Si riaccende la protesta di agricoltori e pescatori, presidio lungo la Francesca
Dal 28 gennaio è tornata la mobilitazione in difesa delle piccole e medie imprese organizzata da "Riscatto agricolo Lombardia"
Lungo la Francesca, nel territorio di Cologno al Serio, zona piscine, da ieri, 28 gennaio, è tornato il presidio dei trattori.
Presidio organizzato a Cologno
Si riaccende la protesta. Già un anno fa si erano mobilitati nell'area delle piscine e dal 28 gennaio agricoltori, allevatori, pescatori e artigiani di tutta Italia son tornati in presidio per salvaguardare le piccole e medie aziende produttive sotto lo slogan “Un Paese senza agricoltori, allevatori e pescatori non è libero e non ha futuro”. Le categorie produttive annunciano iniziative unitarie per affrontare l’attuale crisi che colpisce gravemente il settore primario e la pesca. L’appello dei promotori è chiaro: le Istituzioni adottino una "Dichiarazione di stato di crisi socio-economica dell'agricoltura e della pesca" attuando misure straordinarie per fronteggiare le sfide strutturali e ambientali che affliggono il settore. Nello specifico si chiedono la moratoria e ristrutturazione della debitorio di sistema, l'applicazione delle clausole di salvaguardia per bloccare le importazioni sleali e la concorrenza al ribasso, il potenziamento delle misure per garantire un prezzo minimo al campo e maggiore equità e trasparenza nei rapporti commerciali e una forte iniziativa coordinata per risolvere crisi ambientali come siccità, alluvioni e invasioni di fauna selvatica.
Le piccole e medie aziende agricole e della pesca sono messe in difficoltà da fattori economici, ambientali e politici. “La nostra sovranità alimentare è a rischio”, sottolineano gli organizzatori, che puntano a sensibilizzare istituzioni e cittadini sull’importanza di un’azione immediata. Oltre alle misure straordinarie, il movimento richiede una "vera stagione di riforme" per restituire centralità a chi lavora nei campi, nei mari e nelle filiere produttive, con l’obiettivo di costruire un futuro più equo e sostenibile per tutti.
Il Consiglio Unitario della mobilitazione lancia l'allarme
Il Consiglio unitario della mobilitazione denuncia la chiusura del 50% delle aziende agricole e della pesca negli ultimi vent'anni e un calo del 7% degli operai agricoli in cinque anni, i dati ufficiali dell'Istat dipingono un quadro diverso. Secondo l’Istat, l’Italia è al primo posto in Europa per valore aggiunto agricolo, un dato che contrasta con la narrativa di un settore in declino irreversibile.
"Mentre l’agroalimentare italiano (in mano alle lobbies e alle multinazionali) cresce, le piccole e medie imprese dell’agricoltura, dell’allevamento e della pesca si impoveriscono e il Paese perde la sua sovranità alimentare - fa sapere l'organizzazione in una nota stampa - Dal 28 gennaio i trattori di nuovo in strada: stato di crisi socioeconomica ora, è il momento dell’unità. Da giorni si stanno organizzando in tutto il Paese i presidi degli agricoltori, degli allevatori e dei pescatori che scenderanno in campo dal 28 gennaio".
Il Consiglio Unitario della mobilitazione, su proposta del Coordinamento Unitario Agricoltori e Pescatori Italiani (Coapi) costituito a febbraio dell’anno scorso alla Città dell’Altra Economia Roma e che da allora opera aggregando decine di realtà territoriali e nazionali impegnate a denunciare la crisi), ha assunto un documento chiaro negli obiettivi e nelle motivazioni.
"Un crescente numero di realtà associative e di presidi di base sta aderendo all’appello a scendere in mobilitazione e sta inviando mail di adesione e condivisione del documento di proposte che chiede misure straordinarie contro la crisi - si continua nella nota - Quattro gli obiettivi della mobilitazione convocata dal documento del Consiglio Unitario:
– Sviluppare una campagna di informazione e controinformazione rivolta all’opinione pubblica per spiegare l’inganno che confonde l’agroalimentare italiano (in mano alla speculazione e che si giova di molti favori) che cresce e l’agricoltura, la pesca e l’allevamento che si impoveriscono mentre il Paese paga i costi dell’abbandono delle terree di un Made in Italy fatto solo di marchi speculativi industriali senza la materia prima di agricoltori e pescatori.
– Collegare fra di loro le tante crisi (economiche, sociali, ambientali e di democrazia) che stanno uccidendo il nostro patrimonio di lavoro della terra e nel mare per costruire, su base democratica, l’unità degli agricoltori, degli allevatori, dei trasformatori artigianali e dei pescatori e l’alleanza con i cittadini e i lavoratori del comparto sugli obiettivi comuni.
– Ottenere dal Governo Nazionale, che l’anno scorso ha aperto un tavolo di confronto con gli agricoltori in mobilitazione, un Piano di Azione Straordinaria per salvare le piccole e medie imprese dell’agricoltura, dell’allevamento e della pesca adottando una Dichiarazione di Stato di crisi e assumendo un pacchetto di misure anche in deroga alle Regole Comunitarie ed ordinarie.
– Aprire con le Istituzioni un Confronto sulle Riforme di sistema necessarie ad assicurare la Sovranità Alimentare che è, ricorda il Consiglio Unitario, il diritto del Paese ad avere campagne e marinerie vive con uomini e donne al lavoro oltre che il diritto al cibo e ad un territorio tutelato e non certo gli interessi delle lobbies industriali e finanziarie".
"Sono le aziende produttive che pagano la crisi"
Il Consiglio Unitario ribadisce e rilancia la denuncia della crisi, sottolineata nel documento di convocazione della mobilitazione.
"Sono le aziende produttive quelle che pagano il prezzo della crisi - si rimarca - In venti anni hanno chiuso oltre il 50% delle aziende della pesca e agricole (meno 500.000 solo negli ultimi dieci anni). Del totale di 1,3 milioni chiuse, il 75% è in montagna o collina (con l’abbandono delle aree coltivate pari a circa 850.000 Ha in zone particolarmente vulnerabili dal punto di vista ambientale, idrogeologico e sociale). Dati che se letti nel contesto europeo sono ancora più gravi:mentre continuano a crescere le performance dell’agroalimentare italiano, crolla il reddito reale dell’agricoltura per addetto (Eurostat certifica che nel 2020 in Europa è aumentato in media di 2,8% ma in Italia è diminuito del 2,9%). La chiusura delle aziende e l’abbandono delle aree coltivate comporta automaticamente la perdita di posti di lavoro. Sono ormai solo circa 175.000 le aziende che assumono operai agricoli (-7% in 5 anni) con i lavoratori che, per la prima volta dal 2007, scendono sotto il milione. I dati più vergognosi sono quelli che documentano il crollo del valore aggiunto disponibile per remunerare gli investimenti delle aziende agricole e della pesca a testimoniare una profonda ingiustizia nei pesi delle filiere dove la fanno da padrone la speculazione finanziaria e la GdO, ISMEA ha documentato come in Italia su cento euro spesi dal consumatore per l’acquisto di prodotti agricoli freschi, meno di 20 euroremunerano il valore aggiunto degli agricoltori, ai quali, sottratti gli ammortamenti e i salari, resta un utile di 7 euro, contro i circa 19 euro del macro-settore del commercio e trasporto. Per i prodotti trasformati, che implicano un passaggio in più dalla fase agricola a quella industriale, l’utile dell'agricoltore si riduce a 1,5 euro pari a 2,2 euro, contro i 13,1 euro del commercio e trasporto”.
"Un Made in Italy senza più il nostro lavoro"
Il Consiglio Unitario ricorda che, secondo i dati Nomisma pubblicati a fine novembre del 2024, la situazione è tutt’altro che rosea.
"Crollo produttivo nell’ultimo decennio in molte filiere, con riduzioni significative nelle regioni del Centro-Sud (-10% e -7% il valore della produzione agricola a prezzi costanti) e cali importanti per diverse colture (grano duro -30%) - si spiega - volatilità dei prezzi agricoli triplicata rispetto agli anni ’90, con impatti negativi su produttori e consumatori; ridimensionamento strutturale, con un calo del 53% delle aziende agricole in vent’anni, a fronte di una tenuta della superficie coltivata (-5%) ma con una “fuga” delle aziende dalle aree montane e collinari; ritmi di crescita più lenti rispetto ai competitor europei, con un incremento del valore aggiunto dell’agricoltura italiana negli ultimi cinque anni (+24%) ben al di sotto della media UE (+41%). La triste realtà è che sempre più aziende agricole chiudono, che il comparto Italiano dell’Ortofrutta e Cerealicolo è in seria difficoltà e che da leader nell’esportazione in Europa di Ortofrutta abbiamo ridimensionato drasticamente la nostra presenza a vantaggio di Paesi Terzi e che, se non si interviene con urgenza, quella di quest’anno sarà l’ultima annata agraria per un numero crescente di imprese, segnando un punto di non ritorno di un processo drammatico frutto dell’impatto della nostra agricoltura e della nostra pesca con la globalizzazione incontrollata dei mercati: l’Italia si sta trasformando da straordinario Paese della produzione di un cibo unico al mondo in un supermarket con un Made in Italy senza più il lavoro dei nostri agricoltori, allevatori e pescatori e senza più il legame con i nostri territori e la tutela delle nostre comunità. Alla politica ricordiamo che non è più il tempo della propaganda o del gioco che lascia il cerino acceso nella mani di altri. Basta con la logica che se sei al Governo tutto va bene ed è tutto merito tuo mentre se sei all’opposizione tutto va male ed 'è colpa degli altri'. La verità è che tutta la politica italiana almeno da quattro decenni è responsabile delle scelte politiche che ci hanno portato a svuotare le campagne ed alla crisi”.
"La politica dia il segno che attendiamo"
Il Consiglio sottolinea l’apprezzamento per l’apertura del tavolo di crisi presso il Ministero dell’Agricoltura deciso l’anno scorso, per le dichiarazioni di attenzione che ha rivolto ai problemi e per le prime indicazioni emerse dagli atti assunti dal ministro "ma la crisi delle imprese produttive piccole e medie è talmente profonda che ha bisogno di misure straordinarie e decisive urgenti indifferibili ed ha bisogno di tutti”; la politica (maggioranza e opposizione, nazionale e regionale) dia il segno che attendiamo: un'azione urgente che salvi dalla crisi le aziende produttive e i nostri territori rurali e rilanci la speranza del futuro aprendo un confronto sulle Riforme dando attuazione ai principi della Sovranità Alimentare che non può essere uno slogan strumentale, né ennesima occasione per la speculazione".
Il consigliere regionale Malnchini porta solidarietà
“Alcuni giorni fa, il quotidiano olandese De Telegraaf ha rivelato che la Commissione Europea avrebbe destinato fondi pubblici per finanziare una rete di Ong incaricate di fare lobbying sugli europarlamentari, al fine di promuovere l’agenda green dell’ex commissario Frans Timmermans - ha fatto sapere il consigliere regionale della Lega in Lombardia e responsabile del Dipartimento Agricoltura della Lega Lombarda - In questi giorni, i trattori sono scesi in piazza in diversi Stati europei. Sono stato invitato da alcuni amici agricoltori al presidio di Cologno al Serio e molti di loro saranno a Palazzo Pirelli: ho voluto portare loro la mia solidarietà”.
Poi ha rimarcato la sua posizione ferma.
“I nostri agricoltori hanno pagato un prezzo troppo alto per la sostenibilità ambientale, gravati dai vincoli imposti dall’UE. La Lega - prosegue Malanchini - ha sempre combattuto in solitaria all’interno del panorama politico italiano contro l’ideologia green e continueremo con forza a sostenere il mondo agricolo senza esitazioni. Sarebbe giusto che anche chi nel centrodestra ha sostenuto Ursula Von der Leyen prendesse una posizione chiara a difesa del nostro settore agroalimentare. È necessaria coerenza. Non si possono dare pacche sulle spalle e rassicurazioni agli agricoltori quando vengono a Palazzo Pirelli e allo stesso tempo sostenere la Von der Leyen in Europa. Alle parole devono seguire i fatti”.