Tanti auguri, Salesiani!
Intervista al direttore don Renato Previtali
La Casa Salesiana di Treviglio festeggia oggi, venerdì 14 ottobre, i 130 anni dalla fondazione. Era infatti in un giorno d'autunno come oggi, nel 1892, quando il primo gruppo di sacerdoti prendeva "Casa" in via Zanda, a poche decine di metri dall'attuale, enorme, Centro Salesiano. Un anniversario tondo che il Giornale di Treviglio in edicola ha raccontato con uno speciale dedicato alla storia di un pezzo importante della scuola, della cultura e della chiesa trevigliese, che oggi è tra i poli educativi e formativi più popolosi della Geradadda ed è frequentata anche da centinaia di studenti del Milanese. Chi meglio del direttore, don Renato Previtali, 74 anni, forte di un’esperienza ultra trentennale come direttore delle maggiori case salesiane in Lombardia, può raccontare il significato di questo importante compleanno? Lo abbiamo intervistato.
Direttore, i Salesiani a Treviglio sono più che una scuola: dopo 130 anni sono anche un pezzo di storia della città. Che significato ha per voi questo compleanno?
Ha il significato di una storia. Per noi 130 anni significa fare memoria del passato, tornare alle origini di quella che è stata la nostra opera, non tanto per rimpiangere i “bei tempi passati”, quanto piuttosto per ritrovare il significato. I salesiani sono stati chiamati a Treviglio da don Rainoni, che non era parroco, per la gioventù maschile. Qui esistevano già le Canossiane e il Collegio degli Angeli che si occupavano della gioventù femminile, e i salesiani, almeno sino ai primi anni ‘90 operavano per la formazione e l’educazione dei giovani. La cosa interessante, poi, è che per la venuta dei salesiani si erano mossi dei benefattori: questo terreno (dove è sorta la casa nel 1892, ndr) fu regalato dal conte Melzi d’Eril di Vaprio. Ci fu l’intervento della parrocchia che ci regalò l’asilo parrocchiale e tanti benefattori del popolo aiutarono i primi salesiani. Fare memoria di questo è importante. La nostra finalità è l’educazione dei giovani, naturalmente adattandoci a situazioni che sono completamente nuove. Apparteniamo a questo territorio, vogliamo esserne parte viva, e avere una funzione che è quella di affiancare le famiglie nell’educazione dei giovani, entrando anche in un contesto parrocchiale. Siamo sacerdoti, siamo salesiani e il coinvolgimento nell’attività parrocchiale è per noi fondamentale anche perché ci ha chiamato qui la parrocchia di Treviglio.
In 130 anni la scuola salesiana è cambiata, si è evoluta dal punto di vista della formazione...
Sì, se pensiamo che fino agli anni ‘80 c’era un convitto molto florido con circa 300 allievi e, poco per volta, è andato chiudendosi. Le date raccontano un evoluzione: 1894 apre la scuola media, ginnasiale allora; 1939 liceo classico; 1983 geometri, chiusi nel 2018; 1987 liceo scientifico; 2007 istituto professionale aziendale, chiuso nel 2016; 2013 Istruzione e formazione professionale logistica, e questa va a intersecare un’utenza molto faticosa. Quest’anno abbiamo raddoppiato una seconda classe della formazione professionale prendendo solo ragazzi dalla dispersione scolastica, una situazione giovanile che rischiava di emarginarsi. Poi, nel 2014 apre il liceo scientifico delle Scienze applicate e nel 2017 l’Istituto tecnico tecnologico trasporti e logistica. Quest’ultimo, che ho aperto io nel mio precedente incarico da direttore a Treviglio, è arrivato perché ci pare che la vocazione del territorio sia un po’ quella della logistica. Infatti, non troviamo nessuna fatica a far fare tirocini in azienda ai ragazzi della logistica e del tecnico perché il territorio chiede formazione da questo punto di vista. L’evoluzione formativa è continua perché cerchiamo di rispondere alle esigenze del territorio. La scuola primaria, che fu la prima presenza salesiana sul territorio, dopo il maestro Zanovello fu chiusa, poi è stata riaperta negli anni 2000. Successivamente arrivò l’oratorio che purtroppo, quando c’è stato il riordino degli oratori della parrocchia, il nostro fu chiuso. Per noi è stata una perdita grave perché l’oratorio era una presenza sul territorio molto, molto forte. Abbiamo perso il contatto con i giovani e i ragazzi del territorio di Treviglio.
Il cortile come luogo e momento educativo importante funziona ancora oggi?
Non è importante, è essenziale. E’ il luogo dell’aggregazione, dello stare insieme, il luogo in cui uno si esprime in libertà per quello che è. Non è l’ambiente dell’aula dove bisogna sottostare alle regole della scolarità. In cortile il ragazzo o la ragazza è quello che è nella sua libertà. Nel gioco di squadra, come nel teatro e in tutte le altre attività di espressione il ragazzo conosce se stesso, come reagisce di fronte a uno sbaglio o a uno sgarbo. Cresce come persona, anche cercando di correggersi. Tra mensa e gioco i ragazzi della Primaria e delle medie hanno un ora e mezza tutti i giorni: è un momento essenziale. Anche perché don Bosco diceva: «Salesiani, amate le cose che amano i ragazzi e loro ameranno i valori che porti». L’educazione per noi non è fatta di prediche, ma di vita, di amicizia, di sensibilità. Come in famiglia i valori che i genitori passano ai figli sono quelli che si condividono.
Come vede il futuro della casa Salesiana?
Se guardiamo i numeri la situazione è florida. Forse soffriremo un po’ in futuro per il calo delle nascite...
Nella foto in alto: il cortile del Centro Salesiano in uno scatto di inizio Novecento
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