La fibromialgia, questa sconosciuta. A parlare di una patologia che in Italia colpisce milioni di persone è Elisabetta Rigamonti, di Caravaggio, che lancia un appello: “Noi malati chiediamo che venga riconosciuta come malattia invalidante così da poter usufruire di esenzioni per le cure, e che si costituiscano anche nella nostra provincia gruppi di ascolto”.
Fibromialgia: una patologia le cui cause non sono note
Una storia, quella della caravaggina, simile a quella di molte persone colpite da un male che oggi è ancora piuttosto oscuro.
“Tre anni fa ho cominciato ad accusare dolori lancinanti diffusi in tutto il corpo – ha raccontato la 61enne caravaggina – a livello di articolazioni, di nervi e anche a livello muscolare. E poi disturbi del sonno, stati d’ansia, difficoltà di concentrazione e capogiri, affaticamento e instabilità nel camminare, persino perdita di sensibilità a livello epidermico. Mi sono quindi sottoposta a molteplici visite e ho tentato diverse cure, senza però trarne beneficio: i medici parlavano di una neuropatia la cui origine però non era chiara. Alla fine, recentemente, all’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo mi hanno diagnosticato la fibromialgia, una patologia per combattere la quale oggi esistono solo terapie farmacologiche a base oppiacea e gli antidepressivi con effetti muscolo-rilassanti. Per riuscire ad eliminare almeno in parte questi farmaci è possibile ricorrere a terapie fisiche come yoga, pilates, ginnastica dolce in acqua, cicli di massaggi mielo-rilassanti, che però non tutti si possono permettere”.
Una sindrome cronica senza una causa nota quindi, e senza una cura definitiva che non è ancora inserita nei “Livelli essenziali di assistenza” (LEA) nazionali, il che ne limita l’accesso a specifiche tutele, anche se sono stati compiuti passi importanti e ci sono stati recenti sviluppi a livello legislativo e regionale.
L’appello
“Faccio parte di un gruppo nazionale su Facebook che si chiama ‘Noi come tutti’ – ha aggiunto ancora Rigamonti – tramite la quale in alcune regioni si stanno formando dei gruppi di ascolto composti da medici e malati, che sono molto utili per chi soffre di questa patologia perché permettono un confronto sulle diverse terapie e gli effetti che hanno e la condivisione delle esperienze, e soprattutto portano all’attenzione del Ministero della sanità il tema del riconoscimento della malattia come invalidante: non pretendiamo nulla gratis ma questo consentirebbe anche a noi di usufruire di esenzioni quando ci sottoponiamo a terapie farmacologiche, controlli e terapie fisiche. Purtroppo nella nostra provincia non conosco nessun gruppo di ascolto, mi piacerebbe che ne venisse costituito uno, faccio appello a medici e malati come me, aiuterebbe anche a far sentire meno sole le persone colpite da questo male, che è un tormento, ti devasta”.
La vita della 61, per anni volontaria della Croce rossa, è stata pesantemente condizionata.
“Quando ci si alza la mattina è un punto di domanda – ha concluso – e non posso guidare. Lavoro qualche ora al giorno e questo mi aiuta, e finché ce la faccio continuo”.