“Io, invalido e costretto a vivere in comunità dopo che il tetto del mio condominio ha ceduto sotto il temporale”. La storia del pontirolese Roberto Volpi, che dopo mesi di difficoltà ha dovuto lasciare il proprio appartamento di via Gavazzi, per cui ancora paga l’affitto.
Sfrattato dal temporale, Roberto ha bisogno d’aiuto
A raccontare le proprie vicissitudini è stato il diretto interessato, Roberto. Sessantenne, abita a Pontirolo da oltre quarant’anni e, per sostenersi, può contare solo sulla propria pensione d’invalidità e su un contributo da parte della cooperativa sociale “Berakah”. Una vita umile e modesta, la sua, ma condotta con dignità almeno sino a un paio di mesi fa. “Abitavo al secondo e ultimo piano di una palazzina in via Gavazzi, dove stavo in affitto da quasi nove anni”.
Con il violento temporale di inizio luglio, però, tutto è cambiato. “In quell’occasione è venuto giù il tetto, con conseguente allagamento di camera da letto, cucina e soggiorno. Mi sono trovato con l’acqua alta all’ultimo piano, con pioggia e vento che avevano sfondato l’isolamento in lana di roccia e il cartongesso”.
Nonostante le condizioni impietose in cui si è trovato, Roberto non si è perso d’animo e, pur vivendo solo, ha cercato di fronteggiare al meglio la situazione rimanendo nell’appartamento durante i mesi di luglio e agosto. “Sono rimasto nonostante la casa fosse allagata. Da settembre, però, sono state staccate le utenze di gas e luce per via delle condizioni dell’immobile. Cosa potevo fare, a quel punto?” ha lamentato, ricordando come il condominio in cui è in affitto sia in condizioni piuttosto ammalorate. “Non è la prima volta che la pioggia sfonda il tetto – ha spiegato – Purtroppo però ognuno nella palazzina tira acqua al proprio mulino e non si vuole intervenire con una riparazione risolutiva. Quando c’è stato il temporale di luglio, l’acqua è filtrata anche nell’appartamento sotto quello in cui vivevo. Ancora oggi pago l’affitto, ma non posso vivere in quella casa”.
Con il violento temporale di inizio luglio, però, tutto è cambiato. “In quell’occasione è venuto giù il tetto, con conseguente allagamento di camera da letto, cucina e soggiorno. Mi sono trovato con l’acqua alta all’ultimo piano, con pioggia e vento che avevano sfondato l’isolamento in lana di roccia e il cartongesso”.
Nonostante le condizioni impietose in cui si è trovato, Roberto non si è perso d’animo e, pur vivendo solo, ha cercato di fronteggiare al meglio la situazione rimanendo nell’appartamento durante i mesi di luglio e agosto. “Sono rimasto nonostante la casa fosse allagata. Da settembre, però, sono state staccate le utenze di gas e luce per via delle condizioni dell’immobile. Cosa potevo fare, a quel punto?” ha lamentato, ricordando come il condominio in cui è in affitto sia in condizioni piuttosto ammalorate. “Non è la prima volta che la pioggia sfonda il tetto – ha spiegato – Purtroppo però ognuno nella palazzina tira acqua al proprio mulino e non si vuole intervenire con una riparazione risolutiva. Quando c’è stato il temporale di luglio, l’acqua è filtrata anche nell’appartamento sotto quello in cui vivevo. Ancora oggi pago l’affitto, ma non posso vivere in quella casa”.
Senza aiuti, Roberto è finito in comunità
Trovandosi in grossa difficoltà, Roberto si è trovato costretto a rivolgersi prima al Comune, e poi alla comunità “Locanda del Buon Samaritano” di Treviglio.
“Sono stato più volte in Comune a Pontirolo ma tutti han fatto orecchie da mercanti e non ho ricevuto alcun aiuto – ha raccontato – Così sono finito qui, in comunità. Non è facile per me, a questa età, trovarmi in una condizione del genere, in mezzo alla strada a sessant’anni arrangiandomi come posso. Non è semplice nemmeno adattarmi alla comunità, perché alla mia età ho i miei ritmi e abitudini, oltre all’invalidità. Sinceramente trovo inverosimile che il mio Comune non abbia nemmeno un “buco” dove io possa alloggiare, un punto d’appoggio comunale per situazioni d’emergenza come questa”.
Così, sospeso tra l’attesa di un aiuto comunale e la speranza che la situazione nella palazzina di via Gavazzi possa sbloccarsi con un intervento di riparazione – perché no – risolutivo, Roberto per ora continua a farsi forza, sostenuto moralmente anche da qualche amico e conoscente rimastogli vicino in questo momento difficile. Con l’auspicio, ovviamente, di poter tornare nella sua casa e in quello che ormai, dopo oltre quarant’anni, sente di poter chiamare il “suo” paese.