La donna della Bassa che ha "il sangue di un neonato"
Un caso clinico scoperto da due dottoresse di Treviglio finisce sulle riviste scientifiche e potrebbe aiutare le nuove terapie geniche contro le anemie

Grazie al sangue "straordinario" di una donna di 31 anni residente nella Bassa bergamasca, sarà forse possibile migliorare le terapie geniche per la cura delle anemie congenite. È una notizia decisamente bella e inusuale quella diffusa nel pomeriggio di oggi, venerdì 25 luglio, dall'Asst Bergamo Ovest, che riguarda il lavoro di due studiose in forze al Servizio Trasfusionale e al settore di Biologia Molecolare del Laboratorio Analisi dell'ospedale di Treviglio.
La scoperta all'ospedale di Treviglio: emoglobina "da neonati" nel sangue di una donna adulta
La biologa Maria Oggionni e la medica Barbara Manenti hanno infatti scoperto in una paziente della Bassa una mutazione genetica "mai descritta in letteratura", che potrebbe avere importanti conseguenze nel campo dell'ematologia. Tutto comincia quando le due studiose si sono accorte che nel sangue di una donna in gravidanza seguita dall'Ambulatorio di Ematologia trevigliese, c'era qualcosa di strano. Un'anomalia piuttosto rara: l'emoglobina (la molecola deputata al trasporto dell'ossigeno nel sangue) di questa donna di origine africana presentava infatti una forma particolare, che è tipica dei neonati e che normalmente scompare con la crescita. Una alterazione che è indice di una condizione clinica chiamata "Persistenza dell'Emoglobina Fetale nell’Adulto". Occorreva indagare, hanno subito pensato le due professioniste.
L'analisi del DNA e la mutazione "mai descritta in letteratura"
La vera sorpresa è arrivata con le successive analisi. Manenti e Oggionni hanno eseguito ulteriori approfondimenti e disposto l'analisi del DNA della paziente. È emerso che nel patrimonio genetico della 31enne c'era una mutazione mai descritta in precedenza in letteratura. Si trattava in particolare di una mutazione nel gene che codifica la gamma-globina, una proteina coinvolta proprio nella sintesi di quella parte di emoglobina tipica del periodo pre-natale.
"L'identificazione di questa particolare alterazione del DNA aiuta a chiarire i meccanismi biologici che portano alla Persistenza dell'Emoglobina Fetale nell’Adulto e potrebbe essere utilizzata come nuovo target negli attuali studi di terapia genica condotti a livello internazionale per la cura delle anemie congenite" spiega l'Asst Bergamo Ovest in una nota.
Lo studio sulle riviste internazionali
Un caso più unico che raro, insomma, che potrebbe avere ripercussioni a livello scientifico su vasta scala. Lo dimostra il fatto che lo studio realizzato dalla due professioniste dell'ospedale trevigliese sia già stato pubblicato sulla rivista scientifica Hemoglobin: il caso clinico trevigliese è raccontato brevemente anche nell'abstract (in inglese) disponibile online. Non solo: l'articolo ha già portato ad una richiesta di collaborazione dalla rivista “Journal of Blood Disorders and Transfusion”.
Da Treviglio un traguardo riconosciuto dalla comunità scientifica internazionale"
“Grazie alla stretta collaborazione tra l'Ambulatorio di Ematologia del Centro Trasfusionale-SIMT ed il Settore di Biologia Molecolare del Laboratorio Analisi, - spiegano le protagoniste dello studio - la nostra Azienda raggiunge oggi un traguardo riconosciuto dalla comunità scientifica internazionale con la pubblicazione di questo caso clinico sulla prestigiosa rivista scientifica Hemoglobin".
I complimenti del direttore generale Giovanni Palazzo
“Mi complimento con le nostre professioniste per la prestigiosa pubblicazione e per la strepitosa intuizione. Speriamo che la scienza possa utilizzare la scoperta e portare a nuovi studi per ricercare cure target sempre più mirate e precise per le anemie congenite”. Queste le parole di Giovanni Palazzo, direttore generale dell’Asst Bergamo Ovest.
La doppia mutazione puntiforme
La donna era stata presa in cura dall'Ematologia dopo un'analisi che aveva rivelato una valore di emoglobina fetale leggermente elevato (4,2%). Predominante durante la vita fetale, questo tipo di emoglobina diminuisce gradualmente dopo i primi sei mesi di vita, e dovrebbe essere attorno all'1%. L'analisi genetica ha portato ad evidenziare due mutazioni puntiformi sconosciute, codificate come "HBG1: c.-305 A > G" e "HBG2: c.-309 A > G".
Nella foto in alto: Maria Oggionni, biologa, e Barbara Manenti, medico del Servizio Trasfusionale di Treviglio.