci ha tagliato le gambe: la multinazionale ha azzerato i programmi che aveva con noi. Se la crisi del settore c’è non sono certo io a criticare la Same, con la quale ci siamo sempre aiutati a vicenda, ma mi sarei aspettato una gestione diversa del problema. Avevamo presentato un piano industriale di cinque anni, fatto dei progetti, acquistato nuovi macchinari l’anno scorso, nuove assunzioni a giugno di tre ragazzi, aumenti di stipendio per alcuni e di livello... passi che non avremmo fatto se avessimo saputo che non ci sarebbe stato più lavoro. I miei dipendenti ora hanno perso il posto ma io e mia moglie ogni cosa: avevamo investito tutto nell’azienda, dove era impiegato anche nostro figlio più grande".

Tra gli ormai ex operai il malumore è tanto:

"Abbiamo continuato a lavorare senza sapere che l’azienda era ormai fallita, ci siamo trovati senza stipendio per il mese lavorato, senza il pagamento di dicembre e senza nemmeno la tredicesima, proprio sotto le festività. Un colpo brutale, che ha distrutto il Natale per molte famiglie".

"Per correttezza e per il rapporto che mi lega ai ragazzi, li ho avvisati non appena Same ha reso note le sue intenzioni - ha affermato l’imprenditore - così che potessero trovare un’altra occupazione, cercando anche di dare una mano in questo. È rimasto indietro un solo stipendio, quello di novembre. La data della chiusura ancora non c’è, se ne stanno occupando i consulenti, ma sarà entro fine anno. Non si tratta di mala gestione o di utili tolti all’azienda ma di programmi non confermati: so che anche altre ditte sono in grave difficoltà per la stessa ragione".

I sindacati

"Il 3 dicembre ho avuto un incontro con l’azienda che, inizialmente, era stato fissato per discutere della situazione, non per l’eventuale fallimento - ha fatto sapere la sindacalista della Fiom Marzia Giannuzzi - qualche giorno prima c’era stata un’assemblea con i dipendenti in cui è stato comunicato che non sarebbe stato pagato lo stipendio di novembre e che, entro metà dicembre, la ditta sarebbe fallita: la Same, l’8 novembre aveva disdetto tutti i programmi e nel frattempo non si era riusciti a trovare altri clienti. Il 3 mi hanno parlato dell’intenzione di terminare le lavorazioni in corso per fatturare il più possibile e pagare qualcosa della retribuzione di novembre. Ora le lavorazioni sono terminate e qualcuno si è già dimesso".

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