"Stretta su social e cellulari? Prima si faccia educazione"
Niente smartphone fino ai 14 anni e divieto di avere account prima dei 16: è giusto? Ecco cosa ne pensano i dirigenti delle scuole della Bassa
È giusto vietare il possesso di uno smartphone fino ai 14 anni e di un profilo sui social media prima dei 16? Cosa ne pensano le famiglie, gli insegnanti e i sanitari della Bassa?
Stretta a social e cellulari per i giovanissimi: l'appello
L’appello promosso dal pedagogista Daniele Novara e dal medico e psicoterapeuta Alberto Pellai sta facendo discutere tutt’Italia nelle ultime settimane. Lanciato anche come petizione su «Change.org» dal «Centro psicopedagogico per l’educazione e la gestione dei conflitti» - un istituto piacentino specializzato nei processi di apprendimento in situazioni di conflittualità operativo su tutto il territorio nazionale - ha raccolto da subito il favore di molti pedagogisti, psicoterapeuti, psicologi, neuropsichiatri, insegnanti, scrittori ma anche volti noti della tv e del cinema come il giornalista e conduttore Tiberio Timperi o attori come Paola Cortellesi, Claudia Gerini, Pierfrancesco Favino, Valeria Golino, Luca Zingaretti e Stefano Accorsi, solo per citarne alcuni tra i più popolari. Una scuola di pensiero, quella secondo cui l’utilizzo continuo dei cellulari fin dall’infanzia incide negativamente sul naturale sviluppo cognitivo, che tiene in realtà banco da anni. Nella petizione si sostiene che i bambini e le bambine che utilizzano strumenti tecnologici e interagiscono con gli schermi subiscono «un danno diretto, legato alla dipendenza e uno indiretto, perché l’interazione con gli schermi impedisce di vivere nella vita reale le esperienze fondamentali per un corretto allenamento alla vita».
Le scelte del Ministero dell'Istruzione e del Merito
Un tema che fa riflettere e che ingaggia non solo le famiglie ma ovviamente anche gli istituti scolastici, sempre più orientati a dotarsi delle più moderne tecnologie: vanno in questa direzione infatti il divieto di utilizzo degli smartphone in classe fino alla terza media - anche per scopi didattici - voluto dal ministro dell'Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara - preceduto da un questionario sottoposto a tutti i dirigenti scolastici - così come la circolare che quest’anno ha reintrodotto il buon vecchio diario, dove saranno annotati di nuovo i compiti, fermo restando che i genitori potranno comunque controllare il registro elettronico. Scelte che il ministro fonda sulla base di importanti studi internazionali e nazionali come il «Global education monitoring report 2023» dell’Unesco e l’indagine «Ocse Pisa 2022» e sull’aumento preoccupante anche in Italia del numero di «Hikikomori», termine giapponese che indica il fenomeno dell’isolamento sociale volontario, che vede giovani ritirarsi nelle loro stanze rinunciando ai rapporti con il mondo esterno per lunghi periodi.
Del resto in Svezia, nazione da sempre tecnologicamente all’avanguardia, l’autorità sanitaria consiglia ai genitori di non far utilizzare ai bambini sotto i 2 anni dispositivi tech dotati di display, mentre per i bambini di età compresa tra i 2 e i 5 anni l'utilizzo massimo dovrebbe essere di un’ora al giorno e per quelli compresi tra 6 e 12 anni di 2 ore, questo per limitare gli effetti negativi della tecnologia sul sonno, sul comportamento e sulle abitudini.
L'opinione dello psichiatra
Un appello, quello promosso dal pedagogista Daniele Novara e dal medico e psicoterapeuta Alberto Pellai che interroga tra gli altri anche i neuropsichiatri, e chi meglio del dottor Giorgio Cerizza, ex primario del reparto di Riabilitazione dalle Dipendenze dell’ospedale Santa Marta di Rivolta, può esprimere un punto di vista informato su quella che è forse già diventata per molti una nuova «dipendenza», quella dal cellulare.
"Credo sia importante educare i nostri figli, e quanto meno i minori, all’utilizzo di questo strumento che contiene tante potenzialità ma contemporaneamente trappole disastrose - ha affermato lo psichiatra e psicoterapeuta - E la peggiore per i ragazzi in formazione è quella di regalare l’illusione di saper comunicare con il mondo intero, mentre non imparano a guardare negli occhi nemmeno il compagno. Questo rischia di creare una solitudine distruttiva che è possibile vivere e percepire anche se circondati da un mondo di umani. La comunicazione virtuale mette inoltre in serio pericolo la costruzione dell’empatia con gli effetti devastanti che gli eventi di cronaca ci sottopongono".
Vietare è sempre una scelta forte, ma il medico per ora non vede altre strade.
"Se ci fosse l’attenzione nel mondo degli adulti per la funzione educativa non ci troveremmo ad auspicare leggi in questo settore - ha riflettuto - Ma siccome questa è l’assenza grave di questo periodo ben vengano questi appelli".
Cosa ne pensano dirigenti scolastici e famiglie?
Istituto Salesiano «Don Giovanni Bosco» di Treviglio
L’istituto dei Salesiani non ha preso una posizione formale in merito alla petizione, ma il dirigente scolastico delle superiori don Marco Begato ha illustrato chiaramente come l’istituto, che comprende anche le scuole dell’obbligo, si sta muovendo su questi temi delicati.
"Per quanto riguarda il possesso del cellulare i ragazzi più piccoli non ce l’hanno e alle superiori gli studenti lo possono usare solo all’intervallo - ha spiegato - questo però va di pari passo con la didattica digitale e la formazione dei docenti. Il nostro non è un approccio solo, per così dire, 'proibizionista', ma si lega a un’ottica educativa: la scuola può essere il luogo dove si insegna a usare lo strumento, sotto la guida di un adulto preparato, anche perché sarebbe inutile impedirne l’utilizzo per sei ore all’interno delle mura scolastiche se poi fuori il ragazzo lo usa senza aver ricevuto nessuna indicazione su come usarlo. Si fa male comunque".
Circa il divieto di avere un profilo social fino ai 16 don Begato si dichiara d’accordo.
"Avendo lavorato per qualche anno nella comunicazione sociale condivido l’allarme - ha affermato - c’è un uso scriteriato e molto dannoso dei social da parte di tanti giovani. I social come i cellulari sono stati messi nelle loro mani senza un reale accompagnamento educativo, né da parte delle famiglie né da parte delle istituzioni, sia scolastiche che politiche. Per questo personalmente firmerei la petizione, sono abbandonati a loro stessi e prudenzialmente interverrei. Tuttavia togliere gli strumenti senza che ci sia un processo condiviso a tutti i livelli della società rischia di rimanere una manovra incompiuta: com’è noto è facile accedere con profili falsi. Anche qui non ci si può limitare a una legge, i passaggi di crescita dei ragazzi richiedono sempre una forte collaborazione degli enti educativi, in primis la famiglia, poi la scuola ma anche i mass media. La società intera deve prendersi a cuore l’educazione".
Scuola «Conventino-La Sorgente» di Caravaggio
Nelle scuola paritaria «Conventino-La Sorgente» l’appello degli psicoterapeuti e le azioni del ministero trovano terreno favorevole.
"La nostra scuola porta avanti da sempre il divieto dell’uso di cellulari, lettori multimediali, Ipod, mp3, smartwhach durante l’orario scolastico e l’intervallo - ha spiegato la dirigente scolastica Isabella Pala - ma anche durante le uscite didattiche che sono un importante momento di socializzazione. Se gli alunni non rispettano la norma i dispositivi vengono ritirati e da me consegnati solo a un genitore, cosa che tuttavia accade raramente. I ragazzi sanno che quando si entra in questa scuola c’è questa norma presente nel regolamento d’istituto, sottoscritta da loro e dai loro genitori. Le disposizioni del ministro confermano il nostro utilizzo. Le apparecchiature della scuola sono sotto il controllo degli amministratori, non siamo per la demonizzazione dei dispositivi ma educhiamo a un utilizzo corretto. Nei momenti di confronto con i genitori poi li invitiamo a prestare attenzione a quello che viaggia in rete e su quello che si passano sui dispositivi: la scuola è attenta ma fuori anche le famiglie devono esserlo. La nostra 'Associazione dei Genitori' in ogni caso sposa completamente la nostra linea".
Di fronte alla petizione che è scaturita dall’appello del pedagogista Daniele Novara e dal medico e psicoterapeuta Alberto Pellai Pala sottolinea che «ogni volta che dei pedagogisti offrono spunti di riflessione su questi temi noi invitiamo i genitori a partecipare agli incontri perché possono essere d’aiuto: con tante sollecitazioni le famiglie si trovano davvero in difficoltà nella gestione dei ragazzi». E la sottoscriverebbe.
"Personalmente, di fronte all’abuso che si fa di questi mezzi e condividendo l’appello, la firmerei".
Istituto comprensivo «Mastri Caravaggini» e istituto «Zenale e Butinone» di Treviglio
La preside dell’istituto comprensivo «Mastri Caravaggini» e della scuola superiore trevigliese «Zenale e Butinone» è una voce contro: pur condividendo i timori espressi dai promotori della petizione, non la sottoscriverebbe perché non crede nei divieti.
"Quella dei cellulari e dei social nelle mani dei ragazzi è una questione delicata ma non sono convinta che i divieti siano utili - ha riflettuto la dirigente scolastica Paola Pellegrini - Le scuole che io dirigo sono orientate ad affrontarla in termini educativi. Alla 'Mastri Caravaggini' c’è da anni un regolamento che ne impedisce l’utilizzo ma ad esso si accompagna anche tutta un’attività relativa a come deve essere utilizzato lo strumento. Allo 'Zenale Butinone', che è un istituto di grafica e comunicazione, non possiamo fare a meno di lavorare con il cellulare. Si tratta di educare ad un uso consapevole e rispettoso. È certamente un tema complesso, come tutti quelli che hanno a che fare con la crescita dei ragazzi".
E le associazioni dei genitori sul nostro territorio, cosa ne pensano?
«Di norma chiedono di vietare l’uso - ha continuato la dirigente - Io ribadisco invece che lo sforzo che dobbiamo fare tutti è quello di portare i ragazzi a saper usare bene lo strumento, che sia il telefono o la piattaforma social: non credo che il divieto, di per sé, abbia mai sortito effetti positivi, quindi non firmerei la petizione».
Istituto «Sacra Famiglia» di Martinengo
Alla paritaria gestita dai frati francescani la strada dei divieti non piace.
"Da un punto di vista educativo noi promuoviamo la libertà e l’autonomia dei ragazzi - ha spiegato il dirigente educativo della scuola, padre Antonio Consonni - quindi non partiamo dal presupposto che educare significa vietare ma promuovere e abilitare i bambini e i ragazzi alle cose belle della vita. E anche per quanto riguarda gli strumenti tecnologici la scuola ha fatto una scelta di fondo: educhiamo insieme alle famiglie all’uso degli strumenti, tanto è vero che gli alunni di quarta e quinta primaria sono in possesso di un Ipad per uso didattico, e si continua anche alle medie".
Padre Consonni quindi non sottoscriverebbe la petizione.
"Non firmerei perché vietare non serve - ha affermato - dall’anno scorso stiamo portando avanti una riflessione a livello nazionale con il movimento 'Aspettando lo smartphone', partito da Milano - un progetto di educazione e sensibilizzazione per lo sviluppo di una maggiore consapevolezza digitale - che dice di concedere l’uso dei cellulari ai bambini dopo i 12 anni. Tra i genitori dei nostri alunni della primaria ha avuto una discreta adesione".
Liceo «Don Milani» di Romano
«Non so quanto possa servire vietare in toto, sarebbe meglio educare ad un uso consapevole ed educativo». Luca Faticcioni, dirigente scolastico del liceo «Don Milani» di Romano ha scelto una via di mezzo e non quella dura del no agli smartphone.
"Negli anni a scuola abbiamo concluso dei progetti educativi dove lo smartphone ha rappresentato uno strumento fondamentale per la ricerca e l’indagine - ha detto - E’ innegabile che attraverso l’uso di questo device gli studenti in tempi brevissimi hanno potuto raccogliere e elaborare dati fondamentali per le ricerche. Più che nel divieto quindi, credo in un suo consapevole ed educativo dello smartphone".
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