Cronaca

Addio al decano Abramo Mora, aveva 102 anni: una vita tra lavoro, la guerra e il sogno di Zingonia

Martedì pomeriggio nella chiesa parrocchiale dei Santi Marco Evangelista e Martino Vescovo di Ciserano la comunità gli ha dato l’estremo saluto

Addio al decano Abramo Mora, aveva 102 anni: una vita tra lavoro, la guerra e il sogno di Zingonia

(nella foto Mora con la sindaca Caterina Vitali nel giorno del suo centesimo compleanno)

Forte cordoglio a Ciserano per la scomparso, sabato scorso, del decano Abramo Mora che il 3 settembre aveva compiuto 102 anni. Se ne va una memoria storica del ‘900 che ha vissuto sulla sua pelle la dura esperienza della guerra mondiale e della resistenza ai fascisti e ai nazisti tra le fila partigiane, ma ha visto anche la nascita del progetto di Zingonia quando, negli anni ‘50, si era impegnato in politica, diventando per otto anni consigliere comunale e assessore.

Addio al decano Abramo Mora

Martedì pomeriggio nella chiesa parrocchiale dei Santi Marco Evangelista e Martino Vescovo di Ciserano la comunità gli ha dato l’estremo saluto, stringendosi nel cordoglio ai figli Maurilio e Giuseppe, alle nuore Pinuccia e Maria, ai nipoti Marco e Andrea, e a tutti i familiari.

“Il sindaco, la Giunta e tutta l’Amministrazione comunale esprimono le condoglianze ai famigliari e intendono condividere un ricordo del decano di Ciserano, scomparso oggi all’età di 102 anni – ha postato sui suoi social ufficiali il Comune di Ciserano – Lo ricordiamo con la foto scattata lo scorso Natale, al momento dello scambio di auguri portati dal Sindaco. Sul volto la sua famosa espressione sempre allegra. Classe 1923, ha vissuto l’esperienza della guerra e della resistenza contro i fascisti e i nazisti tedeschi. Nella sua lunga vita, è stato anche consigliere comunale/assessore negli anni ‘50, esperienza di cui ricordava ancora tantissimi dettagli tra cui il primissimo incontro con Zingone, che poi costruì Zingonia. Ciao Abramo…!”.

Una vita tra lavoro, guerra e impegno civico

In occasione del suo centesimo compleanno il decano di Ciserano aveva aperto la scatola dei ricordi per un’intervista al nostro Giornale. A partire da quando, ancora bambino, dopo la prima elementare si trovò costretto ad abbandonare la scuola per aiutare il padre andando a lavorare nei campi. Negli anni successivi, vissuti tra Ciserano e Milano ospite di una zia, svolse diversi lavori: l’aiuto muratore, il fruttivendolo, il garzone di una bottega di gastronomia sino a quando, grazie all’intercessione della zia, riuscì ad entrare in fabbrica, alle Acciaierie Falck di Sesto San Giovanni dove lavorò sino alla pensione. A 19 anni, la chiamata alle armi. In tempo di guerra Abramo venne inviato a Pisa, in Fanteria, e poco dopo, sempre in Toscana, come guardia a un campo prigionieri.

“Una notte il colonnello ci disse che l’Italia ormai era in mani tedesche e di aprire i cancelli per lasciar scappare i prigionieri e scappare pure noi – aveva raccontato – Lo abbiamo fatto e sono riuscito a tornare a casa, a piedi. Ma qui eravamo ricercati. Ci chiamavano “sbandati” e una domenica, con la scusa di un pranzo gratis, ci hanno radunato e catturato. Ci hanno portato in stazione a Treviglio e caricato su vagoni bestiame diretti a Vercelli. Quando siamo arrivati, quella notte, sono riuscito a scappare e sono tornato di nuovo a casa, a piedi”.

Si unì ai partigiani, facendo la “staffetta” per portare messaggi, ma venne catturato insieme ad un altro ragazzo di Ciserano, portato in caserma a Osio e picchiato per farlo parlare.

“La nostra fortuna è stata quella di incontrare proprio lì in caserma un signore di Ciserano che era venuto a reclamare il carro pieno di patate che avrebbe dovuto consegnare e che gli era stato sequestrato – aveva ricordato alla nostra giornalista – Ci ha visto e riconosciuto e ha garantito che fossimo bravi ragazzi, che vendevano gli stracci. Ci hanno portato a Vidalengo per stare di guardia, ma sono scappato anche da lì e non mi hanno più visto fino alla fine della guerra”.

Testimone della nascita di un sogno

Aveva ricordi ancora vivissimi e, una volta ritornato finalmente a casa, l’11 aprile 1953 sposò Lucia Carioni da cui ebbe i due figli Giuseppe e Maurilio. Negli anni ‘50 Mora decise di impegnarsi in politica restando in Amministrazione per otto anni come consigliere e assessore. Erano gli anni della nascita di Zingonia, un sogno che aveva stregato tutti, visionario e ambizioso e il decano lo visse in prima persona.

“Quella sera eravamo in Comune e bussano alla porta un ingegnere e un geometra mandati da Zingone – aveva raccontato ancora l’allora centenario, rivangando nei cassetti della memoria – Ci avevano spiegato le loro intenzioni e chiesto di far sapere alle famiglie, intenzionate a vendere i terreni che si trovavano a cavallo tra i vari paesi, che li avrebbero pagati il doppio. L’indomani lo dicemmo al parroco che ne parlò a messa e poco dopo in paese non si parlava d’altro. Qualcuno si presentò subito, qualcun altro ci mise un po’ di più, ma il progetto partì. Ricordo quando lo conobbi a Milano, ci portarono a pranzo in Galleria, quello che voleva realizzare era inimmaginabile, eppure, lo fece”.