Una serata densa di emozioni quella che venerdì 10 ottobre ha creato un ponte virtuale tra la chiesa parrocchiale di Cologno al Serio e l’illustre concittadino Patriarca latino di Gerusalemme cardinal Pierbattista Pizzaballa in vista pastorale in Giordania, grazie al collegamento in videoconferenza.
La famiglia e la Giunta in prima fila
In prima fila, il fratello Fiorenzo e la mamma Maria, visibilmente emozionata che, con le lacrime agli occhi, ha potuto vederlo e salutarlo. “Ciao Pierbattista…” ha esclamato piena d’affetto, tra gli applausi dei fedeli.
“Sono mesi che non lo sento, avrei voglia di abbracciarlo – aveva ammesso prima che apparisse sul maxi schermo – spero che torni presto a casa, ho 90 anni, non ho più molto tempo… Speriamo in bene, davanti al Signore non va nessuno”.
Fiorenzo Pizzaballa (a sinistra) e la mamma Maria (a destra)
In prima fila anche la sindaca Chiara Drago con la sua Giunta che, insieme alla chiesa gremita, ha atteso di ascoltare dalla viva voce di Sua Beatitudine quella che è la situazione nella martoriata Striscia di Gaza. E lui non si è fatto attendere e, senza retorica e con un realismo che ha smorzato i facili entusiasmi suscitati dagli accordi di pace stretti in questi giorni, ha risposto a una serie di domande introdotte dal parroco don Giuseppe Navoni, che prima di cedere la parola agli interlocutori ha ricordato l’ultima visita di Pizzaballa nel suo paese natale, che lo attendeva per festeggiare la sua nomina a cardinale, due anni fa. Ma proprio in quei giorni accadde il peggio, con la strage del 7 ottobre in Israele che lo costrinse a un rientro frettoloso.
Don Giuseppe Navoni
Le domande della comunità
“Ritiene che sia ancora possibile costruire un percorso politico che riconosca simultaneamente la legittima aspirazione israeliana a vivere in sicurezza entro confini riconosciuti e quella palestinese a uno Stato sovrano e vitale? – ha chiesto Niccolò Arnoldi, studente universitario – Come può la Chiesa contribuire a superare la radicalizzazione che ha portato da una parte al governo più estremista della storia israeliana e dall’altra al controllo terroristico di Hamas su Gaza?”
“La soluzione due popoli e due Stati è la formula ideale di riferimento che si deve mantenere ma in questo momento non è praticabile. Innanzitutto perché il Governo di Benjamin Netanyahu non vuole uno Stato palestinese e il leader dei palestinesi Abu Mazen è un ultranovantenne; in secondo luogo perché gli insediamenti israeliani in Cisgiordania (regione storico-geografica della Palestina, occupata in parte nel 1967 da Israele ndr.) sono tantissimi; dopo il 7 ottobre 2023 e la guerra il dolore e l’odio tra le due popolazioni sono sono ancora più profondi. La chiesa, non da sola, deve creare una rete di relazioni e una cultura che consenta alla politica di creare un percorso. Serviranno molto lavoro e molto tempo, nel frattempo bisogna arginare le derive”.
Niccolò Arnoldi
“Il nostro territorio bergamasco ha una storia caratterizzata in modo profondo dalla cultura cattolica ma negli ultimi anni si è arricchito di nuove presenze, culture e fedi – ha domandato la sindaca Chiara Drago – Come amministratori locali ogni giorno siamo chiamati a costruire comunità inclusive e coese, capaci di valorizzare la diversità come fosse una risorsa. Quali principi ritiene che possano aiutarci a promuovere una convivenza pacifica e rispettosa a livello locale? Come custodire la nostra Storia senza che diventi una forma di chiusura, aprendoci al dialogo con le nuove comunità che oggi abitano i nostri territori?”.
“Qui il contesto multireligioso e culturale fa parte del Dna, da voi è un fenomeno abbastanza nuovo. Qui si evitano neutri: ognuno vuole essere se stesso e trovare uno spazio di espressione con uguale cittadinanza. Qui l’elemento religioso è costitutivo dell’identità, mentre in Italia la secolarizzazione ha creato dinamiche diverse. Qui è sempre un lavoro in progressione, la società è un corpo vivente che cambia di continuo e ci si contamina l’un l’altro. Dove ci si conosce i modi di rapportarsi gli uni con gli altri sono diversi e meno problematici. Il compito di creare questi spazi spetta all’autorità civile in collaborazione con le diverse leadership religiose, decisiva è la scuola che crea aggregazione tra studenti e famiglie e fa conoscere le differenze, che restano, ma non fanno più paura. Importanti sono poi gli incontri pubblici tra le autorità religiose. La differenza rispetto all’Italia è che qui le comunità religiose sono diverse anche dal punto di vista civile, lì invece civilmente la comunità è una sola e mi sento di dire che le autorità dovrebbero creare occasioni di incontro e contesti di aggregazione: se l’invito arriva dal sindaco è più facile incontrarsi. Negare l’altro crea le premesse per atteggiamenti di aggressione, rifiuto e rivalsa”.
“La Striscia di Gaza è abitata da tempo immemore da piccole comunità cristiane portatrici di tradizioni millenarie, custodi di biblioteche antiche e di luoghi sacri – ha ricordato Silvio Tomasini, curatore del ‘Museo Bernareggi – sono destinati a scomparire? Siamo destinati a perdere alcune delle più antiche comunità cristiane del mondo o rimane acceso il lume di una speranza?”.
“I cristiani prima della guerra erano 1017 su quasi due milioni di persone, oggi sono circa la metà: una parte morti sotto le bombe e i colpi dei cecchini, un’altra perita per mancanza di assistenza medica, un’altra ancora sono andati via. Gaza è rasa al suolo, infrastrutture, case, scuole, ospedali non ci sono quasi più. Tutti sono sfollati, alcuni più di una volta. Bisogna ripulire tutto, progettare e ricostruire tutto, nel frattempo la gente sta nelle tende, per chi le ha. La fine della guerra non è la fine del conflitto né del dramma per la popolazione. Tutte le famiglie cristiane non hanno più nulla e vivono “privilegiate” nella vecchia scuola della parrocchia. Chi riuscirà a avere un visto per un Paese estero partirà, La Chiesa resterà: costruiremo e gestiremo un ospedale e un’altra scuola oltre a quella dove la gente è ora rifugiata. Non scompariremo, non molleremo”.
Silvio Tomasini
“Le capita di ‘lamentarsi’ con Dio per ciò che vede nella sua terra? – ha riflettuto Gabriele Rainoldi, studente universitario e membro del gruppo di animazione dell’oratorio – Quanto sente provocata ogni giorno da questo conflitto la sua fede?”.
“La fede è una relazione con Dio e come tutte le relazioni ha momenti di incomprensione, l’importante è che questo canale resti aperto. La fede non è la risposta a tutte le domande ma il luogo dove tutte le domande trovano spazio. In questi due anni ci sono stati momenti difficili, anche a livello personale, umano, tante tensioni. Tenere viva la vita di preghiera, la fede e questa relazione con Dio a volte è stato particolarmente pesante. Senso di solitudine, incomprensione… Non sono un superuomo né un genio, la mia fede è più piccola di un granello di senape, però non riesco a fare a meno di cercare una relazione con Dio e un senso a tutte le cose che si vivono, inoltre ho una responsabilità verso la comunità: non solo di difenderla ma anche di aiutarla a vivere questo tempo, a interpretarlo, non è sempre facile. Sono più le cose che ho imparato che quelle che ho insegnato. Spesso l’incontro con le persone, spesso le più semplici, dà energia e diventano la risposta che si cerca da Dio, con la loro testimonianza”.
Gabriele Rainoldi
“Ritiene che il piano presentato dall’Amministrazione di Donald Trump per Gaza abbia un futuro concreto di realizzazione, considerando che non affronta le questioni strutturali fondamentali? – ha chiesto Giorgio Pescali – Penso in particolare agli insediamenti illegali in Cisgiordania dei coloni israeliani; al reinsediamento a Gaza dei palestinesi sfollati e a come potranno ricostruire le loro case; allo smantellamento dei gruppi armati”.
“No. Il piano è una serie di punti quasi tutti molto vaghi e imprecisi, che non affrontano i nodi che sono alla radice del conflitto: Gerusalemme, i profughi e gli insediamenti in Cisgiordania. Si prevede soltanto la liberazione degli ostaggi, di alcuni prigionieri e il ritiro delle truppe israeliane dalla Striscia di Gaza, ma per ora è solo parziale. La fine della guerra non è la fine del conflitto, che durerà ancora a lungo. Non ci sono le condizioni minimali per parlare di pace. Se non altro finiscono i bombardamenti, e la gente può respirare un po’, non si poteva andare avanti così… Tutto il resto è da costruire, gli ostacoli sono enormi, la strada è tutta in salita perché tra le due parti non c’è assolutamente fiducia, non c’è una chiara prospettiva sul “dopo” né per il popolo palestinese in quanto tale. Se non si interviene sui territori con gesti che possano riportare un minimo di fiducia nella popolazione si sta solo preparando la prossima crisi”.
Giorgio Pescali
Concluso il ciclo di domande previste, c’è stato anche l’intervento di un altro cittadino che rimarcato preoccupato: “I giovani palestinesi hanno vissuto un eccidio e lì non c’è libertà né democrazia, solo sangue e guerra da 80 anni… Tutto questo fomenterà l’estremismo, sarà difficile costruire la pace”.
“Certo, il clima di violenza è iniziato ben prima del 7 ottobre, abbiamo lasciato la narrativa agli estremisti – ha risposto il cardinale – ma ciò non vuol dire che non ci si debba impegnare per dire una parola diversa, non bisogna arrendersi alla situazione attuale. Non permetteremo che la loro sia l’unica voce nel territorio” ha replicato il cardinale.
Regione Lombardia stanzia 100mila euro
In chiusura è arrivata una bella notizia: il segretario dell’associazione dei consiglieri regionali Alessandro Patelli ha annunciato lo stanziamento di 100mila euro per gli aiuti, che si andranno a sommare alle offerte che i fedeli hanno cominciato a dare proprio al termine della videoconferenza.
Alessandro Patelli
Svelato tra gli applausi un dipinto restaurato
La serata, proprio al suo inizio, ha regalato anche bellezza ai fedeli presenti: il parroco don Navoni infatti ha voluto condividere con il cardinal Pizzaballa la gioia della svelatura di un meraviglioso quadro settecentesco appena restaurato, che di norma è posto sulla controfacciata della chiesa.
“Il restauro ha presentato molte sorprese – ha spiegato il sacerdote – nelle figure che sono ricomparse dal buio e dalla polvere della Storia e nei colori, vivissimi e brillanti. Un dipinto in stile barocco che va verso il rococò, firmato dall’artista veronese Giovan Battista Buratto, nel 1769. Rappresenta l’episodio biblico narrato nel primo libro di Samuele”.
Non appena il velo rosso fuoco che ricopriva la grande tela è stato fatto scivolare sulla sua superficie in chiesa si è levata una spontanea espressione di stupore, accompagnata subito da un applauso caloroso.
“Abigail si inginocchia davanti a re Davide a cavallo, riuscendo a scongiurare una guerra… – ha affermato il sacerdote – La pace è donna e stasera parliamo di pace”.
Un lavoro che verrà presentato nei dettagli venerdì 17 ottobre, in chiesa.