Treviglio

La Treviglio segreta apre le porte per un giorno: la neviera di Castel Cerreto

Maria Bambina Pilenga ha riaperto ai cerretani e ai trevigliesi le porte di uno dei tanti, troppi, gioielli dimenticati  della Geradadda.

La Treviglio segreta apre le porte per un giorno: la neviera di Castel Cerreto
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Scendendo le scale ripide di mattoni, la sorpresa è duplice. La prima è l'aria fresca e umida che riempie i polmoni, man mano che ci si inoltra sotto terra. La seconda è la scoperta degli spazi, luminosi e freschi, e impensabilmente ampli, al di sotto della sonnolenta campagna di Castel Cerreto. Siamo nella ghiacciaia della villa  padronale, l'edificio più alto e imponente della piccola frazione di Treviglio. Anzi: nella "neviera", come spiega solerte la guida turistica   "per un giorno" Maria Bambina Pilenga, che per tutta la giornata di ieri, domenica 2 ottobre, ha riaperto ai cerretani e ai trevigliesi le porte di uno dei tanti, troppi, gioielli dimenticati  della Geradadda.

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La neviera di Castel Cerreto aperta al pubblico grazie ai volontari

Una sua iniziativa, o quasi. D'accordo con la proprietà, in occasione della Festa dei nonni ha deciso di mettere a disposizione - lo fa spesso, in realtà - il proprio tempo e il proprio affetto per il piccolo paese in cui vive, mostrando i segreti della ghiacciaia ai visitatori di passaggio.  Chiusa al pubblico praticamente da sempre, la neviera serviva il podere che fu della famiglia Rozzone, la signoria che governò su Castel Cerreto per secoli. Risale, spiega lo storico locale Luigi Minuti, agli ultimi anni del Quattrocento, ma il "contesto" di Castel Cerreto suggerisce che potrebbe essere persino precedente: addirittura un rifacimento di una preesistente ghiacciaia di epoca romana. L'ex sindaco ha dedicato alla struttura interrata diverse pagine di una recente pubblicazione sulle ville e i castelli della zona.  Dopo i Rozzone, la grande villa padronale diventò di proprietà dei conti Piazzoni, nel 1811, il cui nome restò da allora per sempre legato a quello del Cerreto, della villa e della stessa ghiacciaia.

Dai Rozzone ai Piazzoni

Immaginiamo un freddo inverno trevigliese della prima metà dell'Ottocento. I Piazzoni  gestivano una comunità che era una sorta di piccolo mondo a sé, pressoché autosufficiente che viveva di agricoltura e di allevamento.  E torniamo lì, alla tortuosa scaletta di mattoni che scende sottoterra, dal pianterreno della bella villa bianca, sovrastata dalla torretta con l'orologio senza  più lancette. Pochi metri al di sotto del piano stradale, sulla sinistra della scala si apre una vasta cantina, utilizzata come dispensa. Scendendo un'altra rampa di scale avvitandosi a gomito fino ad arrivare al centro della stessa piazzetta, ma quattro metri sotto terra, si arriva attraverso uno stretto cunicolo in mattoni ad un ampio locale, alto circa quattro metri e sorretto da una grande volta circolare anch'essa in mattoni. In cima, un'apertura si sviluppa in un piccolo pozzo sul cortile.

"Era da lì che si caricava la neviera - spiega la guida - Quando anche nella Bassa nevicava davvero, d'inverno, al Cerreto il fattore che conduceva la villa dei Piazzoni ordinava di chiudere il passaggio dei carri e degli animali nei pressi dell'apertura, in modo che la neve sul piazzale restasse pulita. Poi ordinava ai braccianti di spalarla e di infilarla nel piccolo pozzo, riempiendo il locale sottostante di neve. Che in questo modo restava isolata e protetta dal sole, e si conservava per mesi permettendo di raffreddare anche il resto della cantina. Ed ecco anche perché si tratta di una neviera, e non propriamente di una ghiacciaia".

Il più antico frigorifero della Bassa

Poi gli stessi operai entravano nel locale, e pestavano la neve in modo da trasformarla in ghiaccio.  Sopra, in appositi vani e attraverso bastoni e ganci, vi si conservavano le derrate alimentari deperibili, come la carne fresca di macello, e la cacciagione presa nei boschi attorno al Cerreto. "Era il più antico frigorifero della storia" conferma Minuti, che già in più occasioni negli scorsi anni ha presenziato a diverse aperture della ghiacciaia e persino della stessa villa.   "Era un locale refrigerato ad uso comunitario, che serviva probabilmente molte famiglie oltre a quella dei proprietari - continua Minuti - Un esempio sicuramente interessante di locale a multi-uso sociale".

L'ingente patrimonio della famiglia finì poi nelle disponibilità di vari istituti di carità, ultimo dei quali sono gli Istituti educativi di Bergamo, oggi proprietari del complesso. Difficilmente i locali della villa aprono al pubblico, tantomeno la ghiacciaia sottostante, accessibile da una piccola porta sulla facciata della villa che dà  sulla piazza della frazione, accanto alla piccola chiesa.

 

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