Addio a Carmelo Ameduri, una vita dietro il bancone
Con la moglie Teresa Ninarello aprì il bar della stazione ferroviaria della frazione caravaggina, che gestì per 30 anni
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Da Locri a Caravaggio, per costruirsi un futuro migliore. E ce l’ha fatta Carmelo Ameduri, che si è spento domenica 26 gennaio a 90 anni, lasciando in eredità ai figli la casa e tanti bellissimi ricordi legati a una vita di lavoro e sacrifici - in una Bergamasca che allora ancora diffidava della gente del sud, e ci fu chi non gli affittò una camera e chi non gli vendette una tv - ma anche di gioie e soddisfazioni, dietro al bancone del bar della stazione di Vidalengo che aveva gestito per 30 anni.
Dalla Calabria a Caravaggio
In paese se lo ricordano tutti, ex pendolari che passavano nel locale solo per un fugace caffè o habitué che ci trascorrevano ore in compagnia. Eppure Ameduri, padre di tre figli - Antonio, Rossella e Caterina - non era nato barista, l’idea gli venne su suggerimento di un amico.
"In Calabria la sua famiglia, di origine contadina, non era certo ricca - hanno raccontato Antonio e Caterina - Ha visto la guerra e patito la fame. Da bambino aveva lavorato nei campi, poi un fratello era emigrato qui al Nord e così lui l’aveva seguito, arrivando a Caravaggio negli anni ‘60. Per un anno era stato assunto all’allora “Invernizzi”, poi al mulino della famiglia Zibetti, la stessa di Angelotto, patron di 'Studio Zeta', quindi al supermercato 'Buongiorno', oggi 'Sigma', quando ancora vendeva solo vino. Lì era rimasto sette anni e la sera faceva il cameriere nei locali storici di allora, il 'Calipso' e 'La Ruota'. È stato proprio l’amico Raffaele Buongiorno nel 1970 a segnalare il locale in vendita accanto alla stazione ferroviaria di Vidalengo e papà l’ha colta al volo".
Titolare del bar della stazione di Vidalengo per 30 anni
Una sorpresa, quella dell'acquisto del bar, che all’inizio non piacque per nulla alla moglie, Teresa Ninarello, anche lei di Locri, mancata nel 2020 a causa del Covid.
"Quando mio padre le disse di aver rilevato il locale, fatiscente, la mamma scoppiò in lacrime - hanno spiegato - Avevamo appena traslocato da via Nazario Sauro in via Gerola, in un piccolo condominio, ben sistemato, e c’eravamo già noi due. Lei contribuiva al budget familiare facendo piccoli lavori di sartoria in casa. Aveva trovato un po’ di stabilità, le donne del posto l’avevano aiutata, e aprire un bar nella frazione significava ripartire ancora da zero... Arrivati a Vidalengo ricordo che dormivamo in una stanza con le travi in legno sotto le quali era posta della faesite perché, al passaggio dei treni, cadevano calcinacci... Il papà disse poi che si era pentito di aver preso il bar perché aveva fatto piangere la mamma...".
Ma poi le cose sono andate per il meglio.
"Insieme hanno creato un’attività, cresciuto tre figli e costruito la loro casa - hanno detto orgogliosi - anche noi davamo il nostro aiuto nel bar, che era anche una trattoria con cucina casalinga, tabaccheria ed edicola. Hanno chiuso nel 2001, il cavalcavia aveva tolto molta clientela ma avrebbero potuto continuare, tuttavia il tempo che rubava l’attività e le sopraggiunte necessità familiari li hanno convinti a smettere. Si sono spalleggiati in tutto, per 60 anni, meritavano un monumento per quello che hanno fatto per la nostra famiglia"
I problemi di salute
"Il papà una ventina d’anni fa aveva subito un infarto ma quando la mamma è mancata ha avuto un tracollo psicologico - hanno concluso i figli - Nell’ultimo periodo la salute è peggiorata, lo scorso dicembre è stato ricoverato all’ospedale di Treviglio ma, come voleva lui, è morto nella sua casa circondato dal nostro affetto. Era un padre severo ma se c’era bisogno non mancava mai, teneva tantissimo ad avere una famiglia unita e in paese era benvoluto da tutti. Ringraziamo tutti coloro che hanno partecipato al nostro dolore".
I funerali sono stati celebrati mercoledì mattina nella Parrocchiale della frazione, quindi il feretro è stato tumulato nel cimitero cittadino, dove riposa l’amata consorte.