Togliere i detenuti tossicodipendenti dalle carceri: l'idea del Governo piace all'Aga di Pontirolo (che già è in prima linea)
Un detenuto su tre ha problemi di tossicodipendenza, secondo il sottosegretario Delmastro. Il sovraffollamento, un problema fuori controllo. Coppola (Aga): "Ben venga un provvedimento del genere"
Spostare parte dei detenuti che affollano oggi le carceri italiane, e che hanno problemi di tossicodipendenza, in strutture e comunità protette dedicate. Questa la proposta, finalizzata a ridurre l'enorme sovraffollamento dei penitenziari del nostro Paese, avanzata dal sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro, in un'intervista al Messaggero. Una proposta che sta già facendo discutere e che ha incassato nella Bassa bergamasca il parere favorevole di una delle più importanti e strutturate comunità per tossicodipendenti della provincia di Bergamo: quella gestita dalla Aga - Associazione genitori antidroga a Pontirolo, e diretta da Enrico Coppola. Con qualche "distinguo".
Spostare i detenuti tossicodipendenti dal carcere alle comunità terapeutiche
L'iniziativa - ha spiegato il sottosegretario Delmastro, 46 anni, vicentino, di Fratelli d'Italia - sarebbe "condivisa" dal Governo e soprattutto dal ministro della Giustizia Carlo Nordio
"Sto lavorando ad un provvedimento che immagina di coinvolgere il terzo settore, quelle comunità chiuse (in stile "San Patrignano, ndr) per costruire un percorso alternativo alla detenzione" ha detto Delmastro.
Obiettivo, ridurre il tremendo e insopportabile sovraffollamento che rende le carceri italiane tutt'altro che in linea con gli standard di un paese civile.
"Le carceri italiane sono ampiamente sovraffollate. Secondo gli ultimi dati risalenti a febbraio a fronte di una capienza regolare di 51.285, i detenuti sono 56.319. E di questi, stando alla relazione annuale al Parlamento, il 30% sono tossicodipendenti" ha ricordato il sottosegretario.
Il sovraffollamento in carcere e i suicidi dei detenuti
Il sovraffollamento è del resto una delle cause dell'incredibile numero di suicidi tra i detenuti. Non si contano più, anche a livello nazionale, le morti tra gli stessi detenuti: nel 2022 si sono tolte la vita 84 persone all'interno delle carceri italiane: 78 uomini e 5 donne. È il numero più alto di suicidi dall'inizio della rilevazione di questo genere di dati, nel 2000.
La droga e la violenza in carcere, anche a Bergamo
Anche nel carcere "locale" di Bergamo la situazione è sempre più preoccupante. Sinappe (Sindacato Nazionale Autonomo Polizia Penitenziaria) e Fns Cisl hanno denunciato nei giorni scorsi ulteriori aggressioni ai danni di cinque agenti e avvenute nelle ultime settimane. La più recente risale al 7 marzo, riporta PrimaBergamo: due poliziotti sono stati presi a calci e pugni da un detenuto nordafricano che chiedeva con insistenza del Rivotril, psicofarmaco per combattere l’ansia o l’epilessia e che, se assunto in alte dosi o mischiato ad altre sostanze, agisce come l’eroina.
Il medico del carcere aveva già dato parere negativo alla richiesta avanzata dal detenuto, il quale però, probabilmente in crisi di astinenza, ha insistito, arrivando così ad aggredire gli agenti. La scorsa settimana, invece, un altro detenuto avrebbe lanciato del latte bollente sul volto di un agente, il quale ha riportato ustioni di primo grado. A febbraio, un detenuto aveva dato una testata a un poliziotto e uno schiaffo a un’ispettrice.
Più di duecento detenuti oltre il limite, in via Gleno
L’enorme problema del sovraffollamento sta rendendo sempre più complicata la gestione della struttura di via Gleno, nella quale i reclusi sono oltre duecento in più rispetto ai posti a disposizione e questo rende il carcere di Bergamo il secondo peggiore della Lombardia, dopo quello di Como. Sono 540 reclusi nelle celle, mentre ne potremmo ospitare 325: in una cella da quattro stanno in sei o sette, mentre il personale penitenziario è pesantemente sottodimensionato: le guardie dovrebbero essere 240 secondo il vecchio organico, e secondo i nuovi regolamenti si dovrebbe salire a trecento. Mentre attualmente gli agenti sono 180.
La proposta del Governo e il plauso dell'Aga di Pontirolo
Immaginando un percorso "che coinvolga il Terzo settore", Delmastro incassa dalla Bergamasca il primo parere favorevole da parte di Coppola.
"Ben venga un provvedimento del genere - spiega il presidente dell'Aga - Bisogna però discuterne prima e risolvere quei problemi tecnici che rendono molto difficile per le comunità terapeutiche accogliere detenuti con problemi di dipendenza da droga".
Del resto, a Pontirolo non sarebbe una novità: "L'Aga accetta già da tempo nella sua struttura residenziale di Pontirolo detenuti tossicodipendenti - spiega l'associazione in una nota - Molte comunità invece non lo fanno per espressa scelta poiché, dietro la loro accettazione della pena alternativa, c’è in molti casi esclusivamente la volontà di evadere dal carcere e non di cambiare vita superando la loro tossicodipendenza". "Ma questo – spiega Coppola – non rappresenta un problema insormontabile perché le comunità sono in grado di far emergere nelle persone con dipendenze le giuste motivazioni per smettere di assumere droga".
Un percorso duro: qualcuno preferisce il carcere...
Come? Lavorando sugli stessi detenuti. "La vita in un comunità è attiva e non passiva come avviene solitamente in carcere – sostiene ancora il presidente dell’Aga – ci sono capitati casi di detenuti che, dopo essere entrati nella nostra struttura residenziale, hanno chiesto di tornare dietro le sbarre perché reputavano il periodo trascorso da noi troppo duro. I detenuti devono quindi essere ben coscienti a cosa vanno incontro e per loro si potrebbe anche pensare a un periodo di prova".
E serviranno sostegni economici per le comunità
Altro aspetto da discutere per Coppola è quello dei sostegni economici che le comunità devono avere se si vuole fare in modo che le loro porte aprano a più detenuti tossicodipendenti possibili:
"Un detenuto – evidenzia Coppola – non è una persona "normale" affetta da dipendenza. Richiede un impegno molto superiore: pensiamo solo ai necessari permessi che devono essere richiesti per gli spostamenti. Senza dimenticare poi le difficoltà esistenti per il reinserimento lavorativo che è un momento fondamentale in un percorso di recupero. E anche per ciò servono appositi finanziamenti come un tempo erano già previsti da apposite normative".
Per Coppola, infine, bisogna scongiurare il rischio che il percorso di recupero di un detenuto venga improvvisamente interrotto nel caso sia condannato per altri reati:
"Ci è capitato – sostiene – di detenuti presi in carico a cui, a causa del sopraggiungere di altre condanne, è stata revocata la pena alternativa della comunità ed è stato ricondotto in carcere dove, è risaputo, circolano sostanze stupefacenti. E ciò, ovviamente, porta a rendere inutile tutto il lavoro fatto fino ad allora".