Covid-19, l'emergenza nella Bassa è costata 1140 posti di lavoro tra marzo e aprile
I lavoratori più colpiti sono quelli più precari: le professioni del commercio, e in generale le donne, i giovani e gli stranieri.
Sono seimila i posti di lavoro già persi in provincia di Bergamo dall'inizio dell'emergenza Covid-19. E' impressionante la fotografia scattata dall'Osservatorio del territorio e del lavoro - Settore Sviluppo della Provincia di Bergamo, che venerdì ha pubblicato i dati sulle comunicazioni di assunzione e cessazione dei rapporti di lavoro in provincia di Bergamo a marzo e aprile di quest'anno.
Seimila assunzioni in meno rispetto allo stesso bimestre 2019
Dal momento che è in vigore il blocco dei licenziamenti legato alla Cassa integrazione d'emergenza, l'effetto della crisi lavorativa si sente soprattutto nel mancato rinnovo dei contratti temporanei e nel crollo delle nuove assunzioni. Il "turnover" della forza lavoro bergamasca sembra essere "congelata". E, prevedibilmente, i lavoratori più colpiti sono quelli più precari: le professioni del commercio, e in generale le donne, i giovani e gli stranieri.
Treviglio e Romano; saldo negativo per 1140 posti
Nella Bassa in particolare, il saldo negativo tra le assunzioni e le cessazioni rispetto a marzo/aprile 2019 è stato rispettivamente di 244 e 896 posti, secondo le rilevazioni nelle rispettive aree dei Centri per l'impiego. In totale, stanno lavorando 1140 persone in meno.
Assunzioni crollate: mai così male come quest'anno a Bergamo
Guardando ai dati generali della provincia, "nel mese di aprile 2020 le assunzioni sono state 3.707, il 68,7% in meno rispetto ad aprile 2019, il valore più basso dell’intera serie storica (disponibile dal 2009) e le cessazioni 7.339 in calo tendenziale del 28,7%" spiega l'Osservatorio.
"Ne risulta un saldo negativo mensile di 3632 posizioni lavorative (contro il +1.556 di aprile 2019), in ulteriore peggioramento sul risultato già negativo (-2.743) di marzo 2020".
Scendono anche le cessazioni: perché?
La contrazione delle posizioni di lavoro dipendente è dovuta al crollo delle nuove assunzioni e alle mancate trasformazioni dei contratti temporanei, stagionali o in prova.
Per contro, il blocco dei licenziamenti e il massiccio ricorso alla Cassa Integrazione "stanno tutelando i posti di lavoro “standard”, in genere a tempo indeterminato".
I settori più colpiti
"Il crollo delle assunzioni e il saldo negativo dei movimenti riguardano tutti i settori economici con l’eccezione dell’agricoltura, che impiega tuttavia un numero ridotto di lavoratori dipendenti. Il saldo negativo nelle costruzioni è stato ad aprile 2020 pari a -346 (-551 a Marzo 2020), nell’industria - 1.228 (-947 il mese prima) e nel commercio e servizi -2.237 (- 1.417 a marzo 2020).
Ristorazione, impiegati generici, ma non solo
Lo spaccato per professione, in molti casi riconducibile al settore economico, conferma il crollo degli avviamenti nella ristorazione (-84,3% sul bimestre del 2019), in diverse professioni del commercio e dei servizi (risultano azzerate per il personale non qualificato nei servizi ricreativi e culturali), tra gli impiegati generici ma anche nei profili più specialistici dell’industria e delle costruzioni.
Le donne più colpite degli uomini, giovani -56,2%
La componente femminile registra un calo più accentuato di quella maschile nelle nuove assunzioni (-51,2% contro -48,9%) e una minore riduzione delle cessazioni (-9,6% contro -18,4%). Lo stop delle nuove assunzioni, in specifico come già detto per i contratti di apprendistato e a tempo determinato, penalizza per definizione la componente giovanile: al di sotto dei 30 anni il calo tendenziale è del 56,2%, via via minore nelle classi di età maggiori.
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