«Il mio ospedale mi ha salvato la vita» - TreviglioTv
Le hanno diagnosticato e curato un raro tumore surrenale: un caso ogni 2 milioni.
Nadia Tombini, estetista 33enne di Fontanella, con negozio a Caravaggio, cinque anni fa, aveva una strana febbre. Saliva fino a 39, per tre giorni. E poi spariva, per poi tornare ciclicamente. Non lo sapeva ancora che non era influenza, ma un raro tumore, che colpisce solo un italiano ogni 1-2 milioni, e uccide di solito nove pazienti su dieci. Comincia così la storia di una ragazza tranquilla e solare, che ti accoglie nel suo salone di bellezza in via Vicinato, a Caravaggio, con il sorriso di chi se l’è vista brutta senza perdere il coraggio, mai. E oggi, che quell’incubo si può finalmente dire finito, vuole soprattutto ringraziare chi gli ha restituito un’esistenza normale.
Due anni di terapia oncologica quotidiana, alla quale Nadia ha risposto con una contromedicina micidiale: il lavoro. «Ho reagito bene fin da subito, il mio salone è stato più efficace di qualsiasi terapia psichiatrica - ha continuato - Ho lottato fino al 5 agosto del 2014: l’ultima compressa. Ero incredula, quando l’ho inghiottita». Inutile dire che non era del tutto finita: la rimozione della ghiandola ha portato una complicazione , il morbo di Addison, che talvolta la riporta in Pronto soccorso. «Ormai sono un po’ di casa anche lì, e sono tutti fantastici. Quel che conta è che sono viva, e ho una vita normale» spiega Nadia, con un sussulto di commozione. Alle spalle ha avuto cinque anni di malattia. Un tumore micidiale, un’operazione difficile e una terapia pesante. Ma non ha perso il sorriso. «Dal tumore si guarisce, chi scopre di averlo non deve perdere la forza e la speranza - spiega - Esistono malattie rare, sì. Ma si possono curare e si possono curare anche all’ospedale di Treviglio». Teatro, ancora una volta, di una storia a lieto fine. «Spesso si parla di sanità solo quando è malasanità, ma a me non poteva andare meglio: ho conosciuto medici, infermieri, operatori fantastici, che lavorano tenendo la persona al primo posto - ha continuato Nadia - E’ a loro, al mio ospedale, che devo la vita. Non posso che ringraziare ognuno di loro».
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