Agricoltura

Siccità e guerra mettono a rischio l'agricoltura della Bassa

A lanciare l’allarme sul nostro territorio è il presidente del Consorzio di Bonifica della Media Pianura Bergamasca Franco Gatti.

Siccità e guerra mettono a rischio l'agricoltura della Bassa
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Da un lato la grave siccità, che ha ridotto del 60 per cento le risorse idriche disponibili in Lombardia, dall’altra la guerra in Ucraina che ha fatto schizzare alle stelle i costi di molte materie prime, come i cereali. La situazione è critica e ora a pagarne il prezzo è il consumatore finale. In Europa, in Italia e anche nella Bassa.
Due dati: il mais nel giro di pochi mesi è passato dai 19 euro ai 45-50 euro al quintale mentre la farina di girasole da 26 ai 50 euro al quintale. Costi più che raddoppiati, che ricadono sull’intera filiera alimentare, sia nel settore zootecnico, sia umano. A lanciare l’allarme sul nostro territorio è il presidente del Consorzio di Bonifica della Media Pianura Bergamasca, nonché imprenditore agricolo di Martinengo, Franco Gatti (a destra nella foto in alto)

Quali sono le principali coltivazioni nella Bassa  e dove è stato registrato il principale calo di produzione?

Qui si coltivano prevalentemente mais e cereali foraggeri destinati all’alimentazione bovina, oltre a soia e girasoli, dai quali si estrae farina e olio, il frumento è marginale in Bergamasca. A livello generale nel settore cerealicolo la disponibilità oggi è del 60 per cento, non possiamo più contare sulla quota proveniente dall’Ucraina e dai Paesi baltici. L’offerta di approvvigionamento da parte degli Usa comporta un aumento molto elevato dei costi. Tuttavia il maggior calo sul nostro territorio si registra nel settore delle produzioni zootecniche, già penalizzate dal calo degli alimenti proteici come soia e farina di girasole. Ciò comporta una catena di adeguamenti dei prezzi nel prodotto finito, in ogni caso però non proporzionali all’aumento del costo delle materie prime, che ricade sul consumatore finale.

Quali sono le possibili vie d’uscita?

Questa situazione mette in discussione le Politiche agricole europee. Finora compravamo le materie prime all’esterno e potevamo permetterci di adottare misure atte alla salvaguardia dell’ambiente anche con pratiche agrarie complesse. Potevamo permetterci di lasciare terreni a riposo. L’impennata dei prezzi delle materie prime cui stiamo assistendo però mostra la fragilità di questo sistema.

Quale può essere la strategia per garantire un giusto approvvigionamento di materie prime?

Dobbiamo tenere presente l’importanza di avere una disponibilità interna a costi adeguati perché sempre meno famiglie oggi riescono a far fronte all’aumento dei prezzi degli alimenti. Oggi coltivare e dunque garantire una disponibilità all’interno del nostro Paese è parimenti prioritario rispetto alle politiche ambientali. Ridurre l’impiego di concimi chimici, di diserbanti comporta anche un calo della produzione. E oggi non possiamo permettercelo più. L’Europa non può più permettersi di essere un bel giardino e far produrre in maniera massiva le proprie materie prima fuori .

E sul piano locale?

Sul nostro territorio la situazione è ancora più difficile, perché dobbiamo fare i conti anche con una grave e perdurante siccità, che ha ridotto del 60 per cento le risorse idriche nei bacini e ora sta riguardando anche la falda, che consideravamo di avere ancora come riserva, invece oggi molti pozzi e risorgive sono asciutti. La grave carenza di acqua incide direttamente sulla produzione agricola ora appesantita anche dalla crisi politica internazionale. Ancora una volta le politiche agricole europee non ci aiutano, mi riferisco al divieto di portare l’irrigazione ai territori finora considerati marginali. Ora non possiamo permetterci di lasciare a riposo terreni, per garantire l’approvvigionamento di materie prime necessario dobbiamo incrementare la coltivazione all’interno, dunque questo divieto va riconsiderato.

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