La denuncia della Fnp-Cisl Lombardia

Rsa lombarde ancora off limits per i parenti: "Oltre 60mila anziani lontani dai propri cari"

Ancora oggi gli anziani si sentono soli, abbandonati, e non comprendono fino in fondo cosa stia accadendo intorno a loro.

Rsa lombarde ancora off limits per i parenti: "Oltre 60mila anziani lontani dai propri cari"
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Nonostante l’andamento altalenante dei dati epidemiologici e la risalita dei contagi, l’Istituto Superiore di Sanità ha deciso di dare il via libera alle visite dei parenti e alle attività di gruppo nelle Rsa. Uno sblocco che era stato chiesto a gran voce negli sorsi mesi dai sindacati, che lamentavano la condizione di malessere e di disagio che vivevano gli anziani ospiti delle strutture. Tutto sistemato quindi? Ebbene no, visto che secondo quanto dichiara la Fnp-Cisl la Lombardia non si sarebbe ancora adeguata alla decisione dell’Iss.

Anziani soli, si sentono abbandonati

«La Giunta lombarda, a differenza di altre regioni, non ha ancora sbloccato la situazione per favorire il ripristino di un normale rapporto tra familiari e pazienti – sottolinea Emilio Didonè, segretario generale di Fnp-Cisl Lombardia -. Ha invece scaricato tutte le responsabilità sulle direzioni sanitarie delle Rsa che nella maggioranza dei casi applicano ancora regole ferree, che limitano le visite dei parenti a pochi minuti, separati da un vetro. Ancora oggi gli anziani si sentono soli, abbandonati, e non comprendono fino in fondo cosa stia accadendo intorno a loro. Di conseguenza le condizioni di salute possono peggiorare e gli effetti collaterali diventare anche più dannosi dello stesso contagio».

La situazione lombarda

In Lombardia ci sono 708 strutture assistenziali per anziani, per un totale di 64.431 posti letto. Di queste, il 69 per cento è rappresentato da Rsa private no-profit, il 22 per cento da Rsa private profit e il 9 per cento da strutture pubbliche. Le segnalazioni arrivate al sindacato raccontano di situazioni al limite: in generale le visite avvengono in luoghi sanificati, per un tempo mai superiore ai 30 minuti, con un solo parente, una volta a settimana e a distanza di un metro e mezzo. Alcune case di riposo hanno aperto, sotto la propria responsabilità, a giugno ma quando i contagi sono ripresi hanno deciso di chiudere nuovamente. Altri familiari parlano di procedure con un triage telefonico, ingresso separato in una sala dedicata e visite ai parenti separati da un plexiglass, condizione che è vissuta ancora peggio dagli ospiti.

«In Lombardia ci sono circa 60mila persone anziane ospitate nelle Rsa – continua Didonè-. Stimiamo che oltre la metà di loro da febbraio non ha potuto incontrare i propri cari. Se la vita media degli ospiti ricoverati arriva mediamente a 12 mesi, è sensato questo isolamento che sta facendo precipitare gli anziani in un lockdown senza fine? L’aspetto più discutibile è che, ad oggi, nessuno ha messo mano alla riforma organizzativa delle strutture nonostante quanto successo. I sindacati dei pensionati chiedono da tempo, ancora prima del Covid, a Regione Lombardia di affrontare la situazione e convocare l’osservatorio Rsa per approntare un “piano Marshall” e una riforma complessiva di tutto il sistema».

Preoccupazione per l'autunno

Stante la normativa che regola gli accessi, sempre più famiglie rimanderebbero l’ingresso dei propri familiari nelle strutture. Per i primi quindici giorni, infatti, nessun parente può vedere il padre o la madre ricoverati e se per caso gli esami fossero positivi, la separazione si allungherebbe a dismisura. Questa situazione si ripercuote sulla tenuta economica delle case di riposto e, per questa ragione, anche chi era negli ultimi posti delle liste di attesa si è sentito chiamare in tempi rapidi.

«Per un migliaio di lavoratori delle Rsa lombarde era già scattata la cassa integrazione, dovuta sia alla crisi derivante dai decessi degli ospiti sia allo stop forzato dei nuovi ingressi – prosegue il segretario generale -. Siamo molto preoccupati anche per il prossimo autunno, caso mai dovessero perdurare queste disposizioni e ritornare l’emergenza. Finora il sistema è riuscito a rimanere in piedi soprattutto grazie agli ammortizzatori sociali».

«Se Regione Lombardia avesse attivato per tempo l’Osservatorio Rsa – conclude Didonè – si sarebbe potuto monitorare la situazione e l’andamento dell’infezione, consegnare per tempo i dispositivi di protezione a operatori e ospiti, programmare tamponi sistematici ogni 10 giorni, o tenere aperte le strutture ai parenti».

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