Parodontopatia (o piorrea), cosa sapere per la salute del cavo orale
Il dottor Piacentini illustra i meccanismi che portano allo scatenarsi della grave patologia e come curarla

«Dottore, ho paura di avere la piorrea! Quando lavo i denti le gengive sanguinano, sento i denti che si muovono e sono indolenziti. Li perderò»? Questo è un incipit frequente nelle visite odontoiatriche, che riflette l’ansia di molti pazienti di fronte a sintomi che suggeriscono la malattia parodontale. Conosciuta in passato come piorrea, questa patologia batterica cronica, scatenata da una risposta infiammatoria dell’organismo, compromette progressivamente l’osso alveolare – la struttura ossea che ancora i denti – portando a retrazione gengivale, problemi estetici evidenti e, nei casi più gravi, alla perdita degli elementi dentali con conseguenti difficoltà masticatorie e funzionali.
Il dottor Piacentini illustra le cause della parodontite
La parodontite è causata principalmente da batteri parodontopatogeni presenti nella placca batterica e nel tartaro, che si accumulano nel solco gengivale, lo spazio tra dente e gengiva. Questi microrganismi, producono tossine che innescano un’infiammazione locale. Tale processo provoca il distacco della gengiva dal dente e dall’osso sottostante, con il conseguente riassorbimento osseo e la formazione di tasche parodontali. Queste tasche diventano un ambiente ideale per la proliferazione batterica, instaurando un circolo vizioso che accelera il danno tissutale. La malattia è subdola: nelle fasi iniziali è spesso asintomatica, ma con il tempo emergono segni evidenti. La gengivite, primo stadio, si manifesta con gengive arrossate, gonfie e sanguinanti al minimo contatto, come durante lo spazzolamento. Con la progressione, si osservano alitosi persistente – dovuta alla fermentazione batterica nelle tasche – sanguinamento spontaneo (talvolta visibile sul cuscino al risveglio), retrazione gengivale che espone le radici dentali, mobilità dentale, migrazione dei denti e alterazioni della loro posizione. Nei casi avanzati, la masticazione diventa dolorosa e difficoltosa, e possono insorgere ascessi ricorrenti nelle aree di maggiore compromissione, dove le tasche sono più profonde.
Fattori di rischio e aggravanti
La genesi della parodontite non dipende solo dai batteri. Fattori genetici giocano un ruolo cruciale, determinando una ridotta capacità di difesa immunitaria contro l’infiammazione. A questi si aggiungono condizioni sistemiche e abitudini che ne amplificano la gravità. Il fumo è uno dei principali fattori predisponenti: riduce la vascolarizzazione gengivale, compromette la risposta immunitaria – limitando l’azione dei polimorfonucleati nel contrastare i batteri – e accelera la distruzione dei tessuti. Studi dimostrano che la severità della parodontite è proporzionale alla durata e alla quantità di esposizione al tabacco, rendendo i fumatori meno responsivi alle terapie. Il diabete, con una relazione bidirezionale, triplica il rischio di sviluppare la malattia: l’iperglicemia altera la risposta infiammatoria, peggiorando le condizioni gengivali, mentre la parodontite, rilasciando mediatori infiammatori nel sangue, può compromettere il controllo glicemico e la funzionalità pancreatica.
Anche l’obesità contribuisce significativamente: le cellule adipose producono citochine pro-infiammatorie, innalzando lo stato infiammatorio sistemico, aggravando la parodontite e favorendo l’insulino-resistenza, con un impatto negativo sul diabete.
Conseguenze della parodontite non trattata
Se non affrontata, la parodontite non si limita alla cavità orale. La perdita dei denti è solo l’esito più visibile; la malattia può innescare o aggravare patologie sistemiche. L’infiammazione cronica rilascia molecole pro-infiammatorie (citochine, prostaglandine) nel circolo sanguigno, raggiungendo organi bersaglio come cuore, pancreas e placenta. Questo meccanismo è associato a un aumento del rischio di malattie cardiovascolari (aterosclerosi, infarto), diabete di tipo 2 e, nelle donne in gravidanza, complicanze come nascite pretermine o basso peso neonatale. La connessione tra salute orale e benessere generale è ormai un dato consolidato nella letteratura scientifica.
Diagnosi: un processo semplice e non invasivo
La diagnosi si effettua con la sonda parodontale, uno strumento millimetrato che misura la profondità delle tasche scorrendo tra gengiva e radice dentale, valutandone la gravità. Per un’analisi dettagliata della perdita ossea, si ricorre a radiografie endorali, che evidenziano la morfologia del danno alveolare.
Strategie terapeutiche
La terapia iniziale mira a interrompere il processo patologico:
• rimozione meccanica di placca e tartaro sopra e sottogengivali tramite scaling e levigatura radicolare;
• educazione all’igiene orale domiciliare, fondamentale per prevenire recidive;
• lotta al tabagismo, con strategie mirate alla cessazione;
• correzione dello stile di vita, incluse indicazioni alimentari per ridurre l’infiammazione. Dopo questa fase, si rivaluta il paziente. Se le tasche persistono, si passa a interventi specialistici, spesso affidati al parodontologo. La chirurgia può essere:
• resettiva: elimina le tasche resecandole o riposizionando la gengiva;
• rigenerativa: ricostruisce l’osso perso con biomateriali (osso sintetico, bovino, membrane) e fattori di crescita;
• mucogengivale: copre radici esposte con innesti di tessuto autologo, sintetico o eterologo, migliorando estetica e funzionalità.
La chirurgia implanto-protesica, infine, reintegra elementi dentali persi con impianti endossei, non soggetti a parodontite grazie alla loro biologia distinta dai denti naturali, offrendo una soluzione anche a pazienti con pregresse perdite spontanee.
Dottor Piacentini, informazioni e appuntamenti
"La parodontite compromette masticazione, fonesi ed estetica, limitando la vita sociale," conclude il dottor Piacentini. "La prevenzione, basata su igiene orale (spazzolino 2-3 volte al giorno, filo/scovolino, tecniche corrette) e stili di vita sani, con il supporto dell’igienista dentale - figura chiave che guida il paziente nel controllo di placca e fattori di rischio come il fumo - è la chiave per bloccare l’insorgenza o il peggioramento della malattia."
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