Forza fragile, storie di donne discriminate al lavoro
Le storie di mamme e lavoratrici che si sono scontrate con abusi, violenze e mobbing: la Fisascat Cisl ora scende in campo con uno sportello anti discriminazione.
Forza fragile, storie di donne discriminate al lavoro. In provincia di Bergamo sono circa 200mila le donne che lavorano. Una donna su tre riceve atteggiamenti discriminatori: nel mondo del lavoro questa emergenza riguarda quasi 70mila lavoratrici, un vero e proprio esercito, spesso senza armi per potersi difendere.
Forza fragile, un'iniziativa targata Cisl
Una condizione amplificata dalle percentuali di dirigenti maschi in rapporto alla quota femminile: una situazione di inferiorità che porta sempre più spesso a “sopportare”, “tollerare” e sicuramente subire il ricatto della violenza (verbale, fisica, psicologica) per paura di perdere il lavoro e la conseguente sicurezza economica.
“Di fronte ai ripetuti episodi di violenze nei luoghi di lavoro nei confronti soprattutto di donne – ha detto Alberto Citerio, segretario generale di Fisascat Cisl Bergamo - il sindacato non può sottrarsi dal prendere posizione contro questa triste consuetudine". Fisascat Cisl, la categoria sindacale del lavoro privato più femminile della provincia, ha deciso di farsi carico del problema: lo fa con “Forza Fragile”, uno spazio anti discriminazioni che ha avviato in sordina la sua attività nei giorni scorsi, letteralmente esplodendo con il caso delle ragazze del bar di Bergamo, protagoniste di una storia di violenza e mobbing.
Imprese bergamasche sotto la media regionale
A Bergamo l’incidenza dell’occupazione femminile rispetto alla popolazione attiva è del 57,2%, contro il 78,6% maschile, e il settore del commercio a Bergamo è un’isola a maggioranza femminile.
Nelle imprese bergamasche, le donne sono rappresentate marginalmente tra i dirigenti (6.5%) e i quadri (12.5), peggio che nella media regionale (9 e 19%), mentre mantengono un certo equilibrio tra impiegati e operai.
Nel settore terziario e del commercio questo gap va allargandosi a vista: tra commercio, turismo e pulizie, infatti, in un campione rappresentativo analizzato dalla FISASCAT a Bergamo, le donne sono il 74% del totale dei dipendenti. Ebbene, nei livelli contrattuali più bassi, la quota femminile sfiora il 90% (è il caso del turismo, con l’86,7%), ai livelli medi la loro presenza scende fino al 50-60%, e a quelli apicali il 95% di presenze dietro le scrivanie lo rappresentano gli uomini.
Sportello attivo ovunque
“Forza Fragile” sarà uno sportello attivo in ogni recapito Fisascat, senza orari e senza operatori fissi: a ogni scrivania del sindacato si troverà gente attenta e pronta a ascoltare, oltre che a individuare forme e strumenti per garantire legalità e rispetto per ogni persona discriminata”.
“Siamo fermamente convinti – ha detto Corinna Preda, delegata Fisascat e “anima” dell’operazione - di dover entrare in rete con tutti quei partner e associazioni che da sempre sul territorio bergamasco si occupano di violenza di genere e aiutano le donne a vincere la paura, a denunciare e a ricominciare a credere nel proprio futuro”.
Fenomeno da fermare
Una vera e propria cultura di genere nelle aziende non c' è e l' approccio è ancora tendenzialmente maschilista. Ricatti sessuali, molestie e addirittura stupri, sono perpetrati per il 40% da colleghi, per il 30% da superiori e il 90% delle donne non denuncia (indagine per expotraining 2017). In Italia sono circa 1 milione le vittime del mobbing. Su 21 milioni di occupati, il fenomeno è più presente al Nord (65%) e colpisce maggiormente le donne (52%) (Dati Ispel 2001).
Gloria con un figlio disabile non è più la "benvenuta"
Gloria è una mamma rientrata al lavoro, un bar del Centro Commerciale "Le due torri" di Stezzano, dopo due maternità, una delle quali, purtroppo, conclusasi con la nascita di un figlio disabile. Al rientro ha ottenuto i permessi della legge 104, ma ha da subito dovuto scontrarsi con il titolare che ha da subito messo in chiaro che lei non era più “benvenuta”. Costui ha messo in atto una serie di azioni, come modificarle la mansione, non fornirle un orario rispettoso del suo part time, e manifestando un comportamento discriminatorio rispetto ai colleghi e colleghe, negandole pure l’accesso in diverse occasioni quando lei aveva deciso di rientrare dopo la maternità.
Dopo numerosi scontri, il rapporto si è concluso con le sue dimissioni e un accordo di conciliazione.
Anna cerca un figlio, ma trova uno stalker
Anna è una lavoratrice che da anni tenta di vivere l’esperienza della maternità. Purtroppo tutti i tentativi , compresa l’inseminazione artificiale, sono risultati tutti negativi.
Anna è in corsia impegnata nelle sue mansioni. Un tizio gli si avvicina, guardandola con insistenza, la supera e si allontana. Poco dopo torna e appoggia sopra un bancone vicino a lei un fazzoletto, che si scopre sporco di liquido seminale. La caporeparto (donna), messa al corrente dell’accaduto, si limita a esclamare: “Dai…forse è la volta buona che rimani incinta!”. Anna comunque denuncia l’accaduto all’autorità competente: si stabilisce di prevedere dei turni di sorveglianza in borghese con orari e giorni doversi.
Il caposettore (uomo) si spazientisce per i continui sopralluoghi dei poliziotti e apostrofa Anna, urlandole “dì al rompicoglioni di smettere di disturbarti….perché sei qui a lavorare!”
A questo punto, Anna segnala la vicenda in azienda, che interviene inviando una mail richiedendo riscontri sui fatti segnalati, e successivamente richiedendo ai responsabili sensibilità negli atteggiamenti. La reazione di caporeparto e caposettore è stata quella di minimizzare l’accaduto, ribaltando su Anna e sulla sua presunta alterata sensibilità una percezione dei fatti superiore al reale….contribuendo ulteriormente alla vessazione di Anna….
Roberta fa un buon lavoro, ma il merito è della scollatura
Roberta lavora, assunta, per una agenzia immobiliare. Al rientro da un giro con un cliente, comunica di aver raggiunto l’accordo per la vendita di un’abitazione: una sola visita e prezzo senza sconti. “Sarà stato per la scollatura e magari per qualcos’altro”, dice il titolare dell’agenzia, lusingato da tutti gli altri che ridevano come se fosse uno scherzo.
Alessia è mamma ma vuole lavorare, che fatica al colloquio...
Alessia è una donna di 31 anni, mamma da circa 10 mesi. Ha lasciato il lavoro quando è andata in maternità e quando la figlia aveva circa 6 mesi ha iniziato a cercare un nuovo impiego. Il primo colloquio è durato circa 30-40 minuti, 10 dei quali a parlare delle mie esperienze lavorative passate e il resto a rispondere a domande tipo: Pensa di poter lavorare full time? Voglio dire con una figlia… Crede di riuscire a reggere il carico di lavoro? Ha già pensato a come organizzarsi con la bambina? Ha nonne o zie che le possono dare una mano se la bimba è malata? E in casa ha già pensato a come organizzarsi?