Droga via whatsapp: nove indagati a Treviglio - VIDEO
Ecco come funzionava la "rete" sgominata dai carabinieri di Treviglio. Nei guai sono finite anche due donne. Droga ordinata via whatsapp
Spacciavano nei bar. Gli ordini? Via whatsapp. Stamattina i Carabinieri della Compagnia di Treviglio guidati dal capitano Davide Onofrio Papasodaro hanno sgominato una banda di nove persone, che avevano messo in piedi una rete di spaccio radicatissima in città.
Dieci perquisizioni, nove indagati
I militari dell’Arma, una trentina in tutto, con l’ausilio delle unità cinofile del Nucleo di Orio al Serio, hanno eseguito una decina di perquisizioni. Nove in tutto gli indagati, sette marocchini con un’età compresa tra i 20 ed i 50 anni, oltre a due italiane 30enni.
I magrebini avevano attivato una fitta rete di spaccio di sostanze stupefacenti sulla piazza di Treviglio, ma non solo. Anche i comuni di Medolago, Terno d’Isola, Calusco d’Adda, Bonate Sopra, Chignolo d’Isola e Casirate d’Adda erano piazze seguite ed occupate dal gruppo criminale che trafficava in prevalenza in cocaina, ma anche in hashish.
Spaccio nei bar: ordini via Whatsapp
Lo spaccio avveniva per strada, nei giardini pubblici ma anche in bar del centro di Treviglio. Il nome dell’operazione “Whatsapp 2017” deriva dal fatto che gli ordinativi venivano fatti dagli acquirenti sia di persona che tramite la nota chat.
Alcune decine i clienti, di estrazioni diverse e trasversali, quasi tutti comunque insospettabili e con uno stile di vita apparentemente “normale”, testimonianza, questa, di come il consumo di droga nella Bassa Bergamasca sia purtroppo estremamente diffuso ed anche differenziato. La base operativa era in città. Una dosa di cocaina costava circa 50 euro al dettaglio.
Nei guai anche due donne
Nell’indagine articolata sviluppata in circa 4 mesi sono state appunto indagate anche due italiane, conoscenti e fidanzate di alcuni soggetti del gruppo criminale disarticolato. Alle due donne sono state contestate dalla Procura della Repubblica di Bergamo i reati di favoreggiamento personale e reale, per aver difatti cercato di aiutare gli “spacciatori” eludendo le indagini degli inquirenti, tentativo evidentemente non riuscito.
A uno dei marocchini indagati è stata anche contestata la tentata estorsione continuata per aver mediante minacce di morte cercato di recuperare un preteso compenso per una partita di cocaina ceduta da altri soggetti.
Solo due in carcere
Due dei nove sono ora in carcere, altri sono stati invece colpiti dal divieto di dimora da Bergamo e provincia. Altri invece sono rimasti a “piede libero”.
Anche durante le perquisizioni sono stati recuperati diversi grammi di cocaina ed hashish, a riscontro ulteriore quindi dell’impianto accusatorio raccolto.