Case di riposo, quando il virus entra è una strage: i casi nella Bassa INTERVISTA
Le denunce dei dirigenti: manca personale e dispositivi di protezione. E in molte strutture la mortalità è aumentata nettamente.
Il Coronavirus corre nelle corsie delle case di riposo e questi sono giorni di fuoco, veri e propri focolai in cui ospiti spesso affetti da patologie pregresse finiscono per infettarsi. Contagi che spesso si trasformano in decessi, una vera e propria strage silenziosa.
I numeri delle Rsa
Sono 6140 i posti in Casa di riposo autorizzati in provincia di Bergamo nel 2020, nella stragrande maggioranza dei casi tutti occupati. Solo nella Bassa sono quasi mille, in tredici Rsa. La Rsa «Anni Sereni» dei Comuni di Treviglio, Caravaggio e Fara d’Adda è la più grande della zona e stando a quanto dichiarato settimana scorsa dal presidente Augusto Baruffi, la situazione è relativamente sotto controllo.
"Stiamo andando avanti tra mille difficoltà - ha sottolineato il presidente Augusto Baruffi - Come noto scarseggiano i dispositivi di protezione di cui abbiamo assoluto bisogno". Mentre ci sono diversi dipendenti in malattia, tra gli ospiti la mortalità è soltanto leggermente superiore alla media, sostiene il presidente. "Al momento non sono numeri preoccupanti. Ribadisco: stiamo tenendo sotto controllo la situazione e l’allerta è sempre alta".
Non si può dire lo stesso di diverse altre case di riposo della zona, da Cologno a Calcio e Covo.
Dramma nella Bassa orientale
A Cividate ci sono stati cinque decessi in casa di riposo in un solo fine settimana. Al Vaglietti di Cologno, settimana scorsa si registravano già nove decessi solo nel mese di marzo, quando nel 2019 le morti registrate erano state complessivamente 18.
A Vailate una situazione drammatica
Una situazione drammatica, quella della struttura di Vailate, nel vicino Cremasco, che vede il personale al lavoro senza sosta, nonostante manchino gli interventi delle Asl territoriali in sostegno di questa e altre strutture. E al tempo stesso, purtroppo, molte vittime.
"Stiamo soffrendo maledettamente - ha commentato il presidente Mario Berticelli - Il nostro personale dà l’anima e tiene duro ma possiamo contare solo sulle nostre braccia. Sono certamente gli ospedali quelli che sopportano il maggior peso della situazione, salvano la vita delle persone, anche giovani, e vivono i disagi della terapia intensiva, ma si stanno dimenticando che c’è un mondo che è meno visibile, ma che esiste. Noi non possiamo contare sulla Protezione civile e sull’esercito. Normalmente avremmo a disposizione i volontari, ma fin dall’inizio dell’epidemia abbiamo deciso di ridurre gli accessi, evitando l’ingresso a chiunque non fosse del personale".
Come noto, infatti, in questa situazione nemmeno i parenti possono entrare in contatto con i propri cari per evitare il rischio di contagio. Le case di riposo sono uno dei fronti di questa emergenza e con la carenza di mezzi a disposizione non è possibile adottare strategie di rafforzamento dei programmi di prevenzione.
Mancano mezzi e personale
"La mancanza di mezzi non è solo materiale, ma anche di personale - ha proseguito Berticelli - Abbiamo anche delle assenze per malattia a cui provvedere con la copertura dei turni scoperti, senza caricare le persone di lavoro, perché in questo momento, considerato anche lo stress della situazione, il limite di resistenza si abbassa. Tuttavia, non possiamo non presidiare, non siamo un’azienda che può permettersi di chiudere un’ala della struttura, dobbiamo garantire il servizio perché nei reparti ci sono le persone".
Personale in quarantena
Il virus non si limita a far vittime fra gli anziani ma sta colpendo il personale, contagiato o in quarantena. "Un po’ difficile fare la distinzione fra decessi che potrebbero essere dovuti a causa naturale o influenza rispetto a quelli per Covid 19 - ha concluso - Un incremento dei decessi tuttavia c’è stato, inutile nasconderlo. Potrebbero imporci di accogliere dei malati e sarà così lo faremo, ma dobbiamo avere personale sufficiente, siamo in difficoltà".
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