Il mondo del ciclismo ha detto addio a Giancarlo Mazza
Ottantaquattro anni, storico direttore sportivo che nella sua lunga carriera ha scoperto diversi ciclisti poi passati al professionismo
Il mondo del ciclismo venerdì scorso ha dato l’estremo saluto a Giancarlo Mazza, 84 anni, storico direttore sportivo che nella sua lunga carriera ha scoperto diversi ciclisti poi passati al professionismo. Originario di Treviglio, ma residente da anni a Casirate, Mazza è morto giovedì scorso a causa di un ictus. Lasciando nel dolore la moglie Rosa Manenti, il figlio Marco e tanti appassionati e "addetti ai lavori" del mondo delle due ruote.
Addio a Giancarlo Mazza
"Giancarlo da giovane lavorava con il padre nella fonderia di famiglia in via Bergamo, a Treviglio. Quando il padre è venuto a mancare, dopo qualche anno, ha chiuso l’attività ed ha aperto un negozio di articolo sportivi, principalmente legati al ciclismo, in via Pontirolo con la moglie Rosa - lo ha ricordato Angelo Assanelli, vicepresidente della Ciclistica Trevigliese e memoria storica del ciclismo dilettantistico della Bassa -. La sua carriera come direttore sportivo nel ciclismo è cominciata negli anni ‘70 a Treviglio con l’Audax e poi con il Pedale Sportivo Trevigliese di cui è stato il direttore più vincente in quegli anni, conquistando anche una Coppa Adriana. Fu lui a scoprire tra i dilettanti Silvestro Milani, passato poi professionista nei prima anni ‘80. Poi come direttore sportivo ha militato in numerose società".
Il cordoglio della Ciclistica Trevigliese
Mazza, come direttore sportivo, è salito a bordo delle ammiraglie di società come la "Stezzanese-For 3", la "Schivardi-Colombina", la "Fenice-Pagnoncelli", la "Fiorenzo Magni Boltiere Flanders Love" e per ultimo con la "Ciclistica Trevigliese" con la quale ha collaborato sino al 2019. Nella sua lunga carriera, tra i team dilettanti, ha scoperto e lanciato tra i professionisti giovani ciclisti come Giovanni Fidanza, Angelo Lecchi, Fabrizio Nespoli, Mauro Radaelli, Giuseppe Pagnoncelli e Kevin Colleoni, giovane professionista in attività.
"Giancarlo era “malato” per i giovani, li seguiva sulla ammiraglia negli allenamenti e durante le gare - ha concluso Assanelli -. Già ai tempi aveva idee innovative, come quella di utilizzare i cardiofrequenzimetri per tenere monitorato l’affaticamento degli atleti. Lascia nel ciclismo trevigliese e lombardo un grande vuoto".