Covid-19

"Il virus era nella Bassa già a gennaio. La differenza? L'abbiamo fatta noi medici di base"

A parlare è il medico di base di Mornico Vincenzo Di Rosa, guarito dalla malattia e desideroso di tornare a lavorare

"Il virus era nella Bassa già a gennaio. La differenza? L'abbiamo fatta noi medici di base"
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Colti alla sprovvista dal virus, migliaia di medici di base in tutta la Lombardia sono stati il primo fronte falcidiato da Covid-19, che aveva cominciato a circolare ben prima di quanto i dati ufficiali non rivelino, verso la terza settimana di gennaio. Anche nella Bassa bergamasca.

Ne è sicuro Vincenzo Di Rosa, medico di base di Mornico, che  con il collega di Cividate Pietro Poidomani ha spiegato anche in tv nei giorni scorsi come con il senno del poi già a gennaio c’erano avvisaglie di quella che all’inizio sembrava un normale malanno di stagione. E hanno anche ribadito come proprio ai medici di base si debba molto della battaglia combattuta finora. Il suo paese, Mornico al Serio, sembrerebbe essere stato tra  i più colpiti dal virus nella Bassa, se si calcola la variazione della mortalità di marzo 2020 rispetto allo stesso mese degli anni precedenti. 

Entrambi i medici hanno contratto il virus.  

Quella strana "influenza" a fine gennaio

«Quest’anno la classica influenza era iniziata un po’ in anticipo rispetto al solito – ha spiegato Di Rosa – tant’è che ho registrato una sorta di “boom” a fine novembre e dicembre. Quando a gennaio, tra il 20 e il 25 di quel mese, ho iniziato a riscontrare in pazienti sintomatologie riconducibili alla classica influenza, ho pensato che la causa fosse dovuta ad una minore copertura del vaccino antiinfluenzale. Mai avrei pensato che potesse essere Coronavirus».

Il confronto con i colleghi e le casistiche comuni hanno insospettito il medico, che ormai aveva capito che la situazione era insolita.

 «Ricevevo costantemente chiamate di persone bloccate a letto con una febbre alta – ha detto – e pian piano la situazione, poco prima dello scoppio del caso Codogno, era diventata veramente drastica, poiché nel giro di pochi giorni sono deceduti sei pazienti, tutti anziani. Fatto comunque insolito, mai capitato in tanti anni di servizio».

Emergenza "gestita inizialmente in modo caotico"

A quel punto, ormai in ritardo, si era capito che ciò che affliggeva i bergamaschi era un nuovo virus. Ma allora che cosa è venuto a mancare? Un coordinamento regionale, sostiene Di Rosa.

«La situazione è stata gestita inizialmente in modo caotico – ha continuato il medico mornicese – purtroppo l’Ats non ci ha fornito indicazioni precise, né dato strumenti per la protezione. In questa crisi sono morti tantissimi medici, solo nel nostro territorio si contano 6 medici di base deceduti. Anche io mi sono ammalato, il 30 di marzo. Sono stato ricoverato all’ospedale di Seriate, ma fortunatamente ce l’ho fatta e a metà aprile sono tornato a casa. Adesso sono in attesa che il tampone dia esito positivo, poiché come è intuibile sono ancora in stato di quarantena. Non vedo l’ora di tornare al lavoro per ricominciare a fare la mia parte».

Di Rosa lo sottolinea: la medicina di territorio ha risposto eccome all’emergenza ed ha giocato un ruolo fondamentale per il contenimento del virus.

«Non si dica che il territorio non ha risposto correttamente – ha ribadito Di Rosa – anzi, se la situazione è diventata più rosea e le terapie intensive si sono svuotate è merito dei medici di base, anche. Questo perché pian piano siamo riusciti a migliorare la cura, confrontandoci con approcci differenti».

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