Treviglio, i Salesiani e il dono della complessità
Don Bosco scelse di "sfidare" i battaglieri anticlericali in una città considerata "radicale" e "di sinistra". Ne nacque un prolifico rimescolamento di carte, per Treviglio.
Dal teatro, con la compagnia «Zanovello», al calcio giovanile dell’«Or.Sa», passando per la pallacanestro (i primi passi della BluBasket) e la musica. È una storia di fede e di scuola, prima di tutto, quella dei Salesiani di Treviglio, ma è anche la storia di una fucina culturale e sociale che ha contribuito a costruire, in 130 anni, la Treviglio che conosciamo.
Tutto cominciò il 14 ottobre 1892, quando tre sacerdoti presero «Casa» - una parola che in quella città nella città che è sempre stato il «Don Bosco» vive ancora oggi - al civico 6 di via Zanda, aprendo una scuola elementare cattolica, su impulso di don Bosco.
Clericalismo e laicismo
Non era la Treviglio, e l’Italia, che conosciamo: a pochi anni da Porta Pia, il laicismo era cosa seria almeno quanto il clericalismo, ed entrambi erano anni luce distanti dalle annacquate posizioni, spesso di bandiera, che oggi a malapena si intravedono nel dibattito politico, quando si parla di cattolicesimo. Così capitava che anche una sonnolenta città di provincia come Treviglio avesse i suoi fieri campioni dei due schieramenti, l’un contro l’altro armati, come Adolfo Engel ed Agostino Cameroni. Sfogliando i giornali dell’epoca, i lunghi editoriali contrapposti disegnano una città «strategicamente» importante fin da allora. Tanto che proprio qui, un collegio elettorale considerato «radicale» e di sinistra, Don Bosco scelse di «sfidare» i battaglieri anticlericali aprendo la strada alla prima comunità salesiana.
"Salesianità" e "trevigliesità"
Fu un prolifico, sano, rimescolamento di carte, verrebbe da dire oggi: quell’incontro-scontro fu forse uno dei tasselli che regalò a Treviglio il dono prezioso della complessità. Nei decenni, tra alti e bassi, l’integrazione dei due mondi arricchì e trasformò entrambi, fino a fonderne i confini.
Oggi, lo si capisce parlando con centinaia di ex allievi, la «salesianità» è un pezzo importante della «trevigliesità», e viceversa. E le scuole di viale del Partigiano raccontano una storia più contemporanea e attuale, di quella che la ricorrenza del 130esimo anniversario di un’istituzione religiosa potrebbe suggerire di scrivere. Tanti auguri.
Davide D’Adda