A Caravaggio potrebbe sorgere un museo dove saranno esposte le opere del pittore milanese Saturnino. Un progetto ambizioso che vuole essere un omaggio postumo del caravaggino Roberto Lupi Franzini, suo figlio adottivo, con lo scopo di riaccendere i riflettori su un artista dimenticato troppo in fretta, ma dall’indiscusso valore.
Saturnino, pittore dimenticato
A raccontare chi era Saturnino, all’anagrafe Carlo Franzini, ci sono non solo centinaia di dipinti ma anche i suoi diari, che Roberto ha deciso di rendere pubblici sul canale Telegram proprio per fare in modo che chiunque possa riscoprire un uomo che ha dato davvero tanto all’arte ma che forse non è riuscito a entrare nei circuiti che portano alla fama imperitura, finendo nell’oblio.
"Io sono caravaggino e ho conosciuto colui che sarebbe diventato mio padre adottivo nei primi anni ‘90, quando studiavo legge a Milano - ha spiegato - un amico l’aveva incontrato sulle Dolomiti e aveva fatto una visita nel suo studio, così quando mi invitò a tornarci con lui ci andai. Saturnino stava allestendo una mostra a Trezzo sull’Adda e mi chiese di dargli una mano a preparare le cornici dei quadri. Ero in attesa di discutere la tesi e accettai".
Carlo Franzini, Saturnino, con il figlio adottivo Roberto Lupi Franzini
Un incontro che cambiò la vita di entrambi.
"Avrei dovuto fare l’avvocato ma dopo la laurea alla fine sono rimasto con lui - ha ricordato - Quella di Trezzo fu l’ultima mostra che fece nella nostra Penisola, si era già stancato del mondo dell’arte: aveva un grande studio-museo in piazza Duomo, si diceva fosse il più bello d’Italia, ma lui viveva a Parigi e quindi affidò a me la sua gestione".
Un rapporto d’amicizia e di lavoro sempre più stretto, tanto che nonostante Roberto avesse la sua famiglia naturale, venne adottato da Saturnino.
"Diceva che avrebbe voluto due figli, un maschio e una femmina, ma non una moglie - ha sorriso - del resto era un uomo magnifico ma molto complesso, difficile trovare la compagna giusta. Era capace di grande solarità ma contemporaneamente di picchi di malessere profondo, sbalzi d’umore molto forti e repentini. Lo definirei un uomo “colorato”, dal talento poliedrico: era un pittore ma anche un tenore di altissimo livello, cantò persino con Maria Callas. Diplomato all’Accademia di Brera, proprio per distinguere le due carriere scelse il suo pseudonimo leggendo il santo del giorno sul calendario. Esattamente 50 anni fa era all’apice del successo, con una mostra nella sala delle Cariatidi al Palazzo reale di Milano. C’era la fila per pagare il biglietto e vedere le sue opere, eppure oggi nessuno lo ricorda più...".
Un artista dallo spirito molto indipendente, che aveva un rapporto difficilissimo con il mondo dell’arte, stroncato nel 2003 da un infarto.
Il progetto della casa-museo
"Mi mette molta tristezza il fatto che non ci sia memoria - ha continuato - la gente dimentica. Ecco perché ho deciso di pubblicare i suoi diari: oggi chi propone eventi per ricordarlo si comporta come farebbe con un dilettante e quindi rifiuto, gli farei del male... Era un artista di valore forse maggiore di quanti sono diventati più famosi di lui".
Ma non basta far conoscere un uomo che ha lasciato una grande eredità artistica attraverso le pagine più intime della sua vita, da dove emerge il suo carattere: Roberto ha in mente una casa-museo.
"Leggendo le pagine che ho selezionato tra quelle importanti per la sua storia e la sua arte, dal 1972 al giorno della sua morte, si capisce il perché della sua pittura così nervosa, mossa - ha osservato - nei suoi paesaggi non c’è un monumento famoso che non sia “piegato”. Aveva una grande espressività e sensibilità che però diventava anche rabbia. Ho trasferito tutte le sue opere in un appartamento a Capralba, 600 quadri a olio, circa duemila opere su carta e tutto quello che c’era nel suo studio milanese, in attesa di trovare uno spazio a Caravaggio che possa diventare la 'Casa di Saturnino'. Il pubblico potrà tornare ad ammirare le sue opere. So che è un’impresa difficile ma il mio padre adottivo lo merita".