Picchetto d'onore alpino per l'estremo saluto a Gianni Vittori
Questa mattina, sabato 4 maggio, una folla commossa e composta ha accompagnato il 46enne deceduto giovedì 2 nell'ultimo viaggio
Martinengo stamattina, sabato 5 maggio, si è fermata per partecipare alle esequie di Gianni Vittori, membro del Gruppo Alpini e dell'Avis, ancora incredula per la tragedia avvenuta due giorni prima quando il 46enne si è spento dopo un malore accusato sul posto di lavoro, a Cologno al Serio.
L'addio commosso a Gianni Vittori
Le Penne Nere hanno reso tutti gli onori al loro sfortunato compagno, artigliere da montagna della 33esima batteria di Bergamo, "andato avanti" troppo presto. Sono state loro, fiere, a guidare il lungo corteo funebre che ha raggiunto la Parrocchiale alle 10, accolto da una piccola folla e anche la pioggia battente di questi giorni ha concesso una tregua. La città intera si è stretta intorno alla moglie Antonella e ai tre figli adolescenti Filippo, Nicolò e Luca, affranti. A concelebrare il funerale tutti i sacerdoti cittadini, tra i quali don Omar Moriggi, che ha pronunciato l'omelia rivolgendo alla chiesa gremita parole di speranza.
"La vita è un susseguirsi di eventi, di istanti che segnano a volte in positivo e a volte in maniera tremenda e sconcertante la storia di ciascuno di noi - ha esordito il religioso sull'altare - le parole risultano insufficienti a lenire il dolore, la voglia di piangere e le domande che ci portiamo dentro sembrano non trovare nessuna risposta esauriente. L'unica cosa che possiamo fare è metterci in ascolto della parola di Dio, che sa offrire un po' di speranza per l'avvenire senza Gianni. Gesù prima di essere il figlio di Dio era un uomo normale, ed è in questo suo essere semplice e normale la sua divinità: ha fatto risplendere la vita che diventa eterna, perché diventa resurrezione, vita eterna. Ed è quella che stiamo celebrando anche per Gianni, perché una vita vissuta nell'amore vero vince il buio della morte".
Poi don Moriggi ha tratteggiato la figura dell'uomo, attraverso il racconto dei figli.
"E' stato un grande lavoratore, instancabile, me lo raccontavano ieri Luca, Nicolò e Filippo - ha affermato - 'Papà non era mai fermo, neanche a casa' mi hanno detto. Ha insegnato loro il mestiere più bello e più difficile: quello di essere uomini. E di questo gli siamo grati. E' una fatica essere uomini, ma è una fatica benedetta".
"Avete detto che Gianni era presente in tutto nella vostra vita, un punto di riferimento autorevole, e noi oggi abbiamo bisogno di adulti fermi e determinati nelle decisioni, e nel modo in cui vi ha educati sin da bambini insieme con la mamma - ha continuato rivolgendosi direttamente ai ragazzi - Vi ha mostrato la bellezza di formarsi come uomini e di aver rispetto per la vita, per ogni situazione, per ogni persona. Amava la sua vita e non l'ha sprecata: si è fatto dono, ogni giorno per voi e per tutti. E chi vive così vive già da risorto".
Il religioso si è rivolto anche alla moglie dell'alpino.
"Penso anche a te cara Antonella, che con Gianni hai vissuto questi anni intensi, belli - ha proseguito - a tratti magari faticosi, come per tutti, ma carichi di amore e di gioia, sbocciati in tre meravigliosi figli che rimarranno in questo tempo, così duro da affrontare, il segno e la presenza viva di Gianni accanto a te".
Non è mancato anche un pensiero per la madre, rimasta vedova da pochi mesi, ai fratelli, alla suocera.
"A tutti rimane non solo il ricordo ma il segno tangibile e concreto di quello che Gianni ha seminato in ciascuno: l'amore - ha sottolineato - Una morte così improvvisa non ha permesso a nessuno di salutarlo come conviene però vorrei consegnarvi cinque cose che un uomo come Gianni potrebbe dirvi, quelle che un uomo potrebbe rimpiangere quando sta per morire. Non i viaggi, una macchina nuova, una donna o un uomo da soli al fianco, uno stipendio migliore...No, al momento della morte tutto diventa reale, quelle da cui Gianni, insieme con il Signore, stamattina ci ammonisce sono altre".
E le ha elencate in una lunga riflessione.
"In primis non aver vissuto secondo le nostre inclinazioni ma prigionieri delle aspettative degli altri - ha osservato il sacerdote - in punto di morte cadrà la maschera di pelle con la quale abbiamo creduto di esserci resi amabili e Gianni era uno che amava la vita e ha lavorato per diventare sempre più uomo, era uno che si faceva capire non con le parole ma soprattutto con i gesti. In secondo luogo aver lavorato troppo duramente, lasciandoci prendere dalla competizione, dai risultati, dalla rincorsa a qualcosa che non esisteva se non nella nostra testa, trascurando i legami e le relazioni: a volte perdiamo tempo in cose banali e ci dimentichiamo dell'essenziale, il rapporto con Dio e con chi ci sta accanto. Gianni l'aveva scoperto bene questo, perché ai suoi figli diceva sempre "con calma e bene", un modo per dire di essere attenti agli altri a fare bene le cose di tutti i giorni. Era un uomo ironico, che amava gli scherzi, e prima di andare a dormire batteva il cinque a tutta la famiglia, aveva capito che nella vita non bisogna prendersela per cose da nulla ma imparare a superare tutto con l'ironia. Per terzo rimpiangeremo di non aver trovato il coraggio di dire la verità, "ti voglio bene" o "scusa", preferendo rancori incancreniti e lunghissimi silenzi. Gianni non era un santo ma un uomo semplice che aveva imparato dalla vita l'importanza di essere veri. I figli mi hanno raccontato che lui e Antonella erano i migliori amici, dicevano le stesse cose: ecco il coraggio della verità e di non cedere alle delusioni e alle fatiche, ma dire quello che è senza paura. Quarta cosa rimpiangeremo di non aver trascorso tempo con chi amavamo, dando per scontate le persone che ci stanno accanto, come se fossimo immortali, dando la precedenza a quel che è urgente anziché a ciò che è importante. Bisogna dedicare tempo agli altri e Gianni questo lo aveva dentro, infatti era negli alpini e nell'Avis, sapeva donare. Per ultimo rimpiangeremo di non essere stati più felici: eppure sarebbe bastato far fiorire ciò che avevamo dentro e attorno a noi, non lasciandoci schiacciare dall'abitudine, dall'accidia, dall'egoismo. Gianni ha vissuto tutto con amore ma la sua forza erano non solo i figli, la moglie e le persone che amava, ma il Signore: più di una volta l'ha invocato e ha partecipato all'Eucaristia domenicale e lì lo ritroveremo vivo. Si è dimenticato di se stesso, si è donato per la sua famiglia, come ha fatto il Signore. L'amore per Gesù ha insegnato a Gianni ad essere un artigiano creativo con la propria vita, ed è questo il testamento che ci riconsegna stamattina, non fatto di parole ma di vita concreta. Il dono che possiamo fargli non è maledire la vita che ce l'ha strappato ma amare ciò che rimane a noi di questo viaggio, continuare a vivere. Da oggi ogni passo che faremo lo faremo verso di lui, andiamoci pure con le lacrime agli occhi ma senza perdere la gratitudine per il dono della sua esistenza. Grazie Gianni per il tuo esempio e perché con la tua vita ci hai mostrato un tratto dell'amore di Dio".
Presenti alla cerimonia funebre tantissimi ragazzi amici e compagni di squadra dei figli, in particolare la Usd Cividatese e la Polisportiva Calcinatese . Al termine il capogruppo degli alpini, Ulisse Martinelli, ha letto la preghiera delle Penne Nere, poi ancora un picchetto d'onore all'uscita della chiesa, accompagnato dagli applausi, prima del mesto viaggio verso il cimitero cittadino dove è stato tumulato.
Il ricordo del capogruppo: "Ha sempre avuto un forte attaccamento al gruppo"
Un colpo durissimo la notizia della scomparsa di Gianni per Martinelli, amico di famiglia di vecchia data.
"Era stato il mio vice durante il mio secondo mandato, dal 2001 al 2003 poi, con la nascita dei figli, ha lasciato ma è sempre stato parte attiva nel gruppo, sempre presente alle adunate col suo caro papà Gianfranco, che per me era come un fratello - ha spiegato - l'ho visto crescere con Antonella, veniva sempre a servire alle nostre feste. Quando ho appreso della sua morte è stato come se un freccia mi trafiggesse il cuore... Era uno dei più giovani del gruppo, faceva il muratore ma poi, a causa di problemi ad un ginocchio, aveva cambiato lavoro e aveva trovato un impiego in una ditta di Cologno dove si trovava benissimo, la mattina aveva anche modo di accompagnare i figli dove necessario perché non doveva più fare il pendolare in giro per la Lombardia. Quando abbiamo fondato il gruppo, con suo padre che era anche uno dei fautori della prima sede, lui era a militare ed è tornato apposta in licenza: ricordo che mi chiamò comandante e sorrisi. Stamattina era presente proprio il suo comandante di allora con un gruppo di commilitoni, e mi ha fatto molto piacere. Gianni ha sempre avuto un forte attaccamento al gruppo, ci mancherà moltissimo".
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