Articolo di Fabiola Graziano
Ha letteralmente salvato la vita a un altro essere umano, ma guai a chiamarlo eroe. Stefano Vescovi (nel riquadro nella foto di copertina), di Treviglio, preferisce piuttosto essere visto come la persona scelta dal destino per soccorrere Ferruccio Testa, il ciclista sessantatreenne che lo scorso 23 settembre ha subito l’amputazione di una gamba nell’incidente con un camion (nella foto di copertina), che lo ha investito mentre era a bordo della sua bici sulla provinciale 591 nei pressi di Isso.
Stefano Vescovi, “eroe per caso”
In quello stesso istante Stefano Vescovi, che stava viaggiando sulla corsia opposta, ha intuito la gravità della situazione ed è subito corso in suo aiuto.
“Ma non ho fatto nulla di eroico, ho solo agito spinto dall’istinto per cercare di aiutare una persona che versava in condizioni gravissime – ha raccontato Stefano, che di anni ne ha 40 e vive a Treviglio assieme alla moglie Federica Colombo e ai loro due figli di 5 e 7 anni – Credo che chiunque si fosse trovato al mio posto, davanti a uno sconosciuto con una gamba totalmente recisa, avrebbe agito allo stesso modo, pur non avendo alcun tipo di preparazione medica, come non ce l’ho io, visto che nella vita di tutti i giorni faccio assistenza a impianti di condizionamento. Come me, chiunque avrebbe avvertito il dovere, civico e morale, di fare qualcosa per lui”.
“Una scena terribile”
Lo dà per scontato Stefano Vescovi, quasi come se tutti in questo mondo fossero dotati della sua stessa prontezza di riflessi e fossero capaci di mantenere il suo stesso autocontrollo di fronte a una copiosa emorragia che, nel giro di qualche minuto, avrebbe potuto portare alla morte Testa. Per fortuna, Stefano non si è lasciato prendere dal panico di fronte alla fuoriuscita del sangue e, grazie al suo rapido intervento, ha permesso a Ferruccio di sopravvivere nonostante le tragiche conseguenze del violento impatto.
“Quella mattina – ha ricordato – ero stato a Camisano a fare una riparazione a un condizionatore e, mentre ero sulla strada del ritorno, ho assistito allo schianto tra il camion e il ciclista, che dopo un avvitamento si era incastrato con tutta la bici sotto le ruote del primo. Ho accostato immediatamente il mio furgone e ho raggiunto a piedi il luogo dell’impatto. Una volta sul posto, mi sono ritrovato davanti agli occhi una scena terribile. La gamba era già staccata dal resto del corpo, ma il ciclista era ancora cosciente, così ho cercato subito di tranquillizzarlo e gli ho chiesto come si chiamasse. Nel frattempo ho chiamato i soccorsi, che mi hanno raccomandato di non farlo addormentare in attesa dell’ambulanza”.
Un intervento provvidenziale
La situazione però è ben presto degenerata.
“Mentre attendevamo l’arrivo dei medici – ha proseguito Stefano Vescovi – all’improvviso dalla sua gamba ha iniziato a uscire il sangue a dirotto. Sembrava un fiume in piena. D’istinto ho videochiamato mia moglie, che fa l’infermiera all’ospedale di Treviglio e mi ha suggerito di fermare in qualche modo l’emorragia per evitare che morisse dissanguato. Allora sono andato al mio furgone e ho recuperato un paio di guanti in lattice, con cui solitamente lavoro, e una corda con cui di solito lego le bombole del gas refrigerante. Sono tornato indietro, ho indossato i guanti e gli ho stretto la corda all’altezza dell’inguine, tirando più forte che potevo. Così l’emorragia si è arrestata. Un attimo prima avevo il suo sangue caldissimo che mi scorreva tra le mani e un attimo dopo non c’era più, fermato dalla corda che avevo stretto con tutte le mie forze”.
“Ho fatto la cosa più ovvia”
Qualche minuto più tardi poi, è giunta sul posto anche l’ambulanza.
“A quel punto – ha affermato ancora Stefano Vescovi – io mi sono allontanato e sono tornato al mio lavoro. Ferruccio era ormai nelle mani di medici e paramedici e non aveva più bisogno del mio aiuto. Nelle ore e nei giorni seguenti ho ripensato tante volte a tutto quello che era successo, ma mai ho avvertito in me una sensazione di shock o di meraviglia per quello che ho fatto. Ho ancora ben impresse nella mia mente le immagini di ciò che ho visto e i gesti che ho compiuto, ma nulla di tutto questo mi ha mai turbato. Ora tutti mi fanno i complimenti per come mi sono comportato, ma in cuor mio io so di aver fatto soltanto la cosa più ovvia e naturale. Se non l’avessi fatta, allora sì che avrei avuto dei sensi di colpa enormi che non mi avrebbero più permesso di addormentarmi serenamente. In quel momento, su quell’asfalto, c’eravamo soltanto io e Ferruccio e, se io non fossi intervenuto, lui sarebbe morto perché nessun altro oltre a me avrebbe avuto il tempo di intervenire”.
La telefonata di ringraziamento
E questo lo sa bene soprattutto Testa, che domenica 12 ottobre ha telefonato a Stefano Vescovi per ringraziarlo di avergli salvato la vita.
“Nonostante abbia davanti a sé un percorso riabilitativo molto lungo e faticoso, vista anche la frattura al bacino rimediata, l’ho sentito abbastanza bene. Gli ho fatto i miei migliori auguri, sia per la guarigione che per il suo compleanno, dato che proprio quel giorno compiva 63 anni, e ci siamo lasciati con la promessa di risentirci presto”.