Treviglio

Treviglio è tornata a marciare per la Pace

Ripristinata la tradizione di Capodanno: società civile e comunità pastorale insieme per riflettere sull'oggi e sulla pace nella quotidianità

Treviglio è tornata a marciare per la Pace
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Sono partiti in un centinaio, ma all'arrivo in piazza Garibaldi erano più del doppio i trevigliesi che hanno preso parte alla Marcia della Pace, una tradizione che a Treviglio era stata abbandonata da alcuni anni e che invece è tornata mercoledì pomeriggio ad aprire l’anno cittadino. Un 2025 guerreggiante, in tutto il mondo.

La marcia della Pace di Capodanno a Treviglio

Il corteo è partito nel pomeriggio da Casa Margherita (in via Casnida, la nuova comunità alloggio che ospita 10 minori di età compresa tra 14 e 17 anni, che vivono una situazione di allontanamento familiare a seguito di un provvedimento dell’autorità giudiziaria minorile). Presenti, a rappresentare la comunità pastorale e la società civile, il parroco monsignor Norberto Donghi, e la vicesindaco Pinuccia Prandina. Da qui il passaggio in via Libertà, viale Partigiano e via Roma per giungere in piazza Garibaldi dove si è tenuta una riflessione sul tema della pace oggi. Riflessione affidata al professor Riccardo Mauri, della Comunità di Sant'Egidio di Milano, che ha parlato della pace non solo come irenica ed ideale fine dei circa quaranta conflitti che oggi insanguinano il globo, ma come prassi quotidiana delle nostre vite. A partire dal rapporto con i giovani, in particolare con le famiglie migranti di seconda generazione. Un tema caldo in particolare in uno dei quartieri milanesi dove opera la Comunità, Corvetto. Introdotto da monsignor Donghi e dal diacono Alvaro Cappellini, Mauri ha spiegato come sia necessario innanzitutto «disarmare il linguaggio, per sentirci come parte di famiglie che vogliono portare innanzitutto un messaggio di pace e vivere una fede autentica radicata nella nostra tradizione ma aperta all'altro».
Disarmare il linguaggio della politica e della vita quotidiana è uno dei primi passi per «una resistenza alla distruzione di una cultura comune, che rafforza la comunità, e l' identità, comunità meno pronta alla paura».

Gli immigrati di seconda generazione del Corvetto in Rsa

Mauri ha poi raccontato della realtà del Corvetto, dove «immigrati di seconda generazione, spesso giovanissimi, che si sentono completamente estranei, accompagnano gli anziani in Casa di riposo». Da una parte gli anziani, «abbandonati a se stessi e accusati di essere sottrattori di grandi energie per poter far ripartire la società dopo lockdown. E che invece appunto sono una grande risorsa spirituale». Dall' altra parte, insieme, «questi ragazzi così arrabbiati, così messi ai margini, che diventano protagonisti. Molti di loro hanno scelto di passare il natale con noi anche il passare il Natale nella casa di riposo per aiutare gli anziani a fare festa» costruendo una alleanza tra generazioni. «Il papa parla, raccontando la contemporaneità, di una Terza guerra mondiale a pezzi. Noi rispondiamo con il fare la pace a pezzi, nella vita di tutti i giorni» ha concluso.

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