Treviglio

Il Covid, un anno dopo: così Francesca Intra ha vinto la sua battaglia

Storie di sopravvissuti: i primi contagiati, quando ancora il virus sembrava una barzelletta.

Il Covid, un anno dopo:  così Francesca Intra ha vinto la sua battaglia
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«Non capivo cosa stesse succedendo, del Covid avevo sentito parlare a mala pena in televisione, ma quando stavo per salire sull’ambulanza mi sono voltata per guardare la mia casa e ricordo di aver pensato “io qui non ci tornerò più”».

Francesca Intra, una delle prime contagiate a Treviglio

Sono momenti che restano scolpiti nella memoria di quanti, durante l’ultimo anno, hanno affrontato sulla propria pelle la battaglia contro il Coronavirus.
Tra loro c’è anche Francesca Intra, 62 anni, trevigliese, una delle prime persone nella Bassa a essere ricoverata per Covid. Il virus, ora lo sappiamo, circolava da molti mesi ormai, ma l’odissea di Francesca è iniziata proprio in quei giorni concitati dopo la scoperta, a Codogno, del paziente 1. Se oggi può raccontare la storia è perché la sua battaglia l'ha vinta.

Il Covid-19, un anno dopo: storie di sopravvissuti

Un anno dopo, Francesca, madre e nonna determinata a vivere con il sorriso, può raccontare la sua esperienza fatta di attimi di puro terrore, di incubi, di sofferenza, ma anche di gioia e gratitudine per i medici e gli infermieri che le hanno salvato la vita.

«E’ iniziato tutto il 18 febbraio dello scorso anno – racconta – non sapevo cosa avessi, pensavo a un’influenza, ma la febbre continuava a salire fino a 40, facevo fatica a respirare ed ero stanchissima. Il medico mi ha visitato a casa, Tachipirina e antibiotico, ma continuavo a peggiorare. In quella settimana avevo smesso di mangiare e bere, non avevo più il senso dell’olfatto».

Nessuno sapeva niente...

In quei giorni, però, Francesca non ha mai pensato di aver contratto il Covid. Dopotutto, in Italia, gli unici due casi positivi accertati riguardavano la coppia cinese a Civitavecchia.

«Il 24 febbraio avevo ancora la febbre, la tosse, mi girava la testa, a quel punto il medico mi ha consigliato di chiamare il “112” e così ho fatto – ricorda la 62enne – Sono uscita sulle mie gambe, ma ricordo perfettamente di essermi voltata a guardare il mio palazzo prima di salire sull’ambulanza e di aver pensato “io qui non torno più”».

Poi è arrivato il peggioramento. Il ricovero e le settimane di semi incoscienza. Il C-PAP e l'ossigeno per restare in vita.

«E’ stato molto strano – spiega – mi avevano sedata ma ricordo che sentivo dei rumori, ricordo di aver visto una persona sul letto coperta da un lenzuolo. Probabilmente erano tutti incubi perché a un certo punto passavo dal sognare prati verdi sterminati al vedere mucchi di cadaveri uno sull’altro. E’ stato orribile».

Leggi l'intervista completa sul Giornale di Treviglio oppure QUI sullo sfogliabile online

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