Cultura

Alla scoperta del grande affresco della Crocifissione

Ancora una tappa del nostro viaggio nel complesso dell'Incoronata, che ospita la meravigliosa opera del pittore Pietro Baschenis

Alla scoperta del grande affresco della Crocifissione
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Nuova tappa del viaggio nel complesso dell’Incoronata di Martinengo, candidato come "Luogo del Cuore Fai 2025", alla scoperta del grande affresco della Crocifissione. Per sostenerlo basta un semplice CLICK.

Il tramezzo della chiesa

C’è un nuovo tesoro da scoprire tra le bellezze dell’Incoronata: la Crocifissione di Gesù, con le scene della preghiera del Getzemani, della flagellazione, dell’incoronazione di spine e della salita al Calvario, opera di Pietro Baschenis (1590 - 1630).

"In questo tempo di Quaresima, vogliamo lasciarci meravigliare dal grande affresco - ha commentato padre Antonio Consonni - Per noi è un modo per pensare alla vita e alla morte, al dolore e alla gioia, all’amore e all’odio che sempre segnano le nostre vite".

II tramezzo della chiesa dell'Incoronata

Pietro Baschenis venne chiamato a decorare il grandioso tramezzo della chiesa, cioè la parete che separa la parte della navata aperta al pubblico da quella riservata ai religiosi - un elemento caratteristico dell’architettura religiosa dei Frati Minori Osservanti tra XV e XVI secolo, come si vede anche nella chiesa di San Bernardino a Caravaggio.

"Gli affreschi in questo caso sono stati commissionati da un colonnello di origine albanese, Contino de Mamolis, a capo di tremila soldati - ha spiegato Chiara Adobati - come ringraziamento per l’ospitalità ricevuta in paese negli anni fra il 1624 e il 1627, come attesta un’iscrizione che fino a qualche anno fa si trovava in un cartiglio (ora completamente bianco) sotto il riquadro con la Crocifissione, trascritta sotto il riquadro con la Flagellazione".

Si tratta di cinque riquadri, entro cornici dipinte a finto marmo.

"In quello centrale, grande il doppio degli altri, è dipinta una Crocifissione - ha continuato - Cristo e i due ladroni svettano sullo sfondo di un cielo plumbeo, mentre in basso si assembrano figure armate di lunghe lance e con vessilli, a piedi e a cavallo. La Vergine, san Giovanni e la Maddalena esprimono il loro dolore ai piedi della croce, insieme ad un giovane con canestro seduto sulla sinistra, che Baschenis desume da Fermo Stella e Bernardino Luini. In alto a sinistra è raffigurata la Preghiera nel Getsemani, divisa in due piani compositivi: davanti ci sono i tre apostoli addormentati e dietro Cristo in preghiera, nel momento in cui appare un angelo avvolto di luce che reca una pesante croce. In basso, sempre a sinistra, il riquadro con la Flagellazione, ambientata in un interno, vede Gesù piegarsi leggermente in avanti sotto i flagelli di tre aguzzini. In alto a destra, sullo sfondo di una città rinascimentale, è raffigurata l’Incoronazione di spine: mentre due sgherri pongono la corona sul capo di Gesù, un altro individuo si inginocchia davanti a lui schernendolo, mentre un quarto soggetto ritratto di profilo lo indica con un dito. Altri personaggi assistono alla scena, tra cui una donna ripresa di spalle. Infine, nell’ultimo riquadro in basso a destra, è rappresentato l’Incontro con la Veronica, con a sinistra le pie donne e a destra una folla di aguzzini: uno di essi trattiene Gesù con una corda, mentre all’estrema destra si può riconoscere il giovane che, nella Crocifissione, è seduto ai piedi della croce, raffigurato di profilo e con in mano il canestro da cui spuntano martello, tenaglia e panno bianco".

Sotto l’affresco centrale, ai lati del cartiglio ora bianco, sui piedritti dell’arco, sono rappresentati due santi di ascendenza longobarda cari alla devozione degli abitanti di Martinengo.

"San Giorgio e sant’Agata, patrona della città - ha precisato - San Giorgio è raffigurato con armatura azzurra dai profili giallo-oro, con un piede sull’elmo e dietro a lui il drago; sant’Agata, invece, viene presentata con veste rosa e manto azzurro chiaro, con aspetto sereno e matronale come tutte le sante dipinte da Pietro".

Tutti gli affreschi, restaurati tra 1998 e 2000, sono in buono stato conservativo e offrono un bell’effetto decorativo.

La stirpe dei Baschenis

Per oltre duecento anni, a partire dalla metà del Quattrocento, i pittori Baschenis si sono succeduti di padre in figlio, abbellendo di affreschi decine di chiese in terra bergamasca e portando il nome della loro patria fin nelle remote valli del Trentino.

"Differenti fra loro per ispirazione e capacità artistica, piuttosto restii ad accogliere le istanze rinascimentali, seppero tutti interpretare con gusto e originalità le tematiche proprie dell’arte sacra, non disdegnando a volte di spaziare nel profano - ha chiosato Adobati - Il casato dei Baschenis era tra i più importanti della Valle Averara".

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