Una tragica morte nei giorni scorsi ha posto fine alla vita di una giovane madre, Antonietta Giampaolo, che lascia due bimbi piccoli. E nel pomeriggio di oggi, in una Caravaggio sotto choc, si sono celebrati i funerali.
Una città ammutolita dà l’estremo saluto ad Antonietta
In un silenzio quasi surreale in mezzo a una piazza, la folla degli amici e dei parenti di Antonietta Giampaolo ha atteso l’arrivo del feretro, impietrita. Poi le porte della Parrocchiale si sono spalancate e il mesto corteo ha fatto il suo ingresso in chiesa. Occhi bassi, lacrime, sguardi smarriti, increduli. Eppure la bara chiara, coperta di fiori meravigliosi, era lì a testimoniare che era tutto atrocemente vero. A officiare il rito funebre è stato il parroco, monsignor Giansante Fusar Imperatore, che ha cercato parole di consolazione per i familiari, distrutti dal dolore, che più volte hanno ceduto allo sconforto.
“Di fronte a tragedie come questa non abbiamo parole”
Parole di ristoro per l’anima erano difficili, forse impossibili da trovare. Troppo grande e inaccettabile la tragedia, troppo lancinante il dolore per un padre affranto, che è stato accompagnato in un luogo della chiesa più appartato; per una madre inconsolabile; per i fratelli incapaci di staccare lo sguardo dalla bara. Ma il sacerdote ha indicato la prospettiva cristiana.
“Quando la morte viene a visitare la nostra comunità, e viene a prendere persone così giovani, si crea una strana atmosfera di silenzio – ha detto – quasi inavvertitamente noi parliamo sottovoce, perché di fronte a una tragedia come questa non abbiamo parole. A malapena riusciamo a comprendere la sofferenza delle persone che più da vicino ne sono state sconvolte, perché se è vero che possiamo percepirla, non possiamo invece neanche immaginare quando la morte tocca una persona amata e porta via un figlio. La morte non ha senso. Possiamo accettarla un po’ più serenamente quando arriva a chiudere lunghi anni di una vita appesantita dalla malattia, dalla vecchiaia, ma resta sempre senza senso. Per questo veniamo qui, davanti al Signore, anche se fatichiamo a credere alla sua parola: la morte è stata vinta dalla resurrezione di Cristo, non è l’ultima parola”.
“Quanto conosciamo delle persone che amiamo?”
Poi una riflessione sull’enorme angoscia nascosta nel cuore della giovane mamma.
“Per la nostra sorella Antonietta la vita è finita sulla Terra – ha confermato il sacerdote – e anche questo solleva un altro interrogativo, che pure pesa nel nostro cuore: quanto conosciamo delle persone cha amiamo, con le quali condividiamo la nostra vita? Certo possiamo dire di conoscere tanto dei nostri genitori o figli, ma quanto della nostra esistenza non comunichiamo a nessuno? Quanto sta racchiuso nel nostro cuore? E a volte pesa come un macigno… Quando riusciamo a dirlo il peso un po’ si solleva. Ma quando questa realtà non esce dal cuore diventa così insormontabile da non lasciare speranza a chi la sta portando dentro”.
Al termine del rito uno dei fratelli si chinato sulla bara per un ultimo saluto, prima di uscire dalla chiesa, dove ad attendere i familiari, stremati, c’era un’auto che ha seguito il feretro nell’ultimo viaggio, fino al cimitero.
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