L'operazione

Frode fiscale e autoriclaggio, arrestati due fratelli imprenditori bergamaschi

Frode fiscale e autoriclaggio, arrestati due fratelli imprenditori bergamaschi
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Due fratelli imprenditori bergamaschi sono stati arrestati in queste ore dalla Guardia di Finanza di Milano, accusati di frode fiscale e auto-riciclaggio: tramite società cartiere, questa l'accusa, avrebbero costruito un sistema per accumulare illecitamente ingenti crediti fiscali che poi finivano conti correnti off-shore a beneficio degli stessi indagati e di loro attività, in Italia e all'estero, destinandole anche all’acquisto di beni di lusso. Contestualmente, è stato eseguito anche un sequestro preventivo per ottanta milioni di euro.

A eseguire l'ordinanza sono stati gli uomini delle Fiamme gialle milanesi, coordinati dalla Procura a seguito di una lunga indagine svolta dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza di Milano insieme ai colleghi dell'analoga forza dell'ordine svizzera.

In casa 5 milioni di euro tra contanti, orologi, diamanti e oro...

Durante la perquisizione domiciliare eseguita nel giugno 2022 nella villa di uno dei due imprenditori, il cash-dog “Grisby” del Gruppo della Guardia di Finanza di Linate segnalò una specifica porzione di parete all’interno di una cantina ricoperta di pannelli di legno. Dietro, si celava un vero e proprio caveau, protetto da una porta blindata con codice d’accesso.

All’interno i militari hanno ritrovato, e poi posto sotto sequestro, oltre 2,58 milioni di euro in contanti, oltre a 40 orologi di varie marche internazionali di lusso, diamanti, gioielli, lingotti, oltre 2.600 monete d’oro e d’argento per un valore totale di circa 5 milioni di euro.

Riciclaggio per terzi

L’attività di riciclaggio, inoltre, veniva proposta dagli indagati anche nell’interesse di imprenditori terzi (al netto di un compenso del 30-40% dell’importo da reimpiegare) attraverso un collaudato sistema di false fatturazioni mirate al trasferimento finanziario del provento illecito. Uno dei due fratelli si avvaleva della collaborazione di un sodale dedito al reperimento degli amministratori di diritto delle società coinvolte: prestanome titolari di conti correnti e società in diversi Paesi dell’Est Europa.

Volevano investire nel caffé

Dagli sviluppi investigativi è inoltre emerso come i due facessero girare valore in modo impressionante: uno dei due indagati, avvalendosi delle consulenze qualificate di professionisti di fiducia, aveva investito circa ottanta milioni nello sviluppo di un progetto industriale per la realizzazione di macchinari per la produzione di capsule per caffè, facente capo ad una società svizzera riconducibile al “dominus” del gruppo, ma anche in altri investimenti nel settore energetico. Aveva inoltre acquistato una villa in Svizzera, del valore stimato di oltre 2 milioni e mezzo di euro.

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