Infermieri di famiglia, 39 operatori attivi da metà novembre
L’infermiere collaborerà al monitoraggio delle persone in isolamento domiciliare e favorirà il raccordo con i servizi di prevenzione e cure primarie dell’ATS
Ultime fasi preparatorie in vista dell’attivazione dell’infermiere di famiglia e di comunità. Hanno avuto inizio martedì 6 ottobre i corsi di formazione all’Auditorium “L. Parenzan” dell’Ospedale di Bergamo. Questa nuova figura si occuperà innanzitutto di potenziare le azioni preventive al diffondersi del contagio da coronavirus.
Infermiere di famiglia
L’infermiere collaborerà al monitoraggio delle persone in isolamento domiciliare e favorirà il raccordo con i servizi di prevenzione e cure primarie dell’ATS, con i medici di medicina generale, i pediatri di libera scelta, le unità speciali di continuità assistenziale (USCA), le Unità Territoriali per l’Emergenza Sociale Covid-19 (UTES). Tra le sue attività rientrano anche l’educazione alle famiglie in merito ai comportamenti per l’isolamento e la collaborazione alla campagna vaccinale antiinfluenzale.
La formazione
L’obiettivo dei corsi di formazione rivolti ai nuovi infermieri è quello di garantire l’orientamento, l’ambientamento e l’inserimento nei contesti territoriali in cui sarà attivato il servizio. I corsi, sotto il coordinamento di Monica Casati, responsabile della formazione per la Direzione delle professioni sanitarie e sociali, sono strutturati in tre fasi. La prima fase di orientamento, già conclusa, ha avuto l’obiettivo di approfondire gli elementi caratterizzanti la figura dell’infermiere di famiglia e comunità e la declinazione di tale modello assistenziale nel contesto della ASST Papa Giovanni XXIII.
La seconda fase, di ambientamento, si articola in due settimane di formazione teorica ed esperienziale. Tra i temi approfonditi ci saranno la conoscenza dell’intero sistema di offerta dei servizi socio sanitari presenti sul territorio, la prevenzione delle infezioni e la sorveglianza sanitaria con particolare riferimento alle condizioni COVID-19, la rete di servizi e delle strutture con cui l’infermiere di famiglia e di comunità avrà una collaborazione costante. La terza fase di inserimento/attivazione consoliderà gli elementi del ruolo e di attivazione del servizio nella sua fase pilota.
Attivi nel territorio dell'Asst Papa Giovanni XXIII
Questa importante figura di riferimento per le persone, le famiglie e la comunità nei contesti territoriali è stata introdotta da Regione Lombardia con apposito provvedimento. La Direzione delle professioni sanitarie e sociali e la Direzione socio sanitaria del Papa Giovanni XXIII si sono attivate tempestivamente per il reclutamento dei professionisti idonei. Gli operatori selezionati per ricoprire il ruolo di infermiere di famiglia e di comunità sono stati individuati tra i dipendenti dell’ASST Papa Giovanni XXIII, sulla base di criteri formativi e di carriera professionale.
Al progetto hanno contribuito, per la Direzione delle professioni sanitarie e sociali, Cristina Caldara, Responsabile processi socio assistenziali territoriali e le Coordinatrici infermieristiche Anna Maria Lidani, Responsabile Coordinamento del Personale e Cinzia Prometti, Coordinatore Infermieristico del Servizio Infermieri di Famiglia e Comunità, PreSST Servizi Sanitari di continuità.
Seppur rivolta in questa fase iniziale alla gestione dell’emergenza sanitaria COVID-19, la figura dell’infermiere di famiglia e di comunità è destinata ad assumere un ruolo chiave per la presa in carico della persona: faciliterà l’accesso ai servizi socio sanitari e promuoverà la salute delle famiglie e della comunità. Attraverso la prossimità, la proattività e l’approccio multiprofessionale l’infermiere di famiglia e di comunità promuove infatti, nell’ambito territoriale di riferimento, un’assistenza di natura preventiva, curativa, riabilitativa e palliativa differenziata per bisogno e per fascia di età.
Una nuova figura chiave
La novità che questa figura introduce nel sistema socio sanitario è stata ben riassunta da Simonetta Cesa, direttore della Direzione delle Professioni sanitarie e sociali dell’ASST Papa Giovanni XXIII.
“Questa nuova funzione infermieristica a livello territoriale completa l’insieme delle figure preposte a garantire la continuità delle cure e della presa in carico assistenziale. Sostiene, attraverso il lavoro di rete, l’integrazione tra la persona assistita, la sua famiglia e i diversi interlocutori con i sistemi che costituiscono la rete territoriale. L’infermiere di famiglia e comunità rappresenta una figura chiave per agevolare la conoscenza e l’accesso ai servizi sanitari e sociosanitari e promuovere la salute e la tutela dei singoli individui, delle famiglie e della comunità. La continuità assistenziale è un obiettivo perseguito costantemente nei nostri servizi attraverso modelli organizzativi ed assistenziali sviluppati nel tempo: la centrale delle dimissioni protette istituita nel 2008, le figure di case manager sviluppatesi in particolare nell’ultimo decennio, periodo nel quale è stata anche completata e rafforzata l’organizzazione modulare dell’assistenza in regime di degenza che prevede un infermiere referente per ogni persona assistita. In questa prima fase, ovviamente, rivolgeremo in particolare le nostre attenzioni alla prevenzione e al contrasto di un’eventuale recrudescenza della pandemia sul territorio, curando da vicino i bisogni sanitari dei cittadini, in piena integrazione con la rete delle figure sanitarie e sociali dei numerosi servizi già esistenti.”
Parole di soddisfazione sono state espresse da Fabrizio Limonta, direttore sociosanitario dell’ASST Papa Giovanni XXIII.
“Ringrazio la Direzione delle professioni sanitarie e sociali ed il Servizio Risorse Umane per la rapidità con la quale hanno concluso la procedura di reclutamento degli infermieri. Un ringraziamento va anche a tutti gli operatori che hanno scelto di mettersi in gioco e di scommettere con noi su questo importante progetto. Già da novembre l’infermiere di famiglia e di comunità potrà fornire un contributo rilevante per il contrasto alla diffusione del CoViD-19 ed opererà in stretto coordinamento con i servizi sanitari e sociosanitari del Papa Giovanni, con i medici di medicina generale e con tutta la rete dei servizi sociosanitari e sociali presenti nel territorio”.