L’omaggio di Valter e Adele ai coniugi Martin, nel ricordo del miracolo che salvò il loro Pietro
Lo scorso sabato, a distanza di 21 anni dalla nascita del loro quinto figlio Pietro miracolato proprio dai coniugi francesi, gli Schilirò sono nella chiesa di San Bernardo
Adele e Valter Schilirò omaggiano le reliquie dei coniugi Luigi e Zelia Martin in occasione della chiusura dei festeggiamenti per il 500esimo anniversario della chiesa di San Bernardo Abate.
L'omaggio ai coniugi Martin
Lo scorso sabato, a distanza di 21 anni dalla nascita del loro quinto figlio Pietro miracolato proprio dai coniugi francesi, gli Schilirò hanno rimesso piede nella chiesa castelrozzonese per ripercorrere le tappe che hanno segnato la sua miracolosa guarigione e il conseguente processo di beatificazione e canonizzazione dei Martin che diedero i natali a Santa Teresa di Lisieux.
"Pietro è nato il 25 maggio 2002 – ha ricordato papà Valter – Fin dai primi istanti di vita, ha manifestato gravi problemi respiratori che hanno costretto i medici a intubarlo e a indagarne la causa. In attesa degli esiti della biopsia polmonare, che rivelarono poi la presenza di una grave malformazione congenita polmonare, ci fu consigliato di somministrargli il battesimo e di iniziare a pensare al funerale".
Il quadro clinico di Pietro era talmente compromesso che il 27 giugno i medici fecero correre i genitori al suo capezzale perché non erano certi che potesse superare la notte.
"In quel momento la nostra preghiera è cambiata – ha chiarito mamma Adele – Alla nascita di Pietro pregavamo il Signore di aiutarci, ma senza chiedergli direttamente la sua guarigione perché temevamo di andare contro la sua volontà. Quella notte però, siamo stati illuminati dalla consapevolezza che siamo figli di un Padre buono che avrebbe potuto guarire Pietro se solo ciò fosse stato secondo la sua volontà. Abbiamo dunque iniziato a pregare per questo tramite l’intercessione dei coniugi Martin, la cui immaginetta ci era stata donata dalla nostra guida spirituale, padre Antonio Sangalli, non tanto per la speranza di un miracolo, quanto per alleviare il nostro dolore di genitori che stavano per perdere un figlio, proprio come accaduto ai Martin per ben quattro volte".
Il miracolo che salvò il figlio
Eppure, il miracolo tanto inatteso accadde. Pietro non solo superò quella notte, ma pian piano riprese a respirare autonomamente, tanto che il 27 luglio venne dimesso. Da allora, nonostante la sordità sopraggiunta all’età di tre anni, il piccolo di casa Schilirò vive una vita sana e naturalmente devota ai coniugi Martin.
"Prima conoscevamo solo Santa Teresa, poi abbiamo imparato a conoscere i suoi genitori, con i quali è stato facile fin da subito entrare in sintonia – ha raccontato Valter – L’incontro con loro è stato per noi motivo di riflessione perché ci ha dato la possibilità di guardare al rapporto che vivevamo come sposi. Loro sono la testimonianza che il cammino verso la santità passa anche attraverso il matrimonio".
Il processo di beatificazione
Una santità che per Luigi e Zelia è arrivata soltanto nel 2015, dopo il lungo processo di beatificazione avviato proprio grazie al miracolo di Pietro e portato a termine il 19 ottobre 2008.
"Nella primavera del 2003 fu istituito un processo canonico, durante il quale furono intervistati tutti i testimoni che avevano partecipato alle cure di nostro figlio – ha precisato ancora Valter – Fu un processo molto rigoroso. Ci volle un mese per chiudere le indagini e circa cinque anni per far sì che la guarigione di Pietro fosse confermata da papa Benedetto XVI come un fatto miracoloso, opera del Signore per intercessione dei coniugi Martin".
Un autentico dono dal cielo quindi, che gli Schilirò hanno faticato a metabolizzare: "Malgrado avessimo pregato il Signore per la guarigione di Pietro, quando essa è avvenuta ci siamo sentiti sproporzionati. Era evidente che quello che il Signore aveva compiuto in nostro figlio non fosse merito nostro. Noi non siamo stati più bravi di altri genitori a pregare e a domandare il miracolo, ma se questo è accaduto è perché il Signore voleva dire qualcosa a ciascuno di noi attraverso nostro figlio, ovvero che il dolore innocente può essere trasformato e utilizzato per salvare delle anime".