Per i suoi cent’anni il ristorante “Il frate” si è rifatto il look e ora è pronto a ripartire
Quattro generazioni al lavoro all'insegna della cucina emiliano-lombarda, del buon vino e dell'atmosfera familiare
Urgnano ·
02/10/2025 alle 16:31
Cent’anni e non sentirli, anzi, il ristorante “Il frate” di Urgnano ha riaperto nei giorni scorsi dopo mesi di lavori che hanno rinnovato il locale, che ora offre anche una veranda. Non solo, presto metterà a disposizione dei suoi clienti anche alcune camere al primo piano dello stabile sito in viale Rimembranze.
L’ingresso del locale di viale Rimembranze
Un secolo di storia
Un nuovo look e un nuovo business ma sempre nel solco della tradizione: gestione familiare, cucina emiliano-lombarda e ottimi vini.
“Il ristorante è nato nel 1925, un secolo fa, lo ha fondato il mio bisnonno Lorenzo Sala – ha raccontato orgoglioso Giorgio Sansottera – Mia madre ne ha ereditato il nome, infatti si chiama Lorenza. Agli inizi il locale, che gestiva con la bisnonna Elisa Cornago, era una mescita di vino e trattoria. Dal loro matrimonio era nato mio nonno Elia, che da ragazzo si era spostato a lavorare a Milano in un panificio: consegnava il pane a San Siro. Nel negozio a fianco era impiegata mia nonna Enrica Castagna, per tutti Mariuccia, nativa di Borgonovo Val Tidone, in provincia di Piacenza. Si sono conosciuti e, dopo un periodo in cui si erano trasferiti a Santa Margherita ligure dove avevano aperto un negozio di scarpe, sono tornati a Urgnano perché il mio bisnonno si era ammalato e hanno preso in mano l’attività. E così mia nonna ha portato la sua cucina casalinga piacentina, con piatti tipici come i pisarei e i tortelli di zucca con le ortiche”.
Elia Sala in una foto d’epoca
Una spinta all’attività, che si è trasformata nel ristorante che conosciamo oggi, è arrivata anche grazie all’amicizia con Franco Baracchi, un noto personaggio del mondo dello sport dell’epoca.
“Era l’organizzatore del “Trofeo Baracchi”, parliamo di ciclismo – ha continuato il 26enne – conosceva molta gente, tra cui la famiglia Agnelli, Giovanni Trapattoni e Gianpiero Boniperti, che piano piano hanno cominciato a frequentare il ristorante. In quegli anni è nata mia madre, che da ragazza aveva studiato lingue e non pensava di proseguire l’attività. Poi però si è appassionata e si è trovata in cucina con mia nonna. Da lei ha imparato tutto. In seguito si è sposata con mio padre, Mauro Sansottera, un attore di Magenta che recitava con i “Legnanesi”, e anche lui ha cominciato a lavorare qui”.
Dall’unione è nato Giorgio.
L’esterno del locale in una foto d’epoca
Una nuova generazione al lavoro
“All’inizio, come mi madre, nemmeno io pensavo di fare questo mestiere, davo una mano quando serviva ma studiavo economia all’università e giocavo a calcio – ha sorriso – Dopo la separazione dei miei nel 2014 però, mio padre ha lasciato l’attività e con l’avvento della pandemia le cose sono cambiate. Eravamo fermi. Con la seconda ondata tuttavia era stata data la possibilità a chi non aveva la mensa in azienda di stipulare un contratto con i ristoratori. I nostri clienti storici delle imprese della Bassa e anche di Bergamo lo hanno fatto con noi e abbiamo ripreso a lavorare. Nel locale allora c’erano però solo la mamma e una cuoca, così, non potendo frequentare l’università, ho cominciato ad occuparmi della gestione del locale a tempo pieno, assumendo il ruolo che prima ricopriva mio padre e alla fine mi sono appassionato anch’io: ho lasciato l’università e ho seguito alcuni corsi da sommelier e sulle tecniche di servizio, infatti lavoro in sala e mi occupo dei vini”.
Qual è il segreto per arrivare a tagliare il prestigioso traguardo del secolo di storia?
“La conduzione familiare, la buona cucina e il personale – ha concluso il giovane imprenditore – con i clienti si è instaurato un bel rapporto, molti li conosco da sempre, sono cresciuto qui dentro. Mia madre in cucina è davvero la numero uno e possiamo contare su tre cuochi, tre cameriere e una lavapiatti che sono fondamentali. Avere un locale con un blasone simile dà davvero soddisfazione”.