Treviglio

Un corteo sfila a Treviglio per chiedere la pace in Palestina

Grande partecipazione sabato scorso alla manifestazione organizzata da diverse associazioni nel centro della città

Un corteo sfila a Treviglio per chiedere la pace in Palestina
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"Stop al genocidio in Palestina". È stato proprio questo il grido di pace sotto cui si sono unite le centinaia di persone che lo scorso sabato hanno affollato le piazze e le strade trevigliesi per dare vita alla manifestazione pacifica organizzata da Fabio Cochis dell’associazione "Sos Diritti" e da Alessandro Iocco del gruppo social "La gatta trevigliese".

Pace in Palestina

Promosso da diversi privati, come Ahmed Hadid, Noor Nakhleh, Antonella Frecchiami e Valli Morlotti, e sostenuto da svariate realtà locali e nazionali, come il "Comitato per l’Attuazione della Costituzione Treviglio e dintorni", "Anpi Fara Gera d’Adda", "Giovani palestinesi in Italia", il Partito della Rifondazione Comunista, Slai Cobas, Sol Cobas e «Unione Inquilini», il corteo è partito da piazza Setti ed è proseguito per le principali vie della città.

"È importante scendere in piazza tutte le settimane per la Palestina, per chiedere il “Cessate il fuoco”, lo stop al genocidio e lo stop alla complicità del Governo italiano con Israele – ha sostenuto a gran voce Noor Nakhleh di “Giovani palestinesi in Italia” – Spesso qui in Occidente si parla di difendere Israele per diffondere la democrazia. Ma Israele non è una democrazia, è uno stato illegittimo, un regime di apartheid, una potenza occupante. E se sta facendo tutto questo in Palestina è soltanto grazie all’impunità di cui gode e all’appoggio dei governi occidentali. L’Italia indirettamente è responsabile di questo genocidio perché è il terzo maggiore esportatore di armi per Israele, dopo Stati Uniti e Germania".

"Basta colonialismo"

Alle parole di Nakhleh hanno fatto eco quelle dell’altra attivista dei "Giovani palestinesi in Italia".

«Il 25 aprile l’Italia festeggerà la liberazione dal nazi-fascismo, che non sarebbe mai stata possibile senza la resistenza dei partigiani – ha aggiunto Laila Awad – Anche in Palestina oggi ci sono dei partigiani e sono coloro che tutti i giorni difendono donne, bambini e uomini palestinesi a Gaza e non solo, con tutti i mezzi che hanno a disposizione. E noi siamo qui oggi per dire che noi stiamo con la resistenza palestinese, fino alla vittoria contro il colonialismo israeliano".

Tale colonialismo ha finito per isolare i palestinesi, come ricordato dall’egiziano e sostenitore pacifista Mohamed Hamza:

"Stiamo assistendo a un assedio rafforzato nei confronti di Gaza che ha bloccato l’ingresso di beni fondamentali come acqua, cibo e carburante, costringendo oltre due milioni di abitanti a lottare per la sopravvivenza. Si tratta di una catastrofe umanitaria che sta mietendo vittime soprattutto tra i bambini, a cui sono negati il diritto alla vita, all’educazione, alla salute, alla libertà di movimento, alla libertà di espressione e allo sviluppo psicologico. Mi chiedo sempre il perché di tutta questa crudeltà, con il mondo intero che resta in silenzio, ma purtroppo non ho ancora trovato una risposta".

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"Israele violento"

Un dubbio questo, che tormenta anche Abdelmalik Haddouch di "UniBG for Palestine".

"Fin dalla sua nascita nel 1948, Israele è sempre stato un Paese che si è imposto soltanto attraverso la violenza – ha ricordato – Già allora fece sfollare 800mila palestinesi, uccidendone 15mila e distruggendo 350 villaggi, di modo che non avessero più una terra in cui tornare. I restanti sono sempre stati vittime di un sistema razzista che li vede come civili di secondo grado rispetto agli ebrei israeliani, tant’è che il 70% dei palestinesi della striscia di Gaza sono profughi".

In virtù di ciò, secondo Fabio Cochis, è necessario porsi degli obiettivi per aiutare concretamente i palestinesi.

"Non è giusto lasciare la resistenza in mano ai palestinesi stessi – ha affermato – Dobbiamo allestirla anche qui in Italia con il boicottaggio del cibo e dei farmaci provenienti da Israele. Ma non solo. Dobbiamo anche continuare con queste manifestazioni e fare opposizione al Governo Meloni perché è chiaro che Israele fa quello che vuole perché tutto l’Occidente glielo permette, rischiando di trasformare una guerra territoriale nell’avvio della terza guerra mondiale".

La testimonianza da Gaza

Uno scenario da incubo, che lo stesso Alessandro Iocco ha voluto raccontare in chiusura attraverso la testimonianza di Susan, un’inviata a Gaza.

"Mentre vi riporto l’esperienza di Susan, vi chiedo di fare un gesto di pace sedendovi per terra e riempiendo la nostra piazza in segno di rispetto per tutti i morti di Gaza. Susan dice: “Pensavo di aver capito la situazione sul campo, ma non è così. Niente può veramente prepararti a questa distopia. Ciò che raggiunge il resto del mondo è una frazione di ciò che ho visto finora, che è solo una frazione della totalità di quest’orrore. Gaza è un inferno brulicante di innocenti che boccheggiano in cerca di aria. Giornalisti e politici la chiamano guerra, gli informati e gli onesti lo chiamano genocidio. Quello che io vedo è un olocausto, incomprensibile culmine di 75 anni di impunità israeliana per i ripetuti crimini di guerra".

Articolo di Fabiola Graziano

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